Faccio seguito alle mie svariate segnalazioni di questi ultimi anni, perlopiù inascoltate da chi di dovere, ed alla recente, apprezzabile, denuncia del concittadino Filippo Rolla, apparsa nei giorni scorsi sul sito di Artevarese per fare qualche ulteriore considerazione e critica sul tema.
Busto Arsizio (ma il discorso si può riproporre identico anche per Sacconago e Borsano) è ancora oggi una città molto ricca di architetture storiche; non solo di monumenti (le chiese, i musei, il Comune, l'ospedale…) ma anche e soprattutto di
un tessuto urbano diffuso (o quantomeno delle porzioni che oggi restano, dopo decenni di demolizioni e stravolgimenti, con esito negativo per l'aspetto cittadino) che ne costituisce l'intorno e che riveste, nell'immagine urbana complessiva, un ruolo altrettanto importante.
Molto spesso i cittadini non si accorgono del "bello" che li circonda e, poco alla volta, i "segni dell'antica bellezza italiana" (come li definisce il sig. Rolla), erroneamente ritenuti non consoni alla vita di oggi da operatori avvezzi alla speculazione e senza alcuna lungimiranza, vengono prima abbandonati, poi lasciati all'autodistruzione sì da consentire una successiva cementificazione che non ha più nulla degli antichi valori architettonici.
Il risultato è però ben visibile a tutti: inserimento nei nuclei storici di edifici anonimi, brutti, estranei al contesto, che paiono un "pugno nell'occhio". Oppure finti "edifici antichi" a sostituzione di quelli originari, aree degradate e abbandonate o addirittura che paiono rase al suolo da un bombardamento (come ad esempio l'area delle Ferrovie Nord, ancora oggi senza un progetto complessivo di quella qualità che meriterebbe la "porta di Busto"!).
L'Amministrazione ne è responsabile:
– ha permesso le demolizioni;
– ha trasformato queste aree in residuati da bombardamento.

Si obbietterà che mancano i fondi per investire in tale senso: ma quanto si è speso finora di soldi pubblici per costruire “mostri” come l’inutile Palaghiaccio, le passerelle dei Cinque Ponti, la nuova ed abbandonata caserma di via Bellini??? Per la conservazione di larga parte di tale patrimonio architettonico, se di proprietà privata, non servono nemmeno fondi: solo volontà politica, regole precise da rispettare ed incentivazioni ad operare interventi di recupero che siano seri e scrupolosi.

Gli Enti (Comune, Soprintendenza) hanno per primi il dovere di tutelare con idonee regole e vincoli tali beni culturali (perché di questo si tratta quando si parla di architetture storiche) affinché non vengano persi dalle future generazioni, oltre che di far conoscere ai cittadini quanto di importante si cela ancora oggi nelle vie e nei vicoli dei nostri centri. Ma serve un profondo cambio di rotta.

Qualunque sia il “colore” della prossima Amministrazione cittadina (la conservazione dei valori storici-artistici-ambientali “dovrebbe”, almeno teoricamente, essere “apolitica”), servirà abbandonare le logiche speculative fin qui attuate (che oltretutto non intuiscono nemmeno il valore aggiunto – anche economico – di salvaguardare l’edificazione storica) ed elaborare da parte delle istituzioni un progetto serio per la conservazione dei centri di Busto, Sacconago e Borsano.

Ad oggi, il Piano di Governo del Territorio vigente non è minimamente sufficiente a porre rimedio alla situazione:

molti edifici di pregio non sono indicati come degni di tutela: edifici civili “antichi” ubicati nei nuclei centrali, edifici liberty (del grande architetto Gambini e non solo), opere razionaliste di epoca fascista, manufatti di archeologia industriale e antiche ciminiere (paradossalmente a Busto, “città delle cento ciminiere” nel secolo scorso, sono tuttora a rischio di abbattimento le ultime testimonianza rimaste!!!!) e perché no, architetture contemporanee di pregio.

le modalità di intervento ammesse non sono sempre corrette (ad esempio, la possibilità di realizzare piani interrati ad uso box al di sotto di edifici storici, ne comporta inevitabilmente la loro demolizione!!!);

non esiste né un progetto complessivo per i centri storici né un "abaco" che prescriva le caratteristiche anche degli interventi minimi – partecipati dalla cittadinanza – ma che sono tutt'altro che irrilevanti (tipologie delle aperture, dei serramenti, dei materiali da utilizzare, dei colori, …).

Per fare tutto ciò serve anche un "ingrediente" importante: l'educazione dei cittadini ad abitare e a vivere nel Bello e nella Storia.