Ivrea – Spunti di riflessione ed esempio dai fenomeni dell’informazione. Nelle sale del Museo Civico di Ivrea è in corso la mostra “Piccoli tasti, grandi firme. L’epoca d’oro del giornalismo italiano (1950 – 1990)”, realizzata dal Comune di Ivrea in collaborazione con il Festival della lettura “La Grande Invasione”.  La mostra, che rimarrà visibile fino al 31 dicembre 2019, celebra gli anni d’oro del giornalismo italiano, con dodici penne di quella stagione illuminata, tra gli anni ‘50 e gli anni ‘90 e la macchina da scrivere che cambiò il modo di raccontare il mondo, la mitica Lettera 22.  Il curatore della mostra, Luigi Mascheroni – caposervizio della redazione Cultura e Spettacoli del Giornale e docente dell’Università Cattolica di Milano – la racconta in una breve intervista:

Come nasce l’idea di una mostra sugli anni d’oro del giornalismo italiano?
«Con il Museo civico Pier Alessandro Garda di Ivrea per riflettere sulla trasformazione del giornalismo, che da un fulgido passato vive oggi una profonda crisi: la grande crisi della carta stampata, della perdita di autorevolezza, del crollo delle copie vendute e della concorrenza con i nuovi media, internet in particolare; oggi nessun under 30 compra più un quotidiano in edicola, la carta stampata è poco credibile, molto politicizzata e lontana dalla gente. Un esempio? Si dedicano dieci pagine alla divisione del Partito Democratico. La mostra vuole, invece, stimolare all’esempio dell’epoca d’oro del giornalismo fornendo idee su come fare giornalismo oggi».

Come è cambiato il mondo del giornalismo nel corso della storia?
«Ci sono più epoche storiche: il dopoguerra, dagli anni ‘50 con l’avvento della Lettera 22 fino ai primi PC negli anni ’90, che tutti gli storici concordano col definirlo l’epoca d’oro del giornalismo. Il primo giornalismo era infatti pioneristico, avventuroso ma paludoso. Durante il fascismo invece era sì bellissimo con l’elzeviro, la terza pagina ma mancava di libertà anche se molti dei grandi giornalisti nascono sotto il periodo fascista. Poi negli anni ‘90 l’elettronica ha cambiato tutto. Certo i giornalisti dell’epoca d’oro avevano mille vizi e difetti ma compensavano con grandi capacità, inventiva e creatività. I giornali erano scritti bene. Non c’era la concorrenza di internet e prima ancora quella della tv. Giornali come L’Espresso e Panorama vendevano un milione di copie. C’era un’originalità anche nell’impostazione grafica, oltreché nella scrittura, che non si ebbe ma più, né prima né dopo».

Quindi i nuovi media hanno rovinato tutto?
«No, tv e internet sono fattori fondamentali della democrazia e dell’informazione. Di certo hanno fatto concorrenza creando cambiamenti importanti: l’accelerazione della notizia, l’aumento del numero delle testate e la loro frammentazione. I nuovi media non sono un limite ma un vantaggio per l’informazione, però il grande giornalismo ne ha risentito perché non ha più avuto spazi e capacità».

Con quale criterio sono stati scelti i giornalisti e perché proprio quei dodici in particolare?
«Una scelta storica. Intanto abbiamo escluso i viventi in partenza e poi, per un limite negli spazi e di budget, abbiamo fatto un’ulteriore scelta. Ho scelto due giornalisti per ogni grande settore del giornalismo: per la cronaca nera Dino Buzzati e per il costume Camilla Cederna; per l’inchiesta su carta stampata Giorgio Bocca mentre per la tv Enzo Biagi; per la polemica politica Indro Montanelli  e per la satira Giovannino Guareschi; per il grande reportage Goffredo Parise e per le interviste Oriana Fallaci; per il giornalismo impegnato, di tipo intellettuale, Pier Paolo Pasolini e per la cronaca culturale Mario Soldati; per lo sport su carta stampata Gianni Brera e per la tv Beppe Viola. Devo anche ringraziare gli eredi e le famiglie dei giornalisti per l’aiuto nel reperire materiali e informazioni che ha, ovviamente, condizionato la scelta».

Una curiosità: se avesse potuto inserire la tredicesima penna quale sarebbe stata?
«Sicuramente quella di Tiziano Terzani».

Qual è la grande differenza del giornalismo tra quell’epoca e i giorni nostri?
«La grande differenza è nella scrittura, i lunghi pezzi di cronaca e i reportage non sono quasi più ammessi. Adesso ci sono sempre più notizie in tempi sempre più brevi e scritte molto peggio. Tra l’altro c’erano molti più inviati per la corrispondenza e per gli esteri mentre oggi, invece, c’è molta più concorrenza con tanto gossip e commento».

L’impoverimento generale del livello culturale ha spinto i lettori alla ricerca di questo tipo di giornalismo?
«Non so se si è impoverito il giornalismo e di conseguenza i lettori o si sono impoveriti i lettori e di conseguenza il giornalismo».

Ha idea di come si evolverà il giornalismo nel prossimo futuro?
«Per la carta stampata la crisi è assoluta. Si salveranno i giornali che puntano tutto sulla qualità, le inchieste, le interviste, le grandi firme. In Italia non c’è più spazio per venti quotidiani, ci sarà spazio per pochi grandi giornali, uno generalista e un paio orientati politicamente. Non c’è più senso e spazio per la cronaca di giornata, il gossip, il personaggio del momento alla grande fratello anche in rete».

Informazioni
Piccoli tasti, grandi firme. L’epoca d’oro del giornalismo italiano (1950 – 1990)a Museo Civico Pier Alessandro Garda Piazza Ottinetti, Ivrea
dal 1 giugno al 31 dicembre 2019
Catalogo della Mostra “Piccoli tasti, grandi firme” a cura di La nave di Teseo
Ulteriori informazioni, orari e costi:
http://www.museogardaivrea.it

Daniela Gulino