Busto Arsizio – ” Atanasio Soldati, Mario Radice, i grandi artisti dell’astrazione degli anni ’30 mi hanno dato il segnale di affrontare questo segno-colore in maniera diversa, non legato a rappresentare il reale”. Così esordisce Marco Zambrelli  che con la propria antologica intitolata “Il colore della luce” espone fino al 1 novembre a palazzo Marliani Cicogna. Una mostra che “colpisce” soprattutto chi ha conosciuto fin dall’inizio il percorso di questo artista, partito da un genere figurativo. Una provocazione dice, soprattutto concentrata nell’opera centrale della mostra. “Qui c’è lo scontro di rappresentazione tra la narrativa e il paesaggio. – spiega Zambrelli . C’è  lo scorcio sul panorama tosco-emiliano a cui sono legato e nello sfondo si prefigura anche il mar Ligure. Si sente l’aria del cielo e si scorge il sorgere del sole in concomitanza con la luna. Al centro della veduta ho inserito un soggetto astratto, un’ incisione che entra nell’opera creando un effetto di contrasto. Volevo vedere cosa potesse succedere tra la gente, la loro reazione quando lo avrebbe visto. Infatti sono arrivati diversi commenti e consensi, per me importanti: tutto è costruttivo e apre a una creatività superiore e ulteriore”.

Da sempre il percorso artistico di Zambrelli è segnato da spinte sperimentali sia nella pittura sia nella grafica. Tornando indietro negli anni, per citare alcuni passaggi, si ricorda, intorno agli anni ’70 il periodo contrassegnato  dalle grandi inquietudini e tensioni esistenziali che lo portano a una indagine pittorica ricca di simboli sociali e drammatici. Intorno al 1976 è la volta di un nuovo momento quando, dopo un viaggio a Londra, scopre la luce nei cieli di Constable e un nuovo interesse verso il rapporto luce-colore nel paesaggio. Una svolta questa  che trova, soprattutto nella tecnica dell’incisione, una nuova espressione tanto che la pittura, pian piano, viene sostituita dalla grafica.

Oggi quello che si vede nell’antologica di Palazzo Cicogna è un altro passaggio, un altro momento di cambiamento dove il colore rimane e segna la continuità della sua ricerca, il tramite, il narratore, la nuova immagine…In effetti l’impatto di fronte al dipinto  al centro dell’osservazione, è forte. La morbidezza del paesaggio, che incornicia l’incisione, di primo acchito si scontra con l’incedere di forme informi che catturano lo sguardo e lo trattengono. Una volta lì e’ difficile uscirne subito per inquadrare l’opera nell’interezza. Quindi l’occhio entra ed esce dalle due immagini fino ad integrarle grazie al colore e la luce che si fondono uno nell’altro togliendo confini e diventando protagonisti e narrazione.

Il percorso della mostra si snoda tra pastelli e incisioni, una tecnica questa alla quale l’artista inizia a dedicarsi intorno al 1965 in particolare guardando la campagna rurale. “Amo il paesaggio  agrario piemontese e lombardo dove c’è sempre il sentiero tra i pioppi, il campo di grano. – spiega Zambrelli davanti a una incisione alla quale è legato in modo particolare -. Questo viottolo lo vedo come se portasse  alla soluzione dei problemi della vita dell’uomo. Il grano è pane e lì dentro c’è la salvezza”. Ho cercato di creare una serenità forte anche di accostamento cromatico”.

Il colore: una potenza espressiva sul quale l’artista ha sempre lavorato e approfondito nella propria ricerca applicandolo e coniugandolo anche  nell’incisione dove ottiene risultati unici e sorprendenti. Uomo sensibile ed emozionale, Zambrelli porta la sua intima poesia in dimensione simbolica liberando spazio all’interiorità.

La mostra “Il colore della luce” curata da Paolo Torresan, è aperta al pubblico fino al 1 novembre 2018; orari:  martedì-giovedì 14,30-18; venerdì 9,30-13/14,30-18; sabato 14,30-18,30; domenica 15- 18,30, lunedì chiuso. Il 1 novembre 14.30-18. Per informazioni: T. 0331/390351-352.

Farioli