Elisa RossiniElisa Rossini

Una tesi multidisciplinare – Dall'Accademia di Brera una nuova giovane promessa si incammina verso il mondo dell'arte. Lei è Elisa Rossini, residente a Ferno, fresca di diploma in Scultura con il massimo dei voti. Particolarmente apprezzata dalla commissione di laurea la sua tesi, dal titolo "Io e Gregor  Mendel. Passando per Hanne Darboven e Agnes Martin", preprarata in quasi due anni di lavoro, sotto la guida della relatrice Maria Letizia Carriello. Non la solita tesi monografica su un artista, ma un'indagine approfondita sulle possibili tangenze tra l'arte contemporanea e la matematica, la biologia e la filosofia, per dimostrare la necessità innata nell'artista contemporaneo di scandagliare il reale, di interrogarsi continuamente per indirizzare ed affinare la propria ricerca artistica. In questo senso scatta il confronto tra il lavoro di Elisa come artista e il metodo di Gregor Mendel, accomunati dall'ossessione per la catalogazione e classificazione di tutto ciò che li circonda. Ne parliamo con lei:  

Elisa, come è nata l'idea per questa tesi?
"Quando iniziai a pensare all'argomento della tesi ero certa che questa tesi sarebbe stata inerente al mio lavoro. Provai ad estrarre alla mia ricerca dei punti chiave che identificassero meglio quello che era il mio modo di lavorare. Questi temi furono messi a confronto con la figura o meglio, il criterio d'indagine di Gregor Mendel. Tale metodo rispose affermativamente a tutti i punti del mio lavoro e così ho continuato ad approfondire il discorso in questa direzione."


233 (particolare), 2008233 (particolare), 2008

In cosa consiste questo metodo di lavoro in comune con un biologo dell'ottocento?
"Sembra stano, me ne rendo conto, ma è proprio così. La mia tesi vuole affermare come il lavoro di Gregor Mendel (1822- 1884), biologo e monaco-agostiniano, possa essere considerato una ricerca d'arte contemporanea. Come sappiamo, egli è riuscito ad intuire come si manifesta la trasmissione dei caratteri ereditari, la quale non avviene casualmente o 'per fortuna', ma attraverso leggi e sistemi matematici ben precisi. Sin dal principio notai nel suo lavoro una forte predisposizione al voler capire ogni cosa attraverso l'ossessiva analisi. Questa particolarità è anche una caratteristica del mio lavoro. Ho voluto renderne conto esplicitamente realizzando un volume di introduzione alla tesi che rappresentasse in primo luogo il mio modo di lavorare. Ci sono fogli caotici, pieni di scarabocchi, di schemi che sembrano non aver ne capo ne coda, che apparentemente appaiono senza logica; diversi progetti nello stesso foglio, date e numeri che vogliono stabilire dei punti fermi. Altri invece sono lavori più precisi, ordinati secondo una regola prestabilita, lavori che sono la sintesi e l'evoluzione di un'intuizione iniziale."

Nella tua tesi hai considerato altri artisti che operano in questo modo?
"Sì, lo stesso procedere in modo ossessivo, costruttivo e meditativo l'ho riscontrato nelle opere di due artiste contemporanee: Agnes Martin e Hanne Darboven. Nel  lavoro di Agnes Martin sono presenti forme geometriche basilari come punto, linea o figure piane, che divengono il suo vocabolario, il suo ripeterle diviene una forma di dialogo intimo. L'altra artista., Hanne Darboven, si esprime, invece, attraverso calcoli numerici, accompagnati da foto, testi, griglie. Il suo lavoro è in perfetta sintonia con lo scorrere del tempo, reso visibile attraverso calendari, documenti, testi musicali. Il calcolo algebrico è il suo linguaggio, che le fa meglio capire gli oggetti e le situazioni che la circondano."

Il vuoto delle nostre maniIl vuoto delle nostre mani

Nello sviluppare la tua tesi sei andata anche a toccare altri ambiti del sapere, come la filosofia e la matematica.
"Sì, sempre nel tentativo di dimostrare anche in questi ambiti  la medesima tendenza a ordinare la realtà, a concepire il mondo attraverso costanti e archetipi. Sono partita dunque dalla filosofia pitagorica, passando per Platone e Aristotele, fino all'esistenzialismo. In ambito matematico ho invece preso in considerazione Gregory Bateson, Giuseppe Peano e Bertrand Russell. Infine, per completare la ricerca ho visitato la Pinacoteca Ambrosiana a Milano, soffermandomi sui Codici Da Vinci di Leonardo, sulle tavole di pittura Fiamminga e sugli oggetti delle Wunderkammer."

Questa tua tendenza onnivora caratterizza anche il tuo lavoro di artista?
"La ricerca è la mia arte. Come Mendel non mi prefiggo un obiettivo da raggiungere, non so neanch'io a quale risultato arriverò, ma è insito in me questo istinto ad indagare ed analizzare ciò che mi circonda, gli oggetti, la natura, le situazioni che vivo. Sono molto attratta dagli elementi naturali, quindi prendo per esempio un soffione (o dente di leone), lo considero nella sua unità, mi documento su libri ed enciclopedie sulla sua natura, le sue caratteristiche, la sua origine. Parto dal generale e arrivo al particolare: prendo in considerazione i singoli semi individualmente e li numero uno a uno, oppure li misuro. Ogni fase di questa indagine quasi scientifica nasce da associazioni a catena e sfocia ogni volta in un lavoro differente, che va dalla performance, al calco in gesso, dal disegno, all'installazione, alle paraffine o buste che vanno a  contenere l'elemento di partenza. Quest'analisi per tappe diventa la mia arte, che ovviamente non può esaurirsi in un unico opera. Si tratta di un lavoro estremamente concettuale che trova il suo valore proprio in questo faticoso tentativo di spiegare la molteplicità del reale…esattamente come Mendel."