Vergine col Bambino fra Sante e donatori, 1522Vergine col Bambino fra Sante e
donatori, 1522

L'occasione del loro strappo e del successivo restauro ha fornito la possibilità di approfondire e riconsiderare la loro posizione storico-artistica. Il primo grande affresco firmato da Giorgio da Saronno raffigurante la Vergine col Bambino fra Sante e i due donatori era collocato in origine sulla parete situata alla sinistra di chi entrava nell'Oratorio (la parete volta a nord); ad esso era stata addossata una grande cornice architettonica di gusto classicheggiante. Accanto a questo era l'altro affresco dello stesso maestro raffigurante San Francesco nell'atto di ricevere le stigmate e San Rocco. Entrambi ricoprivano le più antiche pitture d'età alto-medioevale.

I due affreschi di Giorgio da Saronno
. Il primo affresco, sulla pedana del trono della Vergine, reca l'iscrizione BERNARDINVS DE ALBERTONIBVS DE BVSTI HOC OPVS FECIT / FIERI 1522 DIE 5 OCTOBRIS GEORGIVS DE SERONO PINSIT, quasi illeggibile verso la parte destra e molto abrasa. La scritta chiarisce, senza ombra di dubbio, l'identità del committente: Bernardino degli Albertoni, notaio milanese (residente in Porta Vercellina) ma che saltuariamente abitava in Busto Garolfo e che deve essere identificato nel personaggio inginocchiato alla sinistra della composizione. L'altra figura maschile a questi contrapposta si deve, con buona probabilità, identificare con suo figlio. La rimozione della grande cornice lignea in occasione dei lavori di restauro ha permesso di rintracciare, sotto alle colonne, due stemmi nobiliari affrescati sulle paraste dell'incorniciatura prospettica che racchiude la scena. Quello di sinistra, con uno stemma sagomato che racchiude fasce rosse a scaglioni alternate a campi in bianco sormontate da un'aquila, ricorda effettivamente lo stemma degli Albertoni Picenardi di Milano e Cremona se non fosse proprio per il particolare dell'aquila che potrebbe aver a che fare con la vicina Nerviano. Per il vicino monastero degli Olivetani a Nerviano, il maggior rappresentante della vecchia scuola lombarda, Ambrogio Bergognone, aveva eseguito, nell'anno stesso in cui Giorgio da

San Francesco riceve le stigmate e San Rocco, 1522San Francesco riceve le stigmate e
San Rocco, 1522

Saronno firmava i suoi affreschi in San Salvatore, la grande Pala con l'Assunzione di Maria da collocare nella Chiesa di Santa Maria dell'Incoronata e oggi nella Pinacoteca di Brera a Milano. È probabile che esista qualche connessione poiché nelle figure delle Sante ai lati del trono della Vergine, Giorgio da Saronno mostra di conoscere le opere del Bergognone e, particolarmente, le figure monumentali affrescate dal Bergognone oltre venticinque anni prima nella chiesa di San Satiro a Milano.

Tutta la scena ricreata da Giorgio da Saronno in San Salvatore, in realtà, è una commistione fra vecchia tradizione pittorica milanese e influenze di nuove tendenze artistiche, a cominciare dal grandioso e fin quasi sproporzionato baldacchino, quasi una tenda militare da campo, sotto alla quale sono alloggiate le figure, la cui origine risale ad una tradizione figurativa goticheggiante, come nelle immagini della Madonna della Misericordia venerata a Milano prima della costruzione del Duomo. Giorgio da Saronno conosce i vecchi esponenti della scuola pittorica milanese. Oltre che il Bergognone, citato quasi alla lettera nella Santa che sembra dialogare con il Cristo fanciullo (la terza da destra), egli sembra conoscere anche Ambrogio Bevilacqua che dei modelli e delle tipologie del Bergognone fu uno dei maggiori diffusori al punto che, le sue opere, sono spesso state scambiate per quelle del grande Lombardo, e, addirittura, Matteo de' Fedeli, pittore questo in rapporto col Duomo di Milano e con Bramante. Ancor più tradizionale la presentazione dei due committenti, mostrati inginocchiati e di profilo secondo uno schema fissamente ripetitivo: il Bernardino Albertoni raffigurato a sinistra presenta però singolari somiglianze con il nobilis de Crivellis dipinto nell'affresco della Cascina del Soccorso a Uboldo (datato 1507 e di cui egli fu il committente), che, per lungo tempo, è stato ritenuto la prima opera conosciuta di Bernardino Luini ma che oggi deve essere restituito a Bernardino de Quagis de Marchixellis de Inzago detto il Bernazzano, l'artista già ricordato dal Vasari, noto per la sua specializzazione in paesaggi solitamente aggiunti alle opere di Cesare da Sesto.

Nonostante non sia un pittore "moderno", nel senso cinquecentesco del termine, ma pittore legato, nonostante le date 1522 da lui apposte sugli affreschi di Casorezzo, ad una concezione tutta quattrocentesca dell'arte, Giorgio da Saronno sembra qui accogliere qualche suggestione proveniente dall'officina dei pittori leonardeschi, Marco d'Oggiono e Luini soprattutto, anche se egli non riesce a cogliere, né avrebbe le capacità tecniche per rappresentarli, i moti spirituali dei personaggi secondo quelli che erano stati i precetti di Leonardo.