Si è svolto a Milano un importante convegno interamente dedicato alla chiesa di Santa Maria delle Grazie che, con i chiostri del circostante convento domenicano è legata a celebri figure della storia dell'arte, da Leonardo da Vinci a Bramante.

Molti gli aspetti problematici che il convegno si è proposto di verificare, dal ruolo svolto dai frati Predicatori a Milano all'aspetto storico artistico, più evidente e spesso richiamato, che attendeva approfondimenti puntuali e ricerche archivistiche approfondite.

In questa importante occasione, abbiamo rivolto alcune domande a Richard Schofield (Professore Ordinario di Storia dell'architettura, Università IUAV di Venezia), uno dei massimi studiosi di Architettura Rinascimentale italiana e in particolare di Bramante e Architettura della Controriforma.

Il convegno mette al centro la chiesa di Santa Maria delle Grazie: qual è la sua importanza dal punto di vista architettonico?

Parlare oggi dell'architettura di Santa Maria delle Grazie significa cimentarsi su uno dei temi più dibattuti degli studi su Milano e la Lombardia. La fondazione del convento e della chiesa delle Grazie rappresenterebbe comunque un punto importante nell'architettura lombarda del Quattrocento, ma è fuori discussione che essa sia stata il centro di numerosi studi soprattutto per l'addizione della tribuna per volere di Ludovico il Moro e la presenza di Bramante. La tribuna ha probabilmente fagocitato l'interesse degli storici dell'architettura, specialmente per il fatto che la portata del reale intervento dell'urbinate e la lettura della tribuna in termini architettonici sono ancora dibattute. Mi riferisco specialmente al ruolo specifico di Bramante e a quello da assegnare a Giovanni Antonio Amadeo nella realizzazione dell'edificio che, come è noto, copre un arco cronologico che oltrepassa gli anni di permanenza di Bramante a Milano.

Sulla presenza di Bramante nella tribuna la critica è

 sempre stata divisa: può spiegarci i motivi dell'incertezza e quale è stato effettivamente l'intervento di Bramante?

Lei vuol chiedermi se ho il bramantometro? Non ho il bramantometro, ammesso che il bramantometro esista.

Quali sono le maggiori novità messe in campo da Bramante nella tribuna della chiesa?

Ok, diciamo dunque che la tribuna è di Bramante, o almeno lo è l'impianto spaziale e la definizione degli elementi dell'interno, questo per riflettere in termini di cautela. Anche la lettura degli elementi architettonici specifici che la compongono e i modelli di riferimento per Bramante stesso oscillano tuttora tra coloro che vogliono leggervi una aspirazione ai modelli di Brunelleschi (specialmente una versione aggiornata della sacrestia vecchia di S. Lorenzo) e coloro che pensano invece a modelli dell'antichità locale, milanese (S. Lorenzo) e della tradizione lombarda (Certosa di Pavia, Cappella Portinari) ricomposti in un progetto unitario. La verità sta forse non necessariamente da un lato o dall'altro. Comunque le novità o meno dell'edificio andrebbero valutate anche rispetto all'immagine che noi abbiamo di Bramante come architetto quando arriva in Lombardia alla fine degli anni settanta, che non necessariamente corrisponde con l'idea che noi abbiamo costruito di un progettista con una precisa idea di architettura, formulata sulla base delle sue successive esperienze romane. È più che probabile che egli – solo all'inizio della sua carriera architettonica, che si avviò proprio durante gli anni milanesi -, fosse giunto in Lombardia con una borsa carica di elementi architettonici imparati a Urbino e nel centro Italia (Spoleto per esempio) e che fosse apertissimo a raccogliere molti più spunti dal contesto lombardo di quanto noi immaginiamo. Penso che gli studi si debbano orientare quindi verso un Bramante che impara in Lombardia e forma qui un suo linguaggio e non verso un Bramante che porta un'architettura del tutto nuova. Senza dubbio, comunque, la sua presenza è stata fondamentale, ma è un percorso che dura 20 anni e come tale va analizzato, pensando anche che la tribuna delle Grazie si colloca verso la fine della sua permanenza.

Nella sua relazione illustra le ipotesi di ricostruzione del corpo longitudinale della chiesa secondo la volontà di Ludovico il Moro, in sintesi quali sono le sue proposte?

Sì, questo è un gioco molto divertente che ho provato a fare insieme a Jessica Gritti. L'idea è nata da alcuni accenni documentari che dicono espressamente che in un certo momento, nei tardi anni novanta, ma forse già dal 1491, Ludovico il Moro abbia pensato di abbattere completamente la chiesa solariana e ricostruirne una nuova. Nella sostanza il tentativo è stato quello di immaginare una chiesa utilizzando il partito architettonico della tribuna come modello e verificando man mano come Bramante impiegò determinati elementi specifici negli altri progetti che egli realizzò in Lombardia. I tratti salienti emersi sono che la chiesa avrebbe potuto avere tre navate (e verosimilmente anche cappelle laterali), una volta a botte sulla navata centrale, alla quota dell'arcone della tribuna, sorretta da una trabeazione con aggetti in corrispondenza dei piedritti, come nella tribuna, e da pilastri inquadranti archi sul modello dei settori laterali delle pareti della tribuna stessa, forse volte a crociera nelle navate laterali. L'ipotesi che preferisco è quella che concerne la facciata, per la quale la richiesta di progetti ad alcuni architetti non specificati è chiaramente documentata nel 1497, ma non voglio svelare tutto, stiamo ancora lavorando, forse l'idea cambierà, vedremo. In ogni caso è un gioco, solo un'idea.

Una novità curiosa ed interessante è l'intervento di Amadeo per modificare la volta del coro…

Sì, questo invece mi convince molto, cioè che Amadeo nella prosecuzione del cantiere sia intervenuto per modificare la copertura del coro, perché l'evidente disparità tra il trattamento degli elementi architettonici nella parte bassa del coro, perfettamente rigorosi rispetto al resto della tribuna e invece l'uso molto differente e piuttosto illogico dei particolari della volta fanno sospettare che le due cose non siano state concepite contemporaneamente. In particolare l'uso di lesene ribattute da altre più sottili, che non reggono nessun elemento della volta, non è in sintonia con una logica strutturale sempre rispettata altrove nella tribuna e, inoltre, la volta attuale supera in altezza l'oculo che si apre all'interno dell'arcone est della tribuna che, come gli altri, probabilmente avrebbe dovuto essere una fonte di luce diretta. È possibile che nel corso della costruzione non fosse soddisfacente la quantità di luce destinata al coro, che sarebbe stata molto inferiore senza l'attuale volta, che ha invece permesso l'inserimento di oculi entro le lunette alla sua base.