Ken Follett, Roberto Saviano, Mario Monicelli, Sophie Kinsella, Margaret Mazzantini, Mauro Corona, Donato Carrisi sono solo alcuni degli scrittori immortalati dallo scatto di Marina Alessi

Con la sua Giant Camera Polaroid, una macchina fotografica di cui esistono solo cinque esemplari al mondo, la fotografa milanese ha dato alla luce “Facce da Leggere”, un’esposizione fotografica aperta in sala Veratti a Varese ancora fino a domenica 22 Aprile. 

 

Istantanee, click veloci, puliti e puri, anime in mostra catturate in formato 50×60 dalla Polaroid Giant Camera compongono l’esposizione inserita all’interno del Festival Fotografico Europeo e mostrano l’essenza e la semplicità di grandi nomi del panorama culturale italiano e internazionale. La mostra è parte di un progetto che ha prenso vita nel corso di sei edizioni del Festivaletteratura di Mantova e ha portato Marina Alessi a scattare istantanee a ben 282 autori del mondo della scrittura, del cinema e del teatro.  

Marina Alessi è una fotografa specializzata in ritratti nel mondo delle arti sceniche, della cultura e dello spettacolo e collabora con l’agenzia Photomovie e con Vanity Fair.

Come nasce la passione per la fotografia e quando hai deciso che questa sarebbe diventata il tuo lavoro?

Il tutto nasce presto, dal liceo, dopo il quale ho intrapreso la via dell’Istituto Europeo di Fotografia a Roma, l’equivalente di una laurea breve in fotografia. Oggi fa parte del gruppo IED.

Facce da Leggere è in grado di far incontrare gli sguardi dello spettatore con quegli degli artisti ritratti, come fosse un muto dialogo, tu cosa provi quando sei dietro l’obbiettivo?

Una grande emozione e mi piace quell’energia che si crea dalla concentrazione di tutti. Facce da Leggere è poi speciale, non solo perché è stato realizzato con la Giant Camera, di cui ne esistono solo cinque esemplari al mondo, ma anche perché è l’unico progetto realizzato con questo tipo di stampa basato su scrittori e letteratura.

“Nel corso della mia vita avrei dovuto lasciarmi scattare solo fotografie con la polaroid. So bene che sono materiale deperibile e che il tempo le logora e le deteriora fino a farle scomparire dalla faccia della terra, ma esiste qualcosa di più simile a ciò che è la vita stessa?” (Alicia Giménez-Bartlett)

Quando si parla di polaroid si tende a pensare alla stampa classica, piccola, mentre tu hai un esemplare rarissimo. Raccontaci un po’ di questa macchina: cos’ha di particolare e, soprattutto, perché l’hai scelta?

Intanto, come dicevo, ce ne sono cinque al mondo e solo questo è sinonimo di unicità e poi è un’istantanea, è l’emozione di un attimo. La Giant Camera ti fa muovere indietro nel tempo perché il procedimento dello scatto e dello sviluppo è come quello delle vecchie macchine fotografiche con il telo, lo specchio e la pompetta. E’ una polaroid di quelle che si spellicolano, che si aprono e nel giro di poco tempo hai il risultato. Trattasi di 150kg di macchina per dieci minuti di lavoro, un tempo che comprende il dialogo con la persona che deve essere ritratta, l’impostazione dei fuochi e dell’inquadratura, lo scatto e lo sviluppo. Non è come una foto stampata con la stampante, è un’emozione. Le persone con davanti questa grande macchina offrono l’immagine privata più che quella pubblica, si sentono a loro agio. 

“Facce da Leggere” è una delle esposizioni di cui si compone la settima edizione del Festival Fotografico Europeo, una manifestazione ideata e curata dall’AFI – Archivio Fotografico Italiano, patrocinata dalla provincia di Varese e da numerose amministrazioni comunali. Il Festival propone un dialogo tra le persone e il mondo attraverso gli scatti esposti nelle varie mostre, permettendo di viaggiare con l’animo e di conoscere nuove realtà e differenti punti di vista. Molte le mostre ed i workshop presenti sul territorio tra Varese e Milano. Molti gli spazi messi a disposizione, a volte, poco conosciuti al visitatore come, ad esempio, Sala Veratti a Varese, dove è ospitata fino a domenica 22 “Facce da leggere”.

Questa sala, la cui costruzione avvenne nel 1599, era il refettorio del convento di Sant’Antonino costruito in città su volere degli stessi varesini nella seconda metà del 1500. La comunità aveva disposto circa trecento scudi d’oro per la costruzione del complesso, per impedire che le monache di Luvinate prendessero la via di Milano, seguendo le disposizioni di Carlo Borromeo e del Concilio di Trento. La sala è affrescata dai fratelli Baroffio e da Pietro Antonio Magatti. Prende il nome dalla famiglia Veratti, che la acquistò  e ne fece la propria abitazione quando l’imperatore Giuseppe II soppresse il monastero. Oggi è una sala espositiva e tra le tante mostre passate di qui vi è oggi quella della fotografa Marina Alessi.

La mostra è visitabile dal Venerdì alla Domenica con i seguenti orari: 10 – 12.30 e 14.30 – 18.30.

Domenica 22 Aprile dalle 16.30 alle 18.30, in chiusura della mostra, sarà presente la stessa Marina Alessi, lieta di accompagnare i visitatori in una visita guidata e di brindare con loro.  

 

Ileana Trovarelli