In occasione del brunch che si è tenuto domenica 8 aprile presso il Cubet,  lo spazio espositivo milanese dell’associazione Exfabbricadellebambole, abbiamo incontrato l’artista piemontese Enrico Porro. Ecco cosa ci ha detto.

Sei un’artista autodidatta, interessato in particolare allo studio della figura femminile. Come si è sviluppata negli anni la tua produzione?

Io disegno da quando sono ragazzino, ho iniziato alle scuole medie. La mia professoressa di educazione artistica è stata la prima che mi ha commissionato delle opere. Mi ha chiesto di realizzare delle caricature delle altri docenti. La professoressa di francese è rimasta così traumatizzata dalla sua che mi ha impedito di completarla. Nel 2011 ho iniziato a esporre presso una galleria d’arte di Bra. In seguito per tre anni ho collaborato con il museo MIIT di Torino. Tramite la collettiva Artenergy sono entrato in contatto con l’associazione Exfabbricadellebambole. Si trattava di un’esposizione su selezione e per partecipare avevo inviato tre lavori. Da allora sono rappresentato da questa realtà milanese che investe sui giovani artisti.

Puoi parlarci delle opere che hai realizzato per la mostra “Colazione a Istanbul”? Che tecnica hai adottato per realizzarle?

Ho lavorato con metodo di notte per produrre i lavori esposti. La musa è la mia fidanzata Daniela, che ho ritratto in 300 fotografie, veri e propri studi preparatori ai dipinti. Nelle opere emerge sempre qualcosa di distintivo: i tatuaggi di Daniela sono svelati uno alla volta. Ogni dipinto ha previsto almeno tre revisioni. In alcuni lavori il viso viene solo accennato, perché la scelta è quella di porre l’accento su altri particolari come le mani o l’abito damascato. La tecnica esecutiva adottata prevede l’utilizzo di tela grezza ricoperta da una mano di malta bianca, realizzata da me. Si tratta di una malta al quarzo, ottenuta con polvere di quarzo, colla e tinta bianca acrilica. Dopo una prima spatolata che essicca in circa dieci ore ho dato una mano di grigio, ho realizzato il disegno a carboncino e per creare i rilievi dorati ho adoperato una siringa sterile.

Tutti i tuoi ritratti femminili sono contraddistinti da abiti damascati dorati. Perché?

Il damascato è una mia ossessione. Tra i cinque e i dieci anni sono cresciuto con mia nonna, che ha la casa piena di tessuti, tovaglie, tendaggi, tappeti persiani. La mia infanzia è legata a questi ricordi.

Cosa ci puoi dire della tua partecipazione all’asta che si è tenuta lo scorso 10 marzo presso il Cubet?

Sicuramente il bilancio è stato positivo, le mie opere hanno avuto diverse alzate. Ho battuto all’asta due opere: “Gold water”, un disegno su carta stropicciata 80×80 cm raffigurante delle mani ricoperte da una pioggia d’oro e “Per l’ultima volta” un quadretto 20×20 cm con cui avevo partecipato a una collettiva lo scorso Natale. Replicheremo a settembre e, compatibilmente con le tempistiche della mia attività, cercherò di partecipare nuovamente.

Ringraziamo Enrico Porro per la disponibilità dimostrata e per averci fatto viaggiare nel suo universo pittorico popolato di figure eleganti, fluttuanti, fasciate in abiti damascati.

http://artinpills.blogspot.it/

Eleonora Manzo