Ritratto di Giuseppe GaribaldiRitratto di Giuseppe Garibaldi

Quasi come il Che – Fosse stato un coevo di Andy Warhol, Garibaldi sarebbe stato per certo una icona pop, nel senso che siamo abituati a dare a questa definizione dagli anni Sessanta in poi. Vissuto un centinaio di anni in anticipo, cosa si può dire del nizzardo? Come minimo che sia stato anche lui un'icona internazionalmente nota. Come minimo che sia stato popular, per la mirabile fortuna che la sua iconografia ebbe, lui vivente e ben oltre la sua morte, soprattutto in mano agli artisti che ne fecero oggetto di innumerevoli rappresentazioni.

Amore duraturo – Chi amò tra gli artisti dell'epoca il generale fu senza dubbio il ticinese Vincenzo Vela: che si cimentò per almeno un trentennio sul tema del busto, in particolare, fino a veri e propri tour de force virtuosistici culminati nel Monumento a Garibaldi e alle Cinque giornate di Como (1889), estrema prova di affezione al tema risorgimentale, alle sue ispirazioni. "Vela, nonostante la sua nascita ticinese rimase sempre legato alle questioni risorgimentali italiane", racconta Federico Masedu che ha coadiuvato la direttrice del Museo Vela di Ligornetto nel mettere a punto questa piccola ma deliziosa mostra dossier "Vincenzo Vela e Giuseppe Garibaldi. Ritratti e monumenti di iconografia garibaldina nelle collezioni del Museo Vela", aperta fino al 25 novembre.

V.Vela, Monumento equeste a GaribaldiV.Vela, Monumento equeste a Garibaldi

Ticinese patriota – Motivo del legame? "Un fervente patriottismo, dovuto in parte al suo anticlericalismo, in parte certamente alle sue inclinazioni liberali. Le stesse, ad esempio, che lo portarono a dedicarsi anche alla figura di un sacerdote come Rosmini, uomo di chiesa, ma appunto liberale". Quello di Vela per il generale fu davvero un'amore; esplicito, duraturo. Lo dimostrano gli archivi del museo a lui intitolato che conservano materiali di diversa natura,  che la mostra illumina, con non poche novità dal punto di vista scientifico: i due busti di Garibaldi, il bozzetto per il Monumento Equestre che il Vela non potè realizzare, il monumentale modello in gesso per l'impresa di Como, gravido di romanticismo. Ma anche stampe, fotografie d'epoca, bellissime, memorie di quell'acribia che lo scultore poneva nel documentarsi sulla fisiognomica dei suoi modelli.

V. Vela, Erma di Giuseppe GaribaldiV. Vela, Erma di Giuseppe Garibaldi

Il marmo ritrovato – "Si conobbero, forse, i due – è ancora Masedu a raccontare – in un incontro di cui purtroppo mancano i documenti che possano provarne la certezza. Forse a La Spezia, dove Vela sembra essere stato inviato dai fratelli Ciani per un ritratto. O più presumibilmente a Lugano".  Di sicuro c'è la lettera in cui lo scultore ticinese annuncia al generale con il poncho di aver inviato a Londra, città che lo accolse trionfalmente nel 1864, un suo busto in marmo. Tra le chicche della mostra dossier, vi è anche la notizia della scoperta, dopo anni di ricerche da parte di Gianna Mina, dell'attuale collocazione dell'opera: nel castello dei Conti Sutherland.

Non solo Giuseppe – Tra le altre novità il focus su due specifici lavori eseguiti dal Vela, nell'ambito del garibaldinismo: "Il Monumento civile ad Agostino Brentani e quello funebre a Pietro Lazzati, entrambi medici – ricorda Masedu – costantemente e fedelemente al seguito del capo. Di questi due monumenti, siamo riusciti a ricostruire la documentazione esistente, esponendone di uno il bozzetto, dell'altro il modello in scala 1:1". Una affezione che va ben oltre  la semplice riproducibilità di un modello di successo.