Artevarese incontra Giancarlo SangregorioArtevarese incontra Giancarlo Sangregorio

L'arte primitiva, quella africana e quella di derivazione antelamica arrivano in soccorso. Giungono, nelle parole di Giancarlo Sangregorio, come via principale per spiegare e commentare anche l'arte dei giorni nostri. "Sono affascinato dai dipinti rupestri di Altamira e di Lascaux. Con ogni probabilità essi sono i più antichi relitti dell'universale credenza nell'influenza delle immagini. Ciò che importa non è il grado di aderenza al vero o, come diremmo noi oggi, di realismo, di verosimiglianza, ma la loro influenza, ossia la possibilità di avere degli effetti concreti sulla vita di tutti i giorni. Per le popolazioni dell'Africa o dell'Oceania, l'arte non ha nulla o ha poco a che vedere con l'estetica. È piuttosto un'esigenza esistenziale, un fatto che tocca la vita e la morte, un'esigenza imprescindibile come il linguaggio parlato. Molte di queste opere hanno un'essenzialità e un'espressività che difficilmente si dimenticano".

Sangregorio parla degli anni a Brera con Marino Marini, dei viaggi, delle scoperte, delle amicizie e della futura Fondazione che porterà il suo nome. "Il mio percorso è di "un'académie autre". Eppure ho sempre saputo che cosa volevo fare. Poter avvicinare l'arte degli altri continenti, ci ha concesso di uscire e di rompere il complesso di

concetti estetici restrittivi dell'accademismo classico. Questo non significa esotismo o pittoresco o gusto naif, ma ritorno meditato e ragionato alle origini e al senso stesso dell'arte. Come aveva già compreso Gauguin, l'arte è una realtà spirituale più che un'apparenza materiale".

E del resto ancora oggi, non sappiamo come sia nata l'arte, più di quanto sappiamo come sia sorto il linguaggio. Ma di una cosa possiamo star certi: non c'è al mondo popolo che non sia artista. Le popolazioni che continuiamo a definire "primitive" sono spinte a considerare le immagini non come qualcosa di bello da guardare ma come oggetti da usare per un determinato scopo, come oggetti ricchi di potenza. E tuttavia, la maestria tecnica di certi artisti tribali è davvero sorprendente.
L'intera storia dell'arte, del resto, non è la storia di un progressivo perfezionamento tecnico, bensì del mutamento dei criteri e delle esigenze.

Uno speciale rinraziamento a Francesca Marcellini.