La copertina del volumeLa copertina del volume

La coincidenza non è casuale. Siamo nel ventennale della mostre della morte di Renato Guttuso, scomparso il 18 gennaio del 1987. E per l'occasione esce, non un nuovo capitolo del catalogo ragionato, piuttosto, una biografia ragionata, sorretta come deve essere da documenti di vaglia, ad opera di Paolo Parlavecchia.

Il volume, edito da Utet, si intitola "Renato Guttuso. Un ritratto del XX secolo". Perché è pressoché nell'intero secolo, essendo nato il siciliano nel 1911, che si svolge la sua vicenda artistica, umana, storica di intellettuale che ha esercitato il suo ruolo nel mondo, non solo con il pennello, ma anche con la parola, la condivisione, l'impegno, la militanza, il dubbio, forse la fede.

Non è il genio del secolo, appellativo che forse con enfasi può attribuirsi al solo Picasso, ma Renato Guttuso, nell'arte italiana, seppure non rivoluzionario, formalmente, non coraggioso, inventivamente, non di rottura, come altri, ha segnato per lunghi tratti i corsi delle vicende artistiche e culturali.

Ecco quindi che la sua biografia si intreccia, e non solo come uno sfondo, ma come polo dialettico incisivo, con l'attualità degli eventi che lo sorpresero e lo accompagnarono. Lo videro protagonista pugnace spesso e polemico. Raramente domo.

Il volume dunque ne ripercorre le strade e i sentieri, dai vicoli palermitani, dove apprese il mestiere accanto al pittore di carri tradizionali, fino alle strade della Milano resistenziale, alle magnificenze romane di Palazzo del Grillo, ai sentieri infogliati di Velate.

Ma l'artista è seguito laddove la sua presenza è stata anche quella di ambasciatore di arte e di cultura. Comunista, sopratutto, negli anni in cui riceveva il  il Premio del Consiglio Mondiale per la Pace, era il 1950, a Varsavia, il Premio Lenin,  a Mosca, 1972, gli anni trascorsi o futuri in cui il nome di Guttuso girava per i principali musei internazionali.

Spazio alle opere, inframmezzate ai giorni. Spazio ai legami e ai sentimenti: per la cerchia di intellettuali che con lui condivisero tratti non brevi di strada, da Pasolini a Moravia, da Neruda, suo testimone di nozze, a Elsa Morante. Agli amori, per Mimise, per Marta e per Fabio, il figlio adottato che andò a riempire quel vuoto naturale di una discendenza di sangue che non è mai arrivata.