Il mortaioIl mortaio

Il reperto – Un nuovo autentico pezzo di storia è arrivato al castello settimana scorsa, pronto per essere ripulito e messo in vetrina.
Si tratta di un antico mortaio per granaglie, olive e spezie, ricavato da un cubo di serizzo con spigoli della misura di circa sessanta centimetri.
Nella facciata superiore della pietra è scavata una cavità a forma di imbuto dove i cereali o i vari prodotti venivano introdotti per essere macinati con un pestello di legno, usato per battere o frantumare con un moto rotatorio, secondo un antico procedimento praticato fin dall'età primitiva preistorica.

La passione del recupero
– Già nel 1920 un autorevole professore svizzero, Scheuermeier, durante un suo completo lavoro di indagine linguistica ed etnografica svolto nell'area insubre segnalava la presenza di diversi mortai di pietra, della cui funzione si era perso completamente il ricordo.
Non a caso certamente questi antichi attrezzi si trovano in disuso nelle fattorie anche della nostra zona.
Oggi questi storici cimeli vengono purtroppo accantonati in un cortile, in qualche stalla o in qualche vecchia cascina che custodisce gelosamente i cari ricordi di un'epoca passata, che nonostante tutto rimangono affascinanti e molto interessanti nel loro genere e per la passione con cui vengono tramandati alle nuove generazioni.

L'utilizzo domestico – Questi formidabili attrezzi primitivi tornarono in vigore dal 1868 al 1883, quando l'imposizione di una nuova tassa sui prodotti macinati costrinse i poveri contadini lombardi a riutilizzare il mortaio "casalingo" al fine di eludere il pagamento dell'odioso balzello, da versare al mugnaio al momento della macinazione ad esempio del grano. I nostri avi nelle loro semplici abitazioni dovevano avere oltre al forno anche un proprio "mulino", adatto a macinare la modesta quantità di farina per uso domestico che serviva al sostentamento della famiglia.
Costituito da una solida base di pietra cilindrica a sviluppo orizzontale, il pestello veniva azionato a mano dalle possenti braccia del contadino, che imprimendo manualmente la rotazione faceva si che il grano veniva triturato ed al termine dell'operazione veniva raccolta la farina.

Il castello di FagnanoIl castello di Fagnano

Dal neolitico – Questa era la versione "domestica" della macina di tipo industriale, molto più grande e complessa, di cui oggi si trova un raro esemplare del 1951 sull'aiuola centrale di Piazza Alfredo di Dio.
Altre macine di grandezza superiore venivano anche chiamate asinarie, per il semplice fatto che venivano azionate da animali come asini e cavalli.
Questo pezzo di storia ha avuto per diversi secoli una funzione simile alle macine anche se per un utilizzo più ridotto e limitato di prodotti, che ridotti in frantumi o in poltiglia erano ingredienti indispensabili per la preparazione di alimenti e vivande come il pane.
I mortai risalgono probabilmente al periodo neolitico, all'età della pietra e vennero utilizzati fino al 1800 compreso.

La donazione al Castello
– "Era alloggiato in una vecchia cascina di Via Dante ed è stato recuperato e conservato dalla famiglia di Rinaldo Selmo, che lo ha donato al Comune ed alla Pro Loco avendo avuto da sempre il desiderio di poterlo vedere esposto al castello di Fagnano.
Prematuramente scomparso in un incidente stradale lo scorso anno, la moglie ha voluto portare avanti le sue volontà fino ad oggi, quando grazie alla Pro Loco il mortaio è stato trasportato all'interno dell'antica fortezza medioevale" racconta ancora Remo Faré.
Anche il Presidente della Pro Loco, Armida Macchi Porta, si definisce soddisfatta dell'operazione visto che da tempo se ne parlava e che conferma l'amore dimostrato per il proprio paese.

Nel cuore della comunità
– "Abbiamo portato questo antico mortaio al castello e stiamo già predisponendo un'opera di pulizia con un apposito trattamento antiossidante per conservare al meglio questo reperto che ora è qui in bella mostra e a disposizione di tutti, come ricordo tangibile della storia passata", conclude il Presidente.
Un utensile di serizzo pressoché identico a quello mostrato nella foto è stato ritrovato a Bolladello all'angolo di Via Moncucco, a Peveranza sotto il portico di Via Bertani ed a Caronno Corbellaro nel cortile dell'Agriturismo Cereda.
Un altro autentico pezzo di storia originale salvato dall'oblio del dimenticatoio o peggio ancora della distruzione, che grazie ai donatori ed ai volontari della Pro Loco torna a risplendere ai giorni nostri all'interno del cortile medievale dell'antica fortezza cuore della vita civile della comunità fagnanese.