L'imprinting manageriale più che da storico dell'arte lo si riconosce subito, aprendo la cartelletta stampa. In buon ordine, prima delle istituzioni, prima dei dati tecnici delle iniziative culturali, prima dei contenuti, ci sono le aziende che il nuovo corso stanno rendendo possibile. Questione di abitudine. Questione di mentalità. Aria nuova, insomma. Caterina Carletti, professione consulente di marketing. Così si presenta, al suo debutto come nuova guida delle attività espositive del Chiostro di Voltorre.

Cominciamo da qui. Dal marketing.
"Questa è la mia professione, è la mia materia di insegnamento in Svizzera ed anche la natura del mio rapporto precedente con la Provincia di Varese, nato del tutto esternamente alle problematiche del Chiostro di Voltorre. Circa un anno fa, mi è stato chiesto di coadiuvare Enzo Lucenz nel suo progetto artistico. Con un ruolo specifico: posizionare strategicamente la struttura e le sue potenzialità, lavorando sul concetto di programmazione organica e di dialogo con le energie del territorio".

Poi la scommessa di Lucenz si è interrotta con la sua improvvisa scomparsa.
"Ho subito tra virgolette, una sorta di ricatto morale…Ho sentito la fiducia dell'assessore Longoni che mi ha spinto a continuare il lavoro intrapreso. A Felice Paronelli devo molto così come a Gavirate cui sono particolarmente legata. Non me la sono sentita di dire di no".

Nonostante l'impegno sia non particolarmente facile, né il tempo da dedicargli poco, immagino.
"Scherzando posso dire che è quasi una mission impossible. Mi rendo conto che gli obiettivi che si riescono a raggiungere sono sempre sproporzionati rispetto al tempo di gran lunga superiore che bisogna impegnare per ottenerli. Ma c'è un aspetto che credo importante. Ho fatto la scelta di vivere a Varese, da sempre, nonostante lavori anche all'estero. Non faccio politica, ho lavorato soprattutto con aziende private e questa possibilità di impegnarmi direttamente nell'organizzazione e nella gestione di una attività culturale mi dà l'occasione di fare finalmente qualcosa direttamente per la città".

Lei precisa con fermezza la sua identità di esperta di marketing. Quale identità vorrà dare a Voltorre?
"Parto dall'idea che il Chiostro sia un prodotto. Come tale deve ritagliarsi una posizione di identità forte. Per questo occorre il coraggio delle scelte, scelte di mercato. Quando si è trattato di scegliere, abbiamo tenuto a mente due dati: siamo in una provincia di 800 mila abitanti, con una media di una impresa ogni 14 abitanti. Questa è la realtà con cui il Chiostro di Voltorre deve dialogare. Cultura e imprenditorialità devono parlarsi, senza puzza sotto il naso".

Come si inserisce questa prima stagione di mostre dedicate alla grafica, all'illustrazione, in questo discorso?
"La grafica, l'illustrazione, il fumetto, il design, ci sono sembrate il miglior prodotto per il posizionamento strategico che avevamo in mente. I generi espressivi che hanno una dimensione e una fruibilità più ampia, un pubblico potenzialmente più esteso, passibile di scambi e interazioni con altre discipline".

Non ritiene che anche la fotografia, qui a Varese manchi di spazi propri e che il Chiostro anche in questo senso possa trovare una sua precisa identità?
"Assolutamente si. Ci vorrà del tempo probabilmente per impostare anche questo impegno. Ma basti pensare alla presenza di Giorgio Lotti, uno dei più importanti fotografi italiani. Ecco, immaginiamo di ospitare l'archivio di Lotti al Chiostro…"

Come è arrivata a scegliere i membri del comitato scientifico?
"E' stata una mia precisa richiesta posta alla Provincia perché continuassi nell'impegno. Non volevo passare per la tuttologa, dunque avevo bisogno di competenze scientifiche di alto profilo, né volevo nomi ricorrenti di ambito strettamente locale. Un comitato di esperti che desse profondità professionale, dimensione europea e la possibilità di intercettare facilmente network di proposte internazionali e portarli al Chiostro".

Vincenzo Mollica, è noto, è un grande esperto di fumetti e arte in sequenza. Gli altri?
"Paul Davis, per chi è appassionato di grafica e illustrazione non ha bisogno di presentazioni. Boris Tissot, mi interessava coinvolgerlo in particolar modo per le sue esperienze espositive rivolte all'infanzia, Jesùs Moreno, basti dire che collabora con il Prado di Madrid".

Si è ispirata a qualche esperienza in particolare, a qualche figura specifica direttoriale nel settore prima di gestire managerialmente uno spazio espositivo?
"Per curiosità ho sempre seguito l'arte. Mi sono anche occupata di musei gestiti in maniera aziendale. Ma sono partita dal presupposto che ogni progetto deve essere fatto su misura del contesto in cui si trova. Anche nel caso del Chiostro di Voltorre, il vestito deve essere fatto sulla sua misura, sulle esigenze e sulle possibilità che questo territorio e non altri esprime".

Cosa si aspetta da questa esperienza?
"Mi aspetto di sopravvivere fino a dopo l'inaugurazione (ride). Mi aspetto che il territorio risponda. Questi progetti stanno in piedi solo a patto che le forze produttive siano in grado di raccogliere la sfida. In molte già hanno detto si sulla fiducia, sulla base del solo progetto. A queste va tutto il mio ringraziamento. Per il resto credo che l'unica cosa sia non perdersi in polemiche. Non c'è più tempo per le polemiche".