L'argomento lo si può prendere in maniera ironica e graffiante, leggasi la rubrica "Il criptico d'arte" a firma di Flaminio Gualdoni (Il Giornale dell'arte, marzo, p. 40) oppure farne oggetto di una rigorosa indagine compilata sul territorio e basata su  questionari strutturati e aperti ed interviste a tutto campo ad artisti, curatori, critici, esperti insomma del settore arte, la cui serietà è data, in qualche modo a priori, dagli autori, Giulia Bondi, giornalista, Silvia Sitton, economista, Albert Samson, artista e che hanno svolto il lavoro di recente premiato con la I° Borsa di studio in Economia dell'arte contemporanea in memoria dell'avvocato Giovanni Agnelli promossa da Unicredit Private Banking e Fondazione Giovanni Agnelli.

Può il giovane artista campare d'arte, solo d'arte, e fino a quando può dirsi giovane, il giovane artista? Intorno al quesito, Gualdoni, già direttore negli anni Novanta dei Musei Civici di Varese, ora tra le altre cose, libero battitore per il mensile Allemandi se la cava con l'ironia: "Seguendo l'evoluzione della società mammona tutta – scrive – l'età limite entro cui un'artista è un giovane virgulto è quarant'anni. Immagino talenti single che hanno nella cameretta poster di Bill Viola invece che del Che, cui la nonna dice di coprirsi bene se vanno in studio a lavorare (…) altro che Kris e Kurz e il mito del genio ribelle (…).

L'ironia copre ma non nasconte del tutto le verità, pur parziali che emergono dalla ricerca delle due studiose "Non di sola arte: chi sono e come vivono i giovani artisti visivi in Italia". Qui il termine anagrafico di riferimento è la soglia dei 35 – per dire a quell'età Raffaello era lì lì per morire dopo aver fatto il popò che ha fatto per Giulio II e Leone X, Picasso aveva già dipinto, oltre al resto, Les Demoiselles d'Avignon, inventato ed esaurito il Cubismo, ma erano altri tempi – al di sotto, ma in tanti casi al di sopra di quel fatidico termine si scopre che l'attività intellettuale, il mestiere delle arti è cosa da precari quanto e più di altre attività.

Solo un quinto, tra i circa 250 artisti intervistati dichiara di vivere solo del mestiere d'artista. Un reddito medio di 13mila euro annui, ancora più basso se si tratta di artiste donne; solo il 4% dichiara di superare la soglia dei 30mila, un altrettanto scarso 8% si colloca tra i 20mila e i 30mila annui. Percentuali più alte a scendere: il 23% arriva ai miseri 5mila, il 29% può arrivare fino a 10 mila euro, il 30% è compreso nella fascia media tra il 10mila e i 20mila euro. I dati della ricerca vanno allora a verificare le condizioni di origine degli artisti scoprendo che il 20% dichiara di provenire da famiglie molto agiate, il 60% da situazioni di benessere discreto, mentre solo un 4% proviene da condizioni molto disagiate.

La casa forse non è un assillo: tra i giovani, infatti, il 50% dichiara di possedere una casa di proprietà (propria o dei genitori), una percentuale minore di godere di comodato gratuito, il 35% paga un affitto. Ma il quadro di fondo rimane precario. I tre quarti dichiarano di dover fare un secondo lavoro (spesso fortunatamente in ambito creativo), spesso si sposano tra di loro, amano viaggiare, hanno tendenzialmente idee politiche di sinistra, ritengono il mercato imperfetto ma indispensabile e non ripongono molta fiducia nei programmi del mercato e delle pubbliche amministrazioni incapaci di stabilire i veri valori in campo. Il 40% vorrebbe maggiori sgravi fiscali sul commercio delle opere. Il nero, non inteso come colore, ma come trattative sotto traccia, ça va sans dire, è tra i costumi più diffusi.

Per viaggiare viaggiano, i giovani, laddove l'aria sembra essere dal loro punto di vista più facile: Inghilterra, Germania, Olanda, Usa, ma del resto mobilità e flessibilità da sempre sono nel dna degli artisti. Ma i virgulti trentacinquenni baratterebbero pure il viaggio oltre oceano, oltre la Manica, e anche solo oltre il Gottardo, se potessero avere un po' di successo anche qui.

E dove sono i luoghi del successo in Italia? Fermo restando che la ricerca è, come avvertono le autrici, parziale, solo un possibile punto di vista sul circuito dell'arte contemporanea, emerge il dato di Milano capitale, ma anche la soprendente ascesa di Napoli, officina d'arte in un peraltro spento panorama al sud e la conferma di ciò di cui da alcuni anni si aveva sensazione: è Torino, dove  pubblico, privato, capitali, idee, progetti, uomini stanno creando un circolo virtuoso , la città in cui la giovane arte sta vivendo una "condizione paradiasiaca".