teatro_carignano_torino.jpgPaese in declino, anche dal punto di vista culturale. I numeri sono quelli di Federculture: tutti i dati di quest’anno sono negativi e che l’Italia è al 26mo posto nell’Unione Europea per la spesa relativa a istruzione e formazione. Il segno meno è la costante un po’ in tutti i settori: il 2013 è l’annus horribilis. -8,2% il teatro, -7,3% il cinema, concerti -8,7%, musei e mostre -5,7%. In generale diminuisce dell’11,8% la partecipazione culturale dei cittadini italiani. In un solo anno i musei statali hanno perso circa il 10% dei visitatori, che passano da 40 a 36 milioni, poco più di quelli entrati nei soli musei londinesi.

  

Diminuiti gli investimenti: solo da parte dei Comuni in un anno tagliato l’11% delle risorse, mentre le sponsorizzazioni private destinate alla cultura sono scese nel 2012 del 9,6%, ma dal 2008 il calo è del 42%.

La diminuzione delle risorse destinate al settore culturale è uno stillicidio ormai datato, ma con la crisi la situazione si è ulteriormente aggravata: dal 2008 ad oggi il settore culturale ha perso circa 1,3 miliardi di euro di risorse per effetto della crollo della finanza pubblica, statale e locale, e della contrazione degli investimenti privati. Il budget del Ministero per i Beni e le Attività culturali che nel 2013 scende a 1,5 miliardi di euro, in dieci anni ha perso il 27% del suo valore.

   

Il budget del MiBAC è praticamente pari a quello della Danimarca (1.400 milioni di euro) ed è circa un terzo di quello della Francia che ogni anno stanzia circa 4 miliardi per il suo dicastero della cultura. Non stupisce, quindi, che la nostra spesa in cultura per abitante sia di soli 25,4 euro l’anno, ma colpisce che sia la metà di quella della Grecia che impegna 50 euro per ogni cittadino.

 

A livello statale la crisi delle risorse si fa sentire anche per lo spettacolo, il Fus dai 507 milioni di euro del 2003 è stato ridotto ai 389,8 milioni di euro del 2013, diminuendo in un decennio del 23,1%, e nelle fonti di finanziamento integrative come quelle provenienti dal Gioco del Lotto diminuite dal 2004 del 64%. orchestra.jpg

   

Relativamente alle amministrazioni locali, in pochi anni le risorse per la cultura provenienti dagli enti locali sono diminuite di oltre 400 milioni di euro.

La spesa delle famiglie italiane per ricreazione e cultura nel 2012 è stata di 68,9 miliardi di euro oltre 3 in meno del 2011 quando era stata di 72 miliardi. Un calo del 4,4% che arriva dopo più di dieci anni di espansione, durante i quali la spesa era costantemente cresciuta.

La sofferenza è chiaramente dimostrata anche dai dati sulla fruizione culturale. Gli italiani nel 2012 rinunciano al teatro, al cinema, ai concerti e più in generale la partecipazione culturale crolla vertiginosamente.

E mentre solo 46 italiani su cento leggono almeno un libro l’anno in Francia lo fanno in 70, in Inghilterra il 73% dei residenti visita siti archeologici e monumenti, da noi vi si reca solo il 21% dei cittadini.

 

Dalla ricerca condotta da Federculture sui bilanci delle principali aziende culturali italiane, contenuta nel Rapporto, emerge una situazione allarmante per il sistema della produzione culturale: realtà grandi e piccole hanno visto ridursi significativamente i contributi pubblici e crollare quelli privati.

 

Il paradosso tutto italiano, dunque, è che proprio le migliori espressioni della produzione e della gestione, riconosciute anche all’estero come punte di diamante della nostra cultura, non vengono finanziate e sono imbrigliate da norme sbagliate, con effetto molto pesanti sulla capacità produttiva e l’offerta di queste aziende che negli ultimi cinque anni è crollata del 40% (le nostre istituzioni culturali sono sostenute infinitamente meno di quelle straniere. Solo per fare alcuni esempi: il British Museum riceve 85,5 milioni di sterline l’anno, la Tate Gallery 38,7 milioni, il Reina Sofia beneficia di un contributo pubblico di 42,3 ml di euro, mentre nel 2012 la Triennale di Milano ha avuto 2,4 milioni di finanziamento pubblico e il MAXXI poco più di 4).

 

Le bellezze artistiche del bel Paese, dunque, attraggono poco? Sembra di sì, soprattutto se paragonate con i grandi poli culturali stranieri: basti pensare che i cinque principali musei statali di Londra attraggono 26,5 milioni di visitatori l’anno, vale a dire il 73% degli ingressi totali nei nostri 420 istituti dello Stato (musei, aree archeologiche, monumenti).

Il Bel Paese è meno competitivo e in assenza di politiche coordinate e forti anche nell’ambito della cultura rischia di perdere opportunità importanti a livello internazionale come quelle offerte dai programmi Europa Creativa (1,8 miliardi di euro in sette anni), o Capitali Europee della Cultura, che l’Italia esprimerà nel 2019, ma anche Expo 2015 nella quale è in gioco l’immagine dell’intera nazione che dovrà essere in grado raccontarsi e promuovere la propria ricchezza culturale e creatività.

 

 

 

 

 

Clara Castaldo

 

 

 

SCRIVI ALLA REDAZIONE DI ARTEVARESE.COM: DA OLTRE CINQUE ANNI, RACCONTIAMO L’ARTE, IL TEATRO, I MUSEI E LA CULTURA NEL TERRITORIO PREALPINO

   

 

Secondo il rapporto Federculture 2013, l’Italia sta rinunciando sempre più alla propria vocazione artistica e culturale: -8,2% il teatro, -7,3% il cinema, -8,7% i concerti, -5,7% musei e mostre. Il grido di allarme è unanime.