Un'opera di SoraviaUn'opera di Soravia

Immaginate di essere dei giganti – e di osservare dall'alto un mondo popolato di minuscoli omini: questa è la bizzarra sensazione che si prova nel guardare le opere di Sandro Soravia. Si può sbirciare con un solo occhio dentro un paese intero, o dentro una foresta in miniatura, proprio come farebbe un curioso Gulliver intento a spiare il popolo dei lillipuziani. Visitando la mostra "Uomini di terra", infatti, si passa da una scultura ad un'altra come se si passasse da un mondo ad un altro: in una si assiste ad un piccolo esodo di figurine che camminano ordinate in fila indiana; in un'altra, ci si trova di fronte al piccolo dramma di alcuni omini che fuggono da incombenti sfere rotolanti; in un'altra ancora, gli omini sono disposti in cerchio in una vasca, o sono davanti ad una stupenda e microscopica piscina.

La scultura di Soravia, infatti, è tutta in dimensioni ridotte: le sue statue non sono alte più di due centimetri, e le ambientazioni sono ad esse proporzionate. Questa ricerca della piccolezza, della minimalità, è volta, da un lato, a togliere enfasi a temi in sé drammatici ed apocalittici, ridimensionandoli e rapportandoli ad un punto di vista diverso, più ampio; d'altro lato, esso è anche un modo per sdrammatizzare il gesto artistico, riportandolo alla sua radice originaria, più artigianale, serena e ludica.

Sandro Soravia, nato a Milano nel 1931, ha studiato ceramica a Gubbio, con il Prof. Aldo Ajò. Vive e lavora ad Albisola, in provincia di Savona, nel suo "atelier" di via Colombo 13, dove trovano ospitalità numerosi artisti, affermati e non, di varia provenienza. Ha preso parte a parecchie esposizioni collettive e ha tenuto numerose

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mostre personali, sia di dipinti sia scultoree -con opere in bronzo, in ceramica, e in terracotta- sia nelle principali città italiane che all'estero, come ad esempio in Francia, Spagna, Olanda, Germania, nel Regno Unito, in Brasile, Giappone, e negli Stati Uniti. Dopo il grande successo ottenuto nel 1997 a Parigi, grazie ad una personale allestita presso la Galerie Liliane François -spazio storico di Saint-Germain-des-Prés, e che tra l'altro alla fine del secolo scorso fu studio e abitazione di Corot- la SIAE, Società Italiana degli Autori ed Editori, ha deciso di commissionare a Soravia la realizzazione di un'opera per rappresentare il "Premio SIAE", l'Oscar alla creatività.

Con queste sue opere in terracotta policrome, in legno, e in bronzo, Soravia vuole inoltre trasmettere dei precisi contenuti umani e sociali, che si focalizzano sulla solitudine dell'uomo contemporaneo, che nonostante tutti i suoi sforzi rimane ancora molto spesso smarrito di fronte alla vastità di un universo che lo sovrasta. L'uomo è in fondo ancora un omino, questo pare il monito rivolto da Soravia. E malgrado tutti i progressi tecnologici raggiunti, siamo ancora incapaci di conoscere a fondo l'universo o tantomeno di controllarlo.
Contemporaneamente, i lavori di Soravia sono portavoce di comune sentimento di fratellanza, in quanto siamo accomunati dalla nostra umile condizione esistenziale, che annulla e rende irrilevante qualunque differenza di tipo sociale o culturale.

Curata da Renzo Margonari, ed ospitata dall'otto al venti di settembre nell'Antico Oratorio della Passione, spazio annesso alla Basilica di Sant'Ambrogio a Milano, la mostra di Soravia profila un interessante cambiamento di prospettiva sulla realtà, delineandosi come una interessante esortazione al ridimensionamento del nostro egocentrismo e, quindi, un invito all'umiltà.