Sostenere il patrimonio artistico italiano non solo è possibile, ma è sostenibile donando pochi euro. È su questo principio che si muove l’associazione culturale “People4funds”, promotrice a livello internazionale della campagna di raccolta fondi “4everItaly“, progetto rivolto a tutta l’arte italiana, ai luoghi più noti così come alle perle discrete, dimenticate e in sofferenza.
Quest’onda civica e gioiosa di crowdfunding prende vita dalle prealpi varesine per sostenere il recupero del prezioso carico di una nave greca a Gela per svelare nuovi misteri della città etrusca di Kainua (Marzabotto).
Tra i primi progetti di tutela del patrimonio, infatti, è il recupero del prezioso carico della nave greca di Gela scoperto dal Professor Sebastiano Tusa, Sopraintendente del Mare di Gela, archeologo di fama internazionale.
Federica Fornelli, Presidente dell’associazione People4funds, ricorda che “l’articolo 9 della Costituzione italiana affida ai cittadini il diritto – dovere di tutelare e valorizzare il patrimonio artistico italiano”, un patrimonio unico per storia, bellezza, densità e siti UNESCO.
“È emozionate – prosegue Federica Fornelli – scoprire il patrimonio artistico, la sua bellezza e la sua importanza. Il recupero degli 86 lingotti di oricalco è un ritrovamento eccezionale, di portata mondiale per la rarità ed il numero.
Il civic crowdfunding consente, con il piccolo contributo della crowd, dei cittadini, di sostenere il professor Tusa nel raccogliere circa 200mila euro, per il recupero di questo prezioso carico che sarà studiato e poi reso disponibile a tutti. Sostenere il patrimonio artistico italiano non solo è possibile, ma è sostenibile donando pochi euro: pochi spiccioli che rendono ciascuno di noi mecenate e parte dell’eternità”.
Racconta Tusa: “Alla fine del 2014 il mare di Gela, l’antica colonia rodio-cretese fondata agli inizi del VII sec. a. C., ha restituito uno fra i più importanti tesori custoditi nei fondali sabbiosi di fronte il litorale di contrada Bulala, dove già sono stati ritrovati tre relitti di età greca. La scoperta si deve a Francesco Cassarino e ai volontari dell’Associazione “Mare Nostrum”.
Le indagini e il recupero coordinati dalla Soprintendenza del Mare sono stati effettuati con la collaborazione della Capitaneria di Porto di Gela, del nucleo sommozzatori della Guardia Costiera di Messina, del nucleo sommozzatori della Guardia di Finanza di Palermo. Il ritrovamento è parte di un prezioso carico trasportato da un’antica nave naufragata a qualche centinaio di metri dalla costa gelese ad una profondità di circa cinque metri, costituito da ottantasei lingotti di un metallo particolare, chiamato “oricalco”, una lega di rame e zinco simile al nostro ottone, considerato nell’antichità un metallo prezioso, al terzo posto per valore commerciale dopo l’oro e l’argento.
La scoperta è tra le più importanti di questi ultimi anni sia perché costituisce un unicum come ritrovamento sia perché i reperti finora conosciuti forgiati con questa lega sono molto rari. Il più antico oggetto in ottone è un anello proveniente da Ugarit del XIII secolo a.C.; altri due reperti sono custoditi al British Museum: una fibula a navicella del VI secolo a.C e una base di statuetta di pugilatore del V secolo a. C. In epoche successive, grazie ad alcune fonti latine, sappiamo che questo metallo era utilizzato. In effetti in età romana imperiale con l’oricalco si coniavano monete come i sesterzi. Chi diede più lustro a questo metallo dandogli un alone di leggenda fu Platone che, nel Crizia, ci parla dell’oricalco in relazione alla mitica e misteriosa isola di Atlantide, l’isola sacra, una sorta di paradiso terreste”.