Al Premio ChiaraAl Premio Chiara

Un grande vuoto – Lascia un grande vuoto Dante Isella, scomparso nella notte tra domenica e lunedì all'ospedale di Circolo. Vi era stato ricoverato, di nuovo, da qualche giorno. Il cuore che già in passato gli aveva dato problemi è tornato a farsi sentire. A battere il tempo. E questa volta l'allievo del grande Gianfranco Contini presso la cattedra di letteratura italiana nella prestigiosa università di Friburgo, non ce l'ha fatta.

La tensione – Teso, sempre più assottigliato in una magrezza che lo rendeva ancora più affascinante e somigliante a quelle figure scavate, penitenziali della sua pittura prediletta; quella di esegesi testoriana, dei pestanti, del Seicento lombardo, da pittura in volgare di cui, tra le altre cose era profondo conoscitore e appassionato. Non fosse per la chioma bianca e gli occhi azzurri penetranti, avrebbe potuto essere creatura ceranesca.

Dalla lingua al dialetto e ritorno – Nato nel 1922, aveva da pochi giorni compiuto 85 anni. Era pronto al viaggio, Isella. Chi lo ha frequentato negli ultimi tempi era depositario della sua stanchezza, ma anche della sua persuasione. Sapeva di aver svolto fino in fondo il suo dovere di uomo di lettere, di intellettuale, di puntuto critico anche in questioni non strettamente legate al suo campo. Il suo intervento, recente, recentissimo, nei confronti dello stravolgimento viabilistico nella sua Casciago ha dimostrato per l'ennesima volta di che pasta

Con Sgarbi e Anna Bernardini - ph. M. ChiodettiCon Sgarbi e Anna Bernardini – ph. M. Chiodetti

fosse fatto. Sconfessava il lavoro banale, la via più facile, la mancanza di bellezza e di attenzione. La rotta di tutta una vita spesa a recuperare con il lumicino della passione e dell'acutezza le verità nascoste dietro la grande ma soprattutto la piccola letteratura anche quella più dimessa e dimenticata. A partire quella tesi di laurea, di cui prende l'abbrivio l'intera sua carriera di italianista, dedicata a Carlo Dossi. La letteratura lombarda, in special modo, dal Quattro al Novecento, in lingua ma anche e preferibilmente in dialetto. Si è occupato di Gian Paolo Lomazzo, di Carlo Maria Maggi, di Biagio Bellotti, del Parini; ha curato le imprescindibili edizioni critiche del Porta, ha indagato il Manzoni del Fermo e Lucia, arrivando i capisaldi della lirica e della prosa novecentesca: l'edizione delle Opere complete di Gadda, Vittorini, Fenoglio, il suo amato Sereni, fino al Montale,  entrando con decisione nella querelle relativa all'autenticità del Diario Postumo.

Amici miei – Ma prima ancora di tutto questo e a latere di questo, non si può non ricordare il ruolo di Isella, nella cultura varesina del dopoguerra. Di quel gruppo di giovani poi destinati o ad altre professioni, tutti in ogni caso proiettati verso orizzonti più ampi che contribuirono ad attizzare un fuoco latente. Lui, il filologo in pectore, Giuseppe Bortoluzzi, veneziano, futuro notaio con la passione perl'arte, Piero Chiara, ancor prima delle glorie da letterato, lo storico Luigi Ambrosoli. Sono proprio Isella e Bortoluzzi ad inventarsi la Galleria-Libreria Il

Con Giovanni AgostiCon Giovanni Agosti

Portico, luogo nuovo per la Varese di fine anni Quaranta dove acquistare libri e godere di mostre di grafica. Furono loro a trascinare la città, recalcitrante spesso, in quelle due magnifiche avventure che furono le mostre di scultura all'aperto ai giardini pubblici  di Villa Mirabello a tutt'oggi rimaste senza tentativi di replica in città. Isella, famiglia di trasportatori, tra le altre cose era quello che caricava i Giacometti, i Picasso, gli Arp, sul furgoncino di proprietà.

Quel fondo di amarezza
– Non solo per questo più di recente l'Associazione Amici dei Musei di Varese gli aveva assegnato il Premio Annuale, introdotto dall'amico di lunga data Luigi Zanzi e pochi mesi gli è stato conferito il Premio Chiara alla carriera. Due tributi, che si sono aggiunti, ai numerosi riconoscimenti, conseguiti in lunghe stagioni di fervida attività culturale. Due tributi che forse non hanno ripagato del tutto la lieve amarezza di sentirsi a volte estraneo nella propria città.