Era il 2010 quando il poeta Guido Oldani pubblicava il manifesto del Realismo Terminale, movimento di poesia e di pensiero che denuncia la «piena pandemia abitativa» della Terra, la «messa ai margini» della natura «inghiottita o addomesticata» e «il trionfo della vita artificiale», caratterizzata dall’esasperato accumulo di oggetti che, «diventati indispensabili», «occupano tutto lo spazio abitabile», avvolgendo l’uomo «come una camicia di forza» e contribuendo «in maniera determinante a produrre l’estinzione dell’umanesimo».
Il manifesto aveva fatto il giro del mondo, stimolando un fitto dibattito a tutte le latitudini e, 11 anni dopo la sua uscita, nell’epoca della pandemia di Covid-19, intellettuali italiani ma anche poeti cinesi, russi, americani, sudafricani e svedesi si sono mossi per candidare al premio Nobel per la Letteratura il fondatore del Realismo Terminale. Tutti convinti, come si legge nella loro lettera inviata a Stoccolma, sede della Fondazione Nobel, che il movimento di Oldani sia «una tendenza letteraria di portata planetaria, aperta alle più varie forme espressive ».
Il Realismo Terminale ha assorbito completamente la Poetica di Oldani, anche quella religiosa, come ben si capisce scorrendo la recente silloge «E hanno visto il sesso di Dio», edita da Mimesis. La candidatura al Nobel 2021 è per il poeta ma anche per il movimento da lui stesso teorizzato prima di tutti.