Busto Arsizio– L’udito è sempre stato, tra i cinque, il mio senso preferito, probabilmente perché è quello per me più evocativo in assoluto per quanto riguarda sensazioni, ricordi ed emozioni. Molto spesso mi ritrovo a vivere forti emozioni date da percezioni uditive: non a caso mi sono laureata in musicologia. Vista la grande importanza che ricopre per me l’udito e le sensazioni ad esso collegate, ho deciso che all’università mi sarei concentrata sullo studio della storia della musica e delle tradizioni musicali dei popoli. La mia carriera di studentessa si è conclusa con una tesi in Etnomusicologia, disciplina che studia la storia e le tradizioni analizzando la musica, i suoni e i rumori prodotti dalle persone che abitano un determinato territorio, intitolata “The sound of the Wild Atlantic Way: un viaggio tra rumori e tradizioni del territorio irlandese”.

Gli elementi che mi hanno portato a lavorare su questo progetto sono stati due. Da una parte ho sempre avuto un debole per l’Irlanda fin da bambina: la vastità dei territori, lo sconfinato e incontaminato verde dei prati, il gaelico, le leggende ed infine, ovviamente, la musica tradizionale che risuona in ogni angolo dell’isola. Dall’altra il destino ha voluto farmi scoprire in maniera casuale un disco dei Solomon Grey intitolato “Dathanna”, nato proprio dall’esigenza di raccogliere, conservare e rielaborare tutti quei suoni che caratterizzano una zona dell’Irlanda.

Per cui, in un certo senso, è un po’ come se fosse stata una decisone naturale e “scontata” quella di scrivere una tesi che mi permettesse di analizzare e scoprire i vari aspetti di un luogo tanto amato quanto sconosciuto.

 

La tesi si è rivelata un vero e proprio viaggio di analisi grazie al quale ho scoperto i suoni che caratterizzano una zona specifica dell’isola, la Wild Atlantic Way, ovvero la strada costiera che si snoda lungo tutta la costa ovest del paese. Attraverso la ricerca ho potuto scoprire antichissime poesie, lingue, dialetti, canzoni, strumenti musicali, canti ma anche suoni più “naturali” tipici dei luoghi come il cinguettio degli uccelli, l’oceano che si infrange sulle coste, il rumore dei cavalli al galoppo e molto altro.

La mia curiosità e la volontà di sentire dal vivo, con il mio udito, tutte quelle emozionanti sonorità tanto sognate mi hanno spinto a fare le valige e partire per un breve ma intenso viaggio in quei luoghi per “sentire” l’Irlanda in tutti i suoi suoni: dalla natura alla magnifica musica folk che risuona in ogni pub e strada.

La musica è la cosa che più mi è rimasta impressa: da Doolin, a Inish Mor, fino ad arrivare a Dublino, dal tardo pomeriggio a notte inoltrata, i locali si animano di sonorità che sono frutto di fusioni tra strumenti, voci e cori che non si possono trovare altrove.

Camminando per le vie di villaggi isolati o nel centralissimo Temple Bar a Dublino si ha la percezione che la musica sia ovunque. In qualsiasi giorno dell’anno, in un qualunque pub si avrà quasi sempre la fortuna di assistere ad un’esibizione, spesso improvvisata, di un gruppo o di un singolo cantante. Tanti sono gli strumenti musicali che si possono ascoltare: le uillean pipes, il fiddle, il bodharn, il bozouki, il tin whistle e l’arpa.

Ad ogni tappa ho avuto la fortuna di cenare in pub con session live; quella più emozionante è stata quella a cui ho assistito su Inish Mor, piccola isola appartenente alle Aran Islands poco distante da Doolin: intorno alle 20.00 sono entrata al Joe Watty’s Pub, locale di riferimento per gli abitanti, e l’atmosfera che ho trovato è qualcosa di indescrivibile. Luce soffusa, pochissimi turisti, camino acceso, musica dal vivo, persone di ogni età, bambini, anziani, clienti e musicisti che insieme cantano un brano della tradizione e birra scura su ogni tavolo… Ma ciò che più mi ha fatto “innamorare” di quel posto è stato l’artista che ha iniziato ad esibirsi poco dopo il mio arrivo.

Quando l’ho visto sul palco non riuscivo a capire dove l’avessi già incontrato ma poco dopo mi è venuto in mente; l’uomo che stava cantando e si accompagnava con il buzouki era lo stesso che poche ore prima era al porto a lavorare su di una nave appena arrivata alla banchina. Questo marinaio/cantautore credo sia l’esempio che più può descrivere lo spirito della tradizione musicale del paese: a prescindere dall’età, dal lavoro, dal sesso, la musica scorre nelle vene di ogni irlandese ed è parte integrante della vita di ognuno.

I suoni, i brani e gli strumenti riescono a riflettere perfettamente il calore umano e la vitalità che pulsa nel cuore di ogni abitante dell’isola.

In quel pub, quella sera si è compiuta quella magia che si compie solo quando musicista e ascoltatore riescono a connettersi e comunicare: non esistevano più turisti, barriere linguistiche e culturali… L’Irlanda era lì, in tutta la sua potenza, in tutto il suo fascino e in tutta la sua musica a travolgermi e a farmi vivere tutte quelle emozioni di cui avevo solo letto e mai vissuto.

È un viaggio che consiglio a chiunque, anche a chi non è un appassionato di musica. L’Eire è un luogo da sogno dove leggenda e modernità convivono perfettamente, dove il verde più brillante in assoluto riposa gli occhi stanchi dal grigio delle città, dove si trovano persone uniche tra le più ospitali del mondo, e dove si usa direNon esistono stranieri, esistono solo amici che non hai ancora incontrato!”

 

Roberta Montalto