“Dipingo i fiori per non farli morire.”

Occhi neri come la pece, capelli lunghi e scuri, spesso raccolti sulla nuca, sopracciglia che formano un’unica linea e che sembrano voler nascondere lo sguardo, i pensieri.

E’ Frida Kahlo, fiera – determinata – orgogliosa del suo corpo, delle sue cicatrici, dei suoi difetti. Nata nel 1907 affetta da spina bifida, erroneamente scambiata per poliomielite, a diciotto anni subisce un grave incidente stradale che le causa la frattura della colonna vertebrale e che la obbliga prima a letto, e poi ad indossare un busto contenitivo.  Una vita di dolore, di sofferenza. Ma non solo. Quella di Frida è soprattutto una vita di contraddizioni, di cui va fiera, tanto da farne tratto distintivo della sua identità.

Più il suo corpo l’abbandona, e più Frida trova la forza per far correre la mente, la fantasia. Con un cavalletto montato sul letto, dipinge anche quando il male fisico la obbliga a stare sdraiata. Niente riesce a fermare la sua mano, la sua determinazione, la sua energia.

Indossa abiti sgargianti e sceglie sempre colori accesi, che vogliono contrastare la morte, a cui inesorabilmente la malattia la conduce (si spegne nel 1954, a soli 47 anni).

Frida vuole vivere, fino all’ultimo secondo. Vuole trasmettere vitalità, attraverso le sue opere e le sue parole.
“Dipingo fiori per non farli morire”, dice. E uno di quei fiori è proprio lei:  protagonista di molte delle sue opere, Frida si raffigura VIVA, COLORATA, PRONTA A COMBATTERE.  Oltre ogni sofferenza.

Hanno pensato che fossi una surrealista, ma non lo ero. Non ho mai dipinto sogni. Ho dipinto la mia realtà.”

Fino al 3 giugno il MUDEC, Museo delle culture di Milano, celebra Frida Kahlo con una grande retrospettiva. Più di cento opere, tra quadri – fotografie e disegni. Molti dei quali per la prima volta esposti in Italia.

Ma l’aspetto più rilevante dell’esposizione, è la nuova chiave di lettura dell’opera di Frida. “Nel migliore dei casi” – spiega il curatore della mostra Diego Sileo – “la pittura dell’artista è stata interpretata come un semplice riflesso delle sue vicissitudini personali o, nell’ambito di una sorta di psicoanalisi amatoriale, come un sintomo dei suoi conflitti e disequilibri interni. L’opera si è vista quindi radicalmente rimpiazzata dalla vita e l’artista irrimediabilmente ingoiata dal suo personaggio. Questa mostra, invece, desidera condurre il visitatore OLTRE IL MITO, come il titolo stesso dice”.

L’esposizione è divisa in quattro aree tematiche che sintetizzano i grandi temi delle opere di Frida: Donna, Terra, Politica e Dolore.

“L’amore? Non so. Se include tutto, anche le contraddizioni e i superamenti di se stessi, le aberrazioni e l’indicibile, allora sì, vada per l’amore.
Altrimenti, no.”

La fisicità tormentata di Frida non le permette di diventare madre. Per ben tre volte subisce un aborto.

Nei suoi quadri l’artista racconta la maternità negata, il dolore, la sofferenza. Fisica e psicologica. Nelle sue opere vediamo sangue, lacerazioni del corpo, malattia, ma anche quella tenacia che ha sempre spinto Frida a riprovarci. Ancora e ancora. Ad essere felice, ad essere amata.
Travagliata anche la sua storia con Diego Rivera, per lei inafferrabile, e che mai è riuscita a sentire completamente suo. Tra tradimenti e lacrime, Frida ama quell’uomo in modo totalizzante, con il corpo e con la mente.

 

Nel suo quadro IL LETTO VOLANTE, l’artista si ritrae dopo un aborto, distesa sul letto di un ospedale, nuda, sanguinante e sola. Il suo ventre è ancora rigonfio e ovunque sono presenti rivoli di sangue che portano l’occhio dell’osservatore ad altri oggetti dipinti, volti a raccontare il suo dramma: il feto perduto, la debole struttura ossea del suo bacino, un  fiore (a lei donato da Diego) e la lumaca, che allude a un ciclo di fertilità ormai terminato.

L’opera trasmette solitudine, dolore, sconforto. L’aborto –  argomento non facile da affrontare in quegli anni – rende Frida ancora più coraggiosa, tanto da superare ogni vergogna, tanto da raccontare, con i suoi pennelli, una delle esperienze più traumatiche della sua vita.

“Io ti consegno il mio universo.”

Nelle sue tele Frida si racconta. Parla, prima di tutto, delle sue origini. I colori utilizzati, i suoi abiti, la natura che circonda i soggetti delle sue opere, sono tutti elementi tipici del suo Messico. Sono quelli che ripetutamente ritrae, anche quando – immobile in un letto di ospedale o a casa – non riesce a vedere, ma che continua ininterrottamente a sognare. Frida racconta la storia del suo popolo, le sue tradizioni, i profumi e le leggende di una terra tormentata, proprio come lei, e per cui decide di battersi, in prima linea, iscrivendosi al Partito Comunista.

Devo lottare con tutte le mie energie affinché quel poco di positivo che la salute mi consente di fare sia nella direzione di contribuire alla Rivoluzione. La sola vera ragione per vivere.

Frida condivide fin dalla più giovane età gli ideali della rivoluzione socialista, volta a contrastare l’oppressione del capitalismo, vissuto in Messico anche sotto forma del giogo imperialista americano, profondamente radicato nel Paese. Il Messico della prima metà del Novecento è protagonista di aspri scontri di classe in cui i contadini tentano, durante la rivoluzione del 1910, di rovesciare la dittatura di Porfirio Diaz e di dare forma a una democrazia contadina basata sulla collettivizzazione delle terre. Il paese – diviso tra ricchi proprietari terrieri e una grossa fetta di poveri contadini e braccianti agricoli indigeni – è percorso dalle manie di espansione dei latifondisti, proprietari delle hacienda. In questo clima, la sete di giustizia sociale si fa sempre più forte e incontenibile.

Nata nel 1907, Frida afferma per tutta la sua vita di aver visto la luce il 7 luglio 1910, nel fatidico giorno in cui Emiliano Zapata inizia la sua rivoluzione per liberare il Messico dalla dittatura del Generale Porfirio Diaz.

Iscritta al  Partito Comunista Messicano dal 1928, Frida partecipa attivamente alla vita politica, e proprio così conosce Diego Rivera, una delle più importanti figure della scena politica e culturale del Messico post-rivoluzionario.

Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… il primo è stato quando un tram mi ha travolto, il secondo è stato Diego Rivera.

Eccola Frida, con la sua vita sofferta, il suo matrimonio infelice, con i suoi aborti, la maternità mancata, il suo amore per una terra devastata.

Frida rivoluzionaria, tenace, anticonformista.
Una donna che, attraverso il dolore, ci insegna ad amare e soprattutto ad amarci, accettando ogni nostra debolezza, accettando persino il dolore.

Abbiamo bisogno di amare noi stessi al di sopra di tutto,  dobbiamo dire basta alla nostra sofferenza, solo così riusciremo a coltivare la nostra essenza e a mostrare con orgoglio il nostro stile personale”.

Debora Banfi