Monsignor Stucchi e Attilio FontanaMonsignor Stucchi e Attilio Fontana

Le due versioni – Palazzo Estense e Fondazione Paolo VI. Sulla vicenda dell'alienazione del Castello Manfredi, le posizioni dell'amministrazione e quelle dell'ormai ex beneficiario divergono. Anche se, alla fine, il risultato è noto e scontato: la vendita del patrimonio immobiliare acquisito dalla giunta Fumagalli per poco meno di due milioni di euro, affidato con solennità alla Fondazione Paolo VI solo un anno fa e, oggi, palleggiato come una patata bollente.
"La Fondazione se ne è disinteressata", sostiene il Comune; "Non è del tutto vero", la replica "siamo stati messi davanti a condizioni difficilmente sostenibili".

La rinuncia al comodato – La vicenda ha tenuto banco negli ultimi giorni. Nel piano di dismissioni di edifici pubblici, Palazzo Estense ha inserito anche il Castello Manfredi, che pure avrebbe dovuto rientrare, nei desiderata del Sindaco, nel circuito culturale ed espositivo varesino, non fosse per la sua posizione relativamente vicina al colle di Biumo. Ragioni economiche: un mutuo ancora consistente da estinguere, circa 1 milione e 600mila euro, e il venir meno dei pressuposti: nessuna ipotesi di destinazione d'uso ha avuto le gambe per rimanere in piedi. Né la solita ipotesi Guttuso, né appunto il concretizzarsi di una sede per l'eredità di Monsignor Macchi. "E' mancata una risposta sicura da parte della Fondazione Paolo VI; dopo la consegna dello stabile ai legali rappresentanti, alla fine dell'anno scorso ci è stata comunicata l'intenzione di rinunciare al comodato d'uso dell'edificio". Nel frattempo, la Fondazione ha provveduto ad acquistare due spazi in prossimità della partenza della Via Sacra da adibire a propria sede stabile.

Uno scorcio dell'internoUno scorcio dell'interno

Le clausole della discordia – Segno di disamore o disinteresse? La Fondazione non ci sta. "Siamo sempre stati intenzionati a contribuire alla riqualificazione di Castello Manfredi, proprio come sede del lascito Macchi" conferma Sergio Giorgietti, consigliere della Fondazione; una disponibilità ribadita in settimana anche dallo stesso Monsignor Stucchi, presidente della Fondazione. "La Fondazione aveva già deciso di investire 200mila euro nell'edificio e si era resa disponbile a coprire anche le spese vive annuali come luce ed acqua" specifica ulteriormente Giorgietti "ma le clausole richieste di volta in volta dall'amministrazione non potevano essere accettate".
Clausole inserite in cinque convenzioni presentate dall'Ufficio Patrimonio di Palazzo Estense in merito alle tipologie d'intervento, l'organizzazione e la gestione stessa del Castello: punti su cui l'accordo non si è trovato. Dal biglietto d'ingresso, caldeggiato dalla Fondazione ed escluso da Palazzo Estense; dall'utilizzo del personale, proprio o in forza al Comune, per arrivare al sistema di riscaldamento. Senza rancori e senza evidenti polemiche, la scelta a quel punto di concentrarsi sulle nuove proprietà. Investire sì, ma a casa propria,in sintesi, la strada intrapresa.

La replica – "Noi siamo un ente pubblico – è la controreplica di Fontana – con regole da rispettare. Non è colpa nostra se queste regole non rientrano nei parametri della Fondazione". Il sindaco continua: "Non sono a conoscenza di questi problemi emersi nel corso dell'ultimo anno, avremmo cercato di risolverli. Sono dispiaciuto ed esterefatto di fronte a queste motivazioni fornite dalla Fondazione, il Comune non voleva ostacolare l'accesso al Castello".
L'obiettivo di far cassa rimane prioritario per l'amministrazione. "In questo preciso momento – precisa Fontana – l'amministrazione non potrebbe sostenere economicamente strutture non attive e non funzionanti".
E le alternative alla Fondazione Paolo VI? "Proposte  ingestibili, assurde" conclude Fontana.