Milano – A 60 anni dalla scomparsa di Giuseppe Flagini, palazzo Pirelli organizza, dal 7 ottobre al 10 novembre (inaugurazione giovedì 6 ottobre, alle 18), una mostra antologica dedicata a uno dei maestri che ha contribuito a scrivere la storia dell’arte del Novecento.

Un pittore prolifico, Flangini, con più di un migliaio di opere pittoriche catalogate e molte altre ancora da individuare. L’artista intrattenne relazioni importanti con i maggiori esponenti del mondo artistico e intellettuale della sua epoca. Nel 1963, a due anni dalla prematura scomparsa, un gruppo di artisti capitanato da Carlo Carrà, chiese e ottenne dal Comune di Milano una mostra commemorativa che si tenne a Palazzo Reale nel 1967. “Vorremmo che la sua arte venisse degnamente ricordata – scrivevano nell’appello a Palazzo Marino – per rendere onore alla sua memoria e per testimoniare quanto originale e caratteristica fosse la sua pittura”.

Nato a Verona nel 1898, a lungo vissuto a Milano e morto a 63 anni durante un breve soggiorno nella città natale, nel 1961, per avvelenamento da colore, con la sua pittura Flangini ha lasciato il segno nella storia dell’arte europea. La mostra in programma a Milano è organizzata dall’Associazione Flangini presieduta dalla nipote dell’artista, Cristina Flangini Renso, in collaborazione con Regione Lombardia.

Più di 60 le opere in mostra, provenienti da tutta Italia e dall’estero, prestiti da collezioni private, da Musei, Enti e gallerie dove sarà anche eccezionalmente visibile un nucleo di ritratti e paesaggi degli anni ‘20 e ‘30 difficilmente riproponibili. Il percorso espositivo propone dipinti a olio rappresentativi delle varie fasi artistiche dell’autore.  I ritratti della moglie (la pittrice Gina Zandavalli), del figlio, le maschere, i lavoratori di una società preindustriale prima, industriale poi; le città, i paesaggi agricoli, marini e lacustri, la pianura. Una ricca produzione concepita soprattutto in Italia, ma anche in Belgio, Olanda, Francia in cui oltre al sentimento, al suo “guardare con il cuore”, Flangini ha saputo anche narrare l’epopea della migrazione dei lavoratori italiani nelle miniere del Belgio.

Flangini è uno degli artisti italiani del XX secolo più proposto in mostre internazionali. Tra le molte mostre alle quali prese parte, la Biennale Nazionale di Arte di Verona dal 1921 al 1959; l’Esposizione Nazionale Quadriennale d’Arte di Roma, le ininterrotte partecipazioni al Palazzo della Permanente di Milano dal 1948 al 1961. E poi, dopo il decesso, ancora una lunga serie di mostre in Italia e all’estero (Amsterdam, Ostenda, Monaco, San Paolo del Brasile), circa un’ottantina, culminata nella partecipazione in Belgio all’International Europalia 2003, dove Flangini fu scelto dal Ministero degli Esteri per rappresentare l’arte italiana in occasione del semestre italiano di presidenza dell’Ue, ricevendo il patronato del Presidente della Repubblica e del Re del Belgio. Di grande rilievo anche la mostra nel Complesso del Vittoriano voluta dal Comune di Roma nel 2008 e quella organizzata a Washington nel 2012, promossa dal Ministero degli Esteri italiano e dall’Accademia internazionale di Belle Arti. Il Comune di Milano dedicò all’artista due mostre, nel 1967 a Palazzo Reale e nel 1970 all’Arengario, oggi Museo del Novecento.

La mostra a Palazzo Pirelli, a cura di Elena Pontiggia (e con intervento critico in catalogo di Antonio d’Amico, conservatore del Museo Bagatti Valsecchi), rimarrà in calendario sino al 10 novembre nei seguenti orari: lunedì-giovedì 10-18.30; venerdì 10 14.30. Per i visitatori sarà possibile la visione del cortometraggio presentato dal Ministero degli Esteri a Europalia 2003 “Il teatro della pittura”, sulla vita e le opere di Flangini, realizzato dal regista Francesco Pireddu su sceneggiatura di Luigi Meneghelli, con musiche originali composte dal maestro Stefano Gueresi e interpretato dai mimi Quelli di Grock.

Biografia

Giuseppe Flangini nasce a Verona il 12 ottobre 1898 da Silvio e Maria Sterza, insegnante, figlia di Alessandro Sterza, insigne matematico e inventore della lampada ad acetilene, medaglia d’oro all’Exposition di Bruxelles del 1897.
Primo di cinque figli, conseguito il diploma alla Scuola Normale “A. Manzoni” di dovendo mantenere la madre e i fratelli iniziò la professione di insegnante elementare che continuò anche dopo la fuga a Milano, avvenuta forse nel 1943, a seguito di una breve prigionia nelle carceri fasciste per motivi politici: aveva infatti collaborato con il Corpo Volontari della Libertà.
Realizzò manifesti e copertine di libri, come illustratore collaborò con il Corriere della Sera, il Corriere d’Informazione, la rivista teatrale “Controcorrente”. Come autore di drammi, di cui curò spesso anche la regia creando le scenografie e l’intera immagine coordinata, ottenne premi e riconoscimenti che lo resero molto noto nel circuito del teatro filodrammatico.
L’arte per Flangini era oggetto di vivaci scambi epistolari e di animate discussioni con gli amici del Gruppo degli Artisti di Corso Venezia- Il Caffè San Babila. Negli anni cinquanta frequentò Carlo Carrà a Forte dei Marmi e, negli anni di collaborazione con la famosa Galleria La Colonna, Migneco e Sassu.
I primi viaggi all’estero di Flangini iniziarono nel 1922, per conoscere i parenti della giovane moglie, la pittrice Gina Zandavalli, emigrati in Belgio per ragioni politiche. Ma solo nel 1946 incominciò il suo personale wanderung, fino ad allora limitato all’estate, nei musei di Parigi, Bruxelles, Bruges, Amsterdam, Monaco alla ricerca dei maestri ideali.
Nel ritrarre il paesaggio ebbe particolare attenzione per l’ambiente caratterizzato dall’acqua: numerose opere hanno infatti come soggetto i paesaggi marini, del mediterraneo e dei mari del nord Europa, fluviali e lacustri. L’ambiente montano fu quasi esclusivamente trentino, ricordo della prima guerra mondiale alla quale partecipò, del campo di prigionia (quasi due anni in Austria) e di due stagioni particolarmente felici, le estati del 1959 e del 1961.
Torna invece frequentemente il paesaggio urbano e industriale, la rappresentazione del lavoro dei minatori in Belgio – allora quasi solo italiani – dei pescatori, degli scaricatori, degli allevatori, dei sabbionai, degli agricoltori.
A partire dal 1950 approfondì la matrice espressionista della sua pittura, soprattutto dopo l’incontro con Vincente Minnelli, regista del film su Van Gogh Brama di vivere. Flangini, al seguito della troupe come pittore “ufficiale”, disegnò e dipinse attori, comparse e ambienti vangoghiani. Durante una delle permanenze estive in Belgio, a Ostenda aveva stretto amicizia con Ensor con il quale si trovò spesso a discutere d’arte. Quadri come le Kermesse, cioè la rappresentazione delle feste popolari mascherate, sono l’ideale omaggio al maestro oltre che l’approfondimento di un tema, quello della maschera, molto caro a Flangini, uomo di teatro.

Gli ultimi anni dell’artista, dal 1959 al 1961, furono caratterizzati dalla nascita di un nuovo e felice cromatismo riconducibile alle esperienze dei fauves e di Vlaminck in particolare. In opere come Campagna a Charleroi (1961), Mulino a vento a Hetchel (1960), Paesaggio a Gilly (1961) “traspare una visione più serena della vita – scrive Alba Di Lieto -, che si esprime oltre che nei temi anche nei toni gialli, ocra rossastri e bruni, vivaci e accesi in un’atmosfera tersa e pulita. Faro di Ostenda (1961) e soprattutto Mulino a Bruges, ultima opera dell’artista rimasta incompiuta sul cavalletto del suo studio alla sua morte, restano come testimonianza del perdurare di una ricerca ancora aperta e vitale”. Nell’agosto del 1961 Flangini, dopo una breve malattia, morì improvvisamente a causa di un avvelenamento da colore.