Yasser Arafat si aggiusta la kefiah, paragonando quel brandello di stoffa alla sua Palestina. Aldo Moro scruta l’orizzonte. Enrico Berlinguer tiene le dita acrobaticamente premute sulla fronte. Eugenio Montale scoppia in lacrime pochi istanti dopo la telefonata che gli comunica l’assegnazione del Nobel. Bernardo Bertolucci dirige l’Ultimo Imperatore. Lucio Fontana si arrampica su un albero, il volto di Felice Gimondi riflette il gelo dello Stelvio. Il Vajont piange le vittime del disastro.

E potremmo proseguire a lungo per celebrare l’incredibile carriera di Giorgio Lotti, fotografo al quale i Lions Varese Prealpi hanno assegnato il Lumen Claro, riconoscimento destinato ai varesini che hanno dato lustro e prestigio internazionale al nostro territorio. Introdotto 30 anni fa da Attilio Mentasti, il premio ha voluto quindi riassumere e valorizzare un percorso professionale che davvero pochi eguali e cui ieri ha reso omaggio anche il club Europae Civitas guidato da Maurizio Ciatti. Oltre 300 mila gli scatti che Giorgio Lotti, oggi 81enne, conserva e racconta, ricordando i dettagli e le sensazioni dell’opera, ma anche del rapporto e dell’empatia che legano il fotografo a chi viene immortalato. Tra tutti, spicca l’immagine che lo ha consegnato alla Storia: la foto di Chou En Lai, presidente cinese negli anni di Mao: Lotti riuscì ad incontrarlo, ne conquistò la fiducia e attese il momento giusto, trasformando lo scatto in icona…

Matteo Inzaghi