Passepartout – Un buco nel marmo contorto di Somaini messo accanto ad un centro commerciale alle porte di Como è stato titolato "Porta d'Europa"; idem, con del refrattario ceramico intorno anziché il marmo, quello di Paladino in una tutt'altro che refrattaria Lampedusa con il suo sovraffollato C.P.T.: ma quante porte e portinai si vogliono mettere in questa Europa bucata, traforata, ridotta a colabrodo o colapasta che fa acqua (quando è acqua) da tutte le parti, in una continua lite condominiale da portineria tra Stati membri che manda a buca ripetutamente un'unità ben lungi dall'essere realizzata?

L'amico americano – Con un quotidiano affollato da queste cronache sotto braccio, ci siamo ritrovati ad accompagnare, in una gita fuori porta di fine luglio, un cittadino degli Stati Uniti d'America in visita alle rovine di Castelseprio, inclusa la celebre Santa Maria Foris Portas; l' americano di Seattle è qui per il gemellaggio numero ventidue della sua megalopoli con la città di Perugia: gemellaggio suggellato da "Sister Orca" (francescano traslato oceanico del locale "fratello lupo"…), opera scultorea di un nativo collocata in un suburbio della cittadina umbra.
Scavi fermi, lavori in corso all'ex convento dei Francescani per trasformarlo in Antiquarium, camminamento murario chiuso, zero scolaresche (la principale utenza del sito sepriese che, dato SISTAN-MIBAC, nel 2007 ha registrato 9.852 presenze non paganti in quanto ad accesso gratuito), un portinaio per aprirti la Santa Maria foris portas, nessuna possibilità di farsi un'idea degli alzati del complesso architettonico raso al suolo a cominciare dal 1280 ca. .

Il micro-colossal – Meglio usare l'immaginazione: quella che verrà azzerata quando, magari, promossa dall'UNESCO a "Patrimonio dell'Umanità" ed entrata tra i trenta siti ICOM più visitati d'Italia secondo il "Dossier Musei" del TCI, anche per visitare Castelseprio e le sue ricostruzioni virtuali nell'Antiquarium, dove confluiranno tutti i materiali di scavo ora dispersi qua e là tra Gallarate e Varese, occorrerà prenotarsi e fare code di ore e ore per accedervi, come accade per esempio da qualche mese alla Reggia della Venaria Reale: magari con un' inaugurazione spettacolarizzata da Peter Greenaway e prodotta da RAI 2 che ricostruisca la vita nel borgo entro e fuori le mura del castrum sulla Comum-Novaria nelle varie epoche in cui questo fu trasformato da chi lo abitò (romani, longobardi, goti, ecc.). Già mi vedo anche un George Clooney affascinato dalle vicende che videro i Visconti ed i Torriani – compendiate a buon fresco alla Rocca d'Angera – contendersi questo strategico luogo sul finire del XII sec. e che ne comportarono, di fatto, 'inesorabile abbandono e declino: se ne potrebbe fare un micro-colossal…

L'archistar – Per non parlare delle nuove campagne di scavo e degli studi che conosceranno una pluriennale fioritura, portando a notorietà mondiale un sito già oggi noto agli studiosi di tutto il mondo: che per accogliere le conferenze necessarie a farli incontrare tutti bisognerà edificare un centro convegni a firma di qualche archistar o dell' Arch. Mario Botta, più a portata di mano…; ed
un' illuminazione scenografica, magari kitsch ma fondamentale per la fruizione notturna del parco nella bella stagione, risulterà imprescindibile, così come il corollario di agriturismi e B&B atti a fornire un'adeguata ricettività, ecc ecc.

Per i cultori della rovina – La gita "fuori porta", fuori da una Milano in cui si torna a chiacchierare, con l' Expo 2015, di "Nuove porte metropolitane" ( discussioni da portinaie… ), ci insegna che ai siti trasformati in disneyland museali, storiche ed archeologiche (come la suddetta Venaria), sono preferibili quelli dimenticati anche dalle "liste nere", dalle classifiche dei luoghi meno visitati e che, in quanto tali, tali rimangono: dei luoghi ancora autentici e per pochi conoscitori, romantici cultori o meno della rovina. Perché la rovina vera è proprio quella che vorrebbe far crescere un turismo culturale di massa là dove invece il turismo andrebbe fatto decrescere (per es. ai Musei Vaticani) o stoppato ancor prima che possa investire la fragilità di certi luoghi (ed è l' es. di Pompei).

Ci vorrebbe Malraux – Non sarà un caso che chi scrive, così come sarà capitato anche ad altri, conservi dei ricordi indelebili di visite a musei e parchi archeologici disertati dai più e semideserti (da Grumentum a Kamarina, dal Museo Pigorini
all' Archeologico di Sant'Antioco, ecc. ecc., tutti luoghi per altro fatti oggetto di grotteschi sprechi…), ed una vaga e labile memoria, fatta perlopiù di rimosso, di quelli attraversati ed ingorgati da viscosi flussi turistici mandrianeschi. Luoghi che una volta riportati alla luce andrebbero lasciati e conservati nell'ombra: al riparo da una bulimica fruizione-ricezione culturofaga, ridotta a "bisogno indotto" dalle nevrosi di un marketing territoriale e pseudoculturale dei "fiori all'occhiello" assessoristici e degli status symbol storico-artistici.
Ma chi lo dice che quel "museo diffuso" in gran parte a cielo aperto che è l' Italia, unico al mondo per stratificazioni epocali e qualità estetiche, vada gestito come il chiuso del "museo concentrazionario" di chi non può disporre di un simile patrimonio: che il " Museo dei musei " di Andrè Malraux non sia proprio un simile "museo diffuso" nel paesaggio, un "meta-museo" che, purtroppo, non potrà essere amministrato da un Ministro come Malraux?

PS. L'americano, rientrato nella sua Seattle ed in procinto di partire per le ferie alle Hawaii (tristi tropici… ), nella mail che mi scrive dice che l'improvvisata ed inaspettata scoperta di Castelseprio e della Santa Maria foris portas , così affascinante e solitaria, gli ha lasciato un ricordo più forte della visita programmata e guidata al Cenacolo di Leonardo in Santa Maria Delle Grazie, che invece ricorda come una faticosa visita al capezzale di un malato in isolamento. La prossima volta che verrà in Italia lo porterò alla Pinacoteca di Brera e a Castiglione Olona, evitando i matrimoni in Palazzo Branda; sì, lo porterò dove è ancora possibile la contemplazione !