Canton Ticino Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/categoria/news-arte/canton-ticino/ L'arte della provincia di Varese. Fri, 12 Apr 2024 10:24:34 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.4 https://www.artevarese.com/wp-content/uploads/2017/05/cropped-logo-1-150x150.png Canton Ticino Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/categoria/news-arte/canton-ticino/ 32 32 “Personaggi in carta e ossa” al Museo in erba https://www.artevarese.com/personaggi-in-carta-e-ossa-al-museo-in-erba/ https://www.artevarese.com/personaggi-in-carta-e-ossa-al-museo-in-erba/#respond Fri, 12 Apr 2024 07:47:41 +0000 https://www.artevarese.com/?p=73975 Lugano – I quattordici protagonisti de “La storia delle storie sconfinate”  nelle illustrazioni in esposte nella mostra “Personaggi in carta e ossa” allestita al Museo in Erba, grazie a una nuova collaborazione con il Teatro Pan di Lugano, per la rassegna Senza confini, grandi e piccini insieme a teatro. Le tavole sono state realizzate dall’illustratrice […]

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Lugano – I quattordici protagonisti de “La storia delle storie sconfinate”  nelle illustrazioni in esposte nella mostra “Personaggi in carta e ossa” allestita al Museo in Erba, grazie a una nuova collaborazione con il Teatro Pan di Lugano, per la rassegna Senza confini, grandi e piccini insieme a teatro.

Le tavole sono state realizzate dall’illustratrice Carlotta Di Stefano che ha firmato anche le locandine delle ultime edizioni della rassegna mentre la storia e la narrazione sono a cura dell’attrice Monica Ceccardi.

Sarà possibile vedere le opere,  leggere o ascoltare la registrazione della storia durante  la visita alla mostra che rimarrà in calendario sino al 28 aprile. Orari al pubblico: lunedì – venerdì 9–11.30/13.30 – 16.30 con prenotazione obbligatoria; sabato e domenica: 14 – 17.

 

Cenni biografici

Carlotta Di Stefano. Illustratrice, partecipante a diverse esposizioni collettive e personali. Quest’anno Premio perla sperimentazione digitale alla 26esima edizione del Concorso internazionale di illustrazione per l’infanzia Scarpetta d’oro della Riviera del Brenta – Venezia. Tra molto altro, illustratrice delle ultime edizioni della rassegna per le famiglie, Senza confini.
Nel progetto Personaggi in carta e ossa: creatrice delle illustrazioni e animatrice del
laboratorio.

Monica Ceccardi. Attrice, autrice e regista, curatrice di laboratori teatrali e spettacoli con adulti e bambini. Nel progetto Personaggi in carta e ossa: creatrice e narratrice della storia.

 

 

 

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Balla e Dorazio, la luce in mostra a Lugano https://www.artevarese.com/balla-e-dorazio-la-luce-in-mostra-a-lugano/ https://www.artevarese.com/balla-e-dorazio-la-luce-in-mostra-a-lugano/#respond Thu, 16 Nov 2023 13:01:50 +0000 https://www.artevarese.com/?p=72513 Lugano – E’ stato il titolo di una poesia di Giuseppe Ungaretti a ispirare “Balla ’12 Dorazio ’60. Dove la luce”, a cura di Gabriella Belli, con allestimento progettato da Mario Botta, in corso presso la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati a Lugano. Due mondi pittorici apparentemente lontani quelli di Giacomo Balla (Torino 1871-Roma 1958) […]

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Lugano – E’ stato il titolo di una poesia di Giuseppe Ungaretti a ispirare “Balla ’12 Dorazio ’60. Dove la luce”, a cura di Gabriella Belli, con allestimento progettato da Mario Botta, in corso presso la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati a Lugano.

Due mondi pittorici apparentemente lontani quelli di Giacomo Balla (Torino 1871-Roma 1958) e Piero Dorazio (Roma 1927-Perugia 2005). Ad accomunare le 47 opere in mostra, al di la dei cinquant’anni che separano le esperienze dei due artisti, concorre la preponderante presenza della luce come elemento visivamente catalizzante, la cui genesi origina da una serie di schizzi eseguiti su fogli di block notes con matite colorate, tempera, acquarelli dove si intersecano costruzioni geometriche che vanno dall’intreccio di più triangolazioni e intersezioni sferiche sino ad arrivare a una gamma colorifica che spazia dal giallo all’arancio, dall’azzurro all’indaco sino al violetto.

Tra i lavori più significativi di Giacomo Balla emergono le “Composizioni iridescenti” opere eseguite tra il luglio e il dicembre del 1912 nel corso di un soggiorno a Düsseldorf dove era ospite della famiglia Lӧwenstein nella splendida villa affacciata sul Reno, lì invitato a decorare uno studio della casa.

Le “Trame” di Piero Dorazio prendono forma agli inizi degli anni ’60 la cui costruzione si fonda sulle intersecazioni di linee geometriche dall’intensa tensione dinamica, dove l’incidenza della luce tende a conferire profondità spaziale all’intero impianto segnico.
Amico di Ungaretti, Dorazio nel 1971 illustrò con 13 litografie il volume “La luce. Poesie 1914-1961”.

“Balla ’12 Dorazio ’60. Dove la luce” – Lugano – Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, lungolago Riva Caccia 1. Fino al 14 gennaio 2024. Orari: giovedì-domenica 11-18. Ingresso gratuito.

Mauro Bianchini

 

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Immagini Vive di Yaacov Agam https://www.artevarese.com/immagini-vive-di-yaacov-agam/ https://www.artevarese.com/immagini-vive-di-yaacov-agam/#respond Sun, 12 Nov 2023 09:00:34 +0000 https://www.artevarese.com/?p=72433 Lugano – E’ una mostra interattiva, ideata con l’ artista Yaacov Agam su invito del Centre Pompidou di Parigi, quella che dal 18 novembre si aprirà al Museo in Erba. Un’esposizione per immergere i bambini e le loro famiglie nella magia delle trasformazioni di colori e forme. L’opera di Agam si basa su colori e […]

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Lugano – E’ una mostra interattiva, ideata con l’ artista Yaacov Agam su invito del Centre Pompidou di Parigi, quella che dal 18 novembre si aprirà al Museo in Erba. Un’esposizione per immergere i bambini e le loro famiglie nella magia delle trasformazioni di colori e forme.

L’opera di Agam si basa su colori e forme geometriche ed è soggetta a trasformazioni continue. Le istallazioni che compongono la mostra stupiscono i bambini proprio perché, a ogni loro spostamento, le immagini sembrano muoversi senza che nessuno veda la stessa cosa nello stesso momento: le linee diventano triangoli, un pannello nero si colora… I giovani visitatori possono scoprire le illusioni ottiche utilizzando dispositivi interattivi e immergendosi in quella che Agam chiama “la quarta dimensione”, quella cioè del movimento e dell’imprevisto.

L’artista offre così un’esperienza immersiva davvero unica per sperimentare, attraverso il corpo e lo sguardo, l’arte cinetica, di cui è stato pioniere e di cui è ancora oggi uno dei maggiori esponenti.

Agam è anche pedagogista e si è occupato dell’educazione visiva dei più piccoli: nel 1996 è stato premiato dall’UNESCO per aver ideato un metodo pedagogico per capire meglio il linguaggio universale di forme e colori, adottato in molte scuole dell’infanzia in Israele, sua terra d’origine.
Valore aggiunto dell’esposizione è il suo carattere inclusivo che rispecchia appieno il messaggio che l’artista si impegna a diffondere da anni e che anche il Museo in erba sostiene con le sue proposte da sempre, quello dell’arte come linguaggio universale.

Cenni biografici

Yaacov Agam (Rishon LeZion, 1928) è pittore, scultore, creatore di video e applicazioni digitali. Preferisce il linguaggio degli occhi a quello delle parole. Nel 1960 ha partecipato alla creazione di una corrente artistica chiamata “arte cinetica”, basata sul movimento, che rende il pubblico attivo attraverso il corpo e gli occhi.
Le opere di Yaacov Agam possono essere ammirate in tutto il mondo. È presente nelle più grandi collezioni internazionali (Centre Pompidou in Francia, Centro culturale di Leverkusen in Germania e, soprattutto, Museo Agam di Rishon LeZion, in Israele). Artista di fama internazionale, oggi divide con passione la sua vita tra la Francia e Israele, sempre spinto da nuovi progetti creativi.

L’esposizione allestita nella sede del Museo di Riva Caccia 1 rimarrà in calendario sino al 2 maggio. Orari, lunedì – venerdì: 9 – 11.30 / 13.30 – 16.30, sabato – domenica 14 – 17.

 

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Intersezioni spaziali tra forme architettoniche e ambiente https://www.artevarese.com/intersezioni-spaziali-tra-forme-architettoniche-e-ambiente/ https://www.artevarese.com/intersezioni-spaziali-tra-forme-architettoniche-e-ambiente/#respond Mon, 21 Aug 2023 09:02:24 +0000 https://www.artevarese.com/?p=71338 Mendrisio – Il titolo della mostra in corso al Teatro dell’architettura intitolata “What Mad Pursuit”, a cura di Francesco Zanot, prende spunto da un saggio scritto nel 1988 dal neuro scienziato britannico Francis Crick: “In natura le specie ibride sono generalmente sterili, ma nella scienza è spesso vero il contrario. I soggetti ibridi sono molte […]

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Mendrisio – Il titolo della mostra in corso al Teatro dell’architettura intitolata “What Mad Pursuit”, a cura di Francesco Zanot, prende spunto da un saggio scritto nel 1988 dal neuro scienziato britannico Francis Crick: “In natura le specie ibride sono generalmente sterili, ma nella scienza è spesso vero il contrario. I soggetti ibridi sono molte volte eccezionalmente fertili, mentre se una disciplina scientifica rimane troppo pura è destinata a deperire”.

A interpretare il rapporto di intersezioni spaziali tra forme architettoniche e ambiente circostante, sono le foto di Aglaia Konrad, Armin Linke e Bas Princen.

Aglaia Konrad (Salisburgo 1960, vive e lavora a Bruxelles) affidandosi al bianco e nero mette a confronto edifici progettati da grandi architetti con altri di natura anonima nel tentativo di fare emergere coerenze e distinzioni.

Armin Linke (Milano 1966) ha estratto dal suo archivio immagini scattate in tutto il mondo nel corso della sua carriera dando vita a un libero dialogo tra cronologia esecutiva e oggettiva attualità.

Bas Princen (Zeeland 1975, vive e lavora a Rotterdam e Zurigo) pone l’accento sulla riconversione e sulla duplicazione delle immagini nel momento in cui divengono oggetto di divulgazione di massa e a tale fine mette in atto una stampa basata sul rilievo.

“What Mad Pursuit” – Mendrisio – Teatro dell’Architettura, Via Turconi 25. Fino al 22 ottobre 2023. Orari: martedì, mercoledì, giovedì, venerdì 14-18. Sabato e domenica 10-18. Ingressi: intero Euro 8, ridotto Euro 7.

Mauro Bianchini

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Alexej von Jawlensky, “…i tre anni più interessanti della mia vita…” https://www.artevarese.com/alexej-von-jawlensky-i-tre-anni-piu-interessanti-della-mia-vita/ https://www.artevarese.com/alexej-von-jawlensky-i-tre-anni-piu-interessanti-della-mia-vita/#respond Tue, 04 Jul 2023 13:30:02 +0000 https://www.artevarese.com/?p=70864 Lugano – E’ una dichiarazione di assoluta riconoscenza quella espressa da Alexej von Jawlensky riguardo ai tre anni trascorsi nel Canton Ticino tra il 1918 e il 1921. Di conseguenza il titolo della personale a lui dedicata in corso al Masi di Lugano non poteva essere che Alexej von Jawlensky ad Ascona “…i tre anni […]

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Lugano – E’ una dichiarazione di assoluta riconoscenza quella espressa da Alexej von Jawlensky riguardo ai tre anni trascorsi nel Canton Ticino tra il 1918 e il 1921.
Di conseguenza il titolo della personale a lui dedicata in corso al Masi di Lugano non poteva essere che Alexej von Jawlensky ad Ascona “…i tre anni più interessanti della mia vita…” a cura di Cristina Sonderegger.

A fare da cornice alla mostra dell’artista russo concorre la raccolta permanente del MASI “Sentimento e osservazione” quale ampia panoramica sulle arti visive in Ticino attraverso i principali movimenti artistici dell’Ottocento e del Novecento, del tardo Romanticismo e dell’Espressionismo, con l’inclusione di artisti e collezionisti che hanno scelto quel territorio come patria d’adozione.

Le ricerche pittoriche maturate da Alexej von Jawlensky (1864, Torzok, Russia – 1941 Wiesbaden, Germania) nel corso del suo soggiorno ad Ascona sono strutturate da un percorso espositivo che prende avvio con “Natura morta con caffettiera gialla e teiera bianca” del 1908 e “Testa di donna” del 1913 a definire la sua tensione espressiva prima del soggiorno svizzero.

Dopodiché i colori si stemperano arrivando ad una stilizzazione delle forme intima e meditativa dovuta anche all’abbandono della tela a favore di supporti cartacei quale conseguenza dovuta all’impossibilità di avere un proprio atelier che lo costrinse a lavorare sul piano di un tavolo.

Tale limite lo porterà a esiti sorprendenti sino all’astrazione geometrica vivida di pulsanti cromie e compiuti equilibri spaziali, mentre nei ritratti i volti saranno raffigurati privi di tensioni espressive quasi fossero territori dell’anima.

Alexej von Jawlensky ad Ascona “…i tre anni più interessanti della mia vita…” – Lugano – MASI sede LAC, Piazza Bernardino Luini 6. Fino al 1 agosto. Orari: Ma/me/Ve 11-18. Gi 11-20. Sa/Do 10-18
Ph. Roberto Pellegrini, Bellinzona.

Mauro Bianchini

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Verso Sud, le vedute di Maurits Houck https://www.artevarese.com/verso-sud-le-vedute-di-maurits-houck/ https://www.artevarese.com/verso-sud-le-vedute-di-maurits-houck/#respond Wed, 28 Jun 2023 08:00:36 +0000 https://www.artevarese.com/?p=70755 Brusino Arsizio (CH) – Alla Galleria Vecchia Posta è ospitata la mostra Verso Sud dell’artista Maurits Houck organizzata dall’omonima Fondazione. Un’occasione per conoscere le opere e la storia di questo artista, complesso e poliedrico prematuramente scomparso all’età di 40 anni, nel 1967 e che ha vissuto nella storica casa a Riva San Vitale, già Casa […]

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Brusino Arsizio (CH) – Alla Galleria Vecchia Posta è ospitata la mostra Verso Sud dell’artista Maurits Houck organizzata dall’omonima Fondazione. Un’occasione per conoscere le opere e la storia di questo artista, complesso e poliedrico prematuramente scomparso all’età di 40 anni, nel 1967 e che ha vissuto nella storica casa a Riva San Vitale, già Casa della Croce.

Il titolo della mostra si ispira alla passione e all’ attenzione dell’artista verso il sud dell’emisfero. La Galleria Vecchia Posta,  fornirà uno spaccato trasversale dell’opera di Houck come embrione di un progetto artistico che vedrà le sue opere esposte in Musei internazionali.

La mostra Verso Sud di Maurits Houck alla Galleria Vecchia Posta attraverserà anche la popolare Sagra del Pesciolino di Brusino e si chiuderà il 26 luglio con un concerto del quintetto di fiati Fedro in collaborazione con Ticino Musica.

L’evento é coordinato dall’Associazione Ricercare nata proprio a Brusino Arsizio con l’intento di valorizzare creatività e arte come motore spirituale ed economico delle persone e dei luoghi.

Orari della galleria: venerdì, sabato e domenica 10-12.30 / 15 – 18.30. Aperture straordinarie: giovedì 29 giugno e 24, 25, 26 luglio. Per informazioni o richieste scrivere a info@ricercare.ch o a 0041 79 3769850Da sabato 24 giugno a mercoledì 26 luglio 2023

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Al Mac il Premio Lissone 2023 https://www.artevarese.com/al-mac-il-premio-lissone-2023/ https://www.artevarese.com/al-mac-il-premio-lissone-2023/#respond Tue, 25 Apr 2023 07:00:12 +0000 https://www.artevarese.com/?p=69966 Il MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, dal 13 maggio al 17 settembre, presenta il Premio edizione 2023, secondo una rinnovata struttura, ideata dalla direttrice artistica Francesca Guerisoli, che vede la produzione di un progetto espositivo composto da quattro mostre curate da Lucrezia Longobardi, Gabi Scardi, Noah Stolz e Saverio Verini. Sulla base di un […]

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Il MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, dal 13 maggio al 17 settembre, presenta il Premio edizione 2023, secondo una rinnovata struttura, ideata dalla direttrice artistica Francesca Guerisoli, che vede la produzione di un progetto espositivo composto da quattro mostre curate da Lucrezia Longobardi, Gabi Scardi, Noah Stolz e Saverio Verini.
Sulla base di un concept, ogni curatore ha selezionato cinque proposte, per un totale di venti artisti invitati al Premio: Ludovica Anversa, Sonia Arienta, Marion Baruch, Andrea Barzaghi, Simone Berti, Martina Biolo, Linda Carrara, Simona Da Pozzo, Marco Eusepi, Alice Faloretti, Pietro Librizzi, Eva Marisaldi, Lucas Memmola, Isabella Pers, Tiziana Pers, Nazzarena Poli Maramotti, Giulio Saverio Rossi, Andrea Sala, Alessandra Spranzi e Andreas Zampella.

Scopo del Premio Lissone  è  far emergere le linee di ricerca legate al mezzo pittorico attraverso lo sguardo di curatori e artisti di generazioni diverse. Le ricerche attuali che possono essere ricondotte alla pittura contemporanea sono declinate in molteplici linguaggi, che espongono il concetto di pittura a innumerevoli letture. La sensibilità individuale, i contesti differenti in cui operano i curatori e gli artisti coinvolti e le generazioni di cui sono espressione descrivono alcuni tra i temi di ricerca più vivaci della produzione artistica odierna.

La mostra è suddivisa in due capitoli: la Sezione Gran Premio, con le mostre Pittura come pratica progettuale e Cose che accadono, la prima curata da Gabi Scardi e la seconda da Noah Stolz. La sezione Nuove Visioni, con le mostre Vedute, visioni, voragini e Sonata #023, curate rispettivamente da Saverio Verini e Lucrezia Longobardi.

Sezione Gran Premio

Gabi Scardi con Pittura come pratica progettuale focalizza la sua proposta sul lavoro di cinque artiste accomunate dall’interesse per la pittura come pratica progettuale e spinte da una sensibilità nei confronti delle questioni cruciali della nostra epoca. Il paesaggio, tema che alla luce delle attuali urgenze ambientali si carica di significati cogenti, è centrale nel lavoro di Linda Carrara così come di Isabella Pers, che muove da una spiccata sensibilità nei confronti di tematiche ambientali di scala globale. Gli animali sono al centro delle opere di Sonia Arienta, con uno dei suoi lavori della serie “Dove sono le capre?”, e di Tiziana Pers che salva la vita di un animale destinato al macello scambiandolo con un ritratto dello stesso, guidata da spirito animalista e antispecista. Infine, Simona Da Pozzo presente con uno dei suoi lavori sui monumenti che abitano le città. “Se la pittura resta ancorata alla grande storia dell’arte, alla quale non può non fare riferimento – afferma la curatrice Gabi Scardi – essa si nutre d’altra parte dell’epoca e del contesto coevo. Gli artisti la utilizzano proprio per parlare del mondo che li circonda, e le loro opere riflettono il ruolo che, nel loro particolare periodo, l’arte riveste in seno alla società”.

Noah Stolz trae il titolo della mostra Cose che accadono da una serie di fotografie di Alessandra Spranzi (2002-2004) le cui immagini illustrano gesti di apparente quotidianità. L’atmosfera che accomuna gli still life è sospesa e costruita; le azioni ritratte sono allo stesso tempo plausibili ed incongrue, suggeriscono che forse qualcosa è andato storto o che ci troviamo bloccati tra due dimensioni. Non ci è possibile ricostruire con certezza il prima e il dopo perché la narrazione non è completa. Questa dimensione di potenzialità in contrasto con quella di mancanza che le è complementare è l’elemento che caratterizza le opere di Marion Baruch, Simone Berti, Eva Marisaldi, Andrea Sala, Alessandra Spranzi. L’opera o il suo soggetto provengono da un altrove, da un processo di creazione che con ogni probabilità ha avuto inizio prima che l’artista si accingesse a pensare l’opera.

Sezione Nuove Visioni

Saverio Verini riunisce sotto il titolo Vedute, visioni, voragini le opere pittoriche di Ludovica Anversa, Andrea Barzaghi, Alice Faloretti, Pietro Librizzi e Giulio Saverio Rossi. Punto di partenza e trait d’union tra le opere è il paesaggio: un genere storicizzato, classico, che in questo caso costituisce il riferimento principale per gli artisti. Vedute, visioni, voragini intende partire dal paesaggio come un “pretesto pittorico” per mostrare approcci, formazioni e provenienze talvolta agli antipodi; una fotografia mossa e inevitabilmente parziale della scena italiana, presentando cinque modi diversi di fare pittura oggi. Di ogni artista viene presentata una singola opera, che possa tuttavia rappresentarne la poetica: dalle visioni scarnificate ed evanescenti di Ludovica Anversa alla natura stilizzata e tropicale di Andrea Barzaghi; dalla vocazione romantica e sublime di Alice Faloretti alla spensieratezza onirica e naif di Pietro Librizzi, passando per l’approccio sottilmente concettuale e sensibile ai fenomeni percettivi di Giulio Saverio Rossi.

Lucrezia Longobardi con Sonata #023 presenta i lavori di Martina Biolo, Marco Eusepi, Nazzarena Poli Maramotti, Lucas Memmola, Andreas Zampella. La materia pittorica torna ad essere una lingua madre come strumento di esplorazione dei nuovi orizzonti intimi ed esistenziali. Dai vorticosi graffi floreali di Marco Eusepi, la cui velocità pare ricondurre al capogiro, con cui un’immagine elementare della realtà̀ fisica si trova ad abitare la dimensione della realtà aumentata, ai paesaggi esistenziali di Andreas Zampella; dalla pelle domestica, inquieta, dilaniata che traccia il passaggio del tempo nell’opera di Martina Biolo, alla ricerca di spiritualità di Lucas Memmola, che dà respiro alla propria dimensione sacrale fino all’opera di Nazzarena Poli Maramotti, che occupa un territorio di mezzo, una sorta di crinale tra figurazione e astrazione. In tutte queste opere, è la pittura astratta a dominare la scena, una pittura che interroga il concetto di identità̀.

La Giuria

La Giuria del Premio Lissone 2023 è composta da Lóránd Hegyi, storico e critico d’arte ungherese che, tra i vari incarichi ricoperti, ha diretto il Ludwig Museum di Vienna e il Pan di Napoli; Giovanna Forlanelli Rovati, presidente della Fondazione Luigi Rovati di Milano e Francesca Guerisoli.

I premi in denaro che verranno assegnati sono due, attribuiti alle opere ritenute più significative: uno per la categoria Gran Premio, del valore di € 10.000 e uno per la categoria Nuove Visioni, del valore di € 5.000. Le opere vincitrici saranno acquisite dal MAC ed entreranno a far parte della collezione permanente del museo, che si compone di oltre 450 opere d’arte moderna e contemporanea. La proclamazione dei vincitori avverrà, contestualmente all’inaugurazione della mostra, il 13 maggio, alle 18 nella sede del Museo in viale Elisa Ancona 6, a Lissone (MB). Orari e ingressi: mercoledì e venerdì: 10 – 13; giovedì: 16 – 19; sabato e domenica: 10 – 12 / 15 – 19. L’ingresso è gratuito. Informazioni: museo@comune.lissone.mb.it; T. 039 7397368 – 039 7397202; www.museolissone.it.

Cenni sulla storia del Premio Lissone

Il MAC Museo d’Arte Contemporanea di Lissone conserva l’intera collezione dello Storico Premio Lissone, composta dai lavori che dal 1946 al 1967 furono acquisiti attraverso il prestigioso premio di pittura. Si tratta delle opere che vinsero il Gran Premio per la Pittura, il Secondo Premio, il Premio Acquisto e le donazioni di artisti che parteciparono al concorso.
La storia del Premio Lissone, tra i primi sorti in Italia, colloca la città tra i poli della valorizzazione dall’arte contemporanea di allora. L’idea del Premio si deve alla Famiglia Artistica Lissonese, formata da pittori e artisti locali, muovendo dalla necessità di aprire un dibattito culturale sullo stato dell’arte e coinvolgendo imprenditori del luogo e critici d’arte di rilievo nazionale. Il rigore utilizzato nella composizione delle giurie – vi prendono parte, tra gli altri, Raffaele De Grada, Marco Valsecchi, Giulio Carlo Argan e Giuseppe Marchiori –, fornisce i presupposti per la realizzazione di un evento culturale di spessore. Se nelle prime edizioni la partecipazione è riservata ai pittori italiani, a partire dal 1952 diviene internazionale, vengono esposti anche lavori fuori concorso di artisti affermati, il Comune di Lissone decide di acquisire le opere vincitrici, l’entità del primo premio aumenta e si moltiplicano i riconoscimenti da parte di privati. La notorietà del Premio è tale che si arriva ad accostarlo, per importanza e prestigio, alla Biennale di Venezia. L’esperienza ha termine nel 1967, al sopraggiungere degli anni della contestazione e all’allentarsi delle tensioni e delle finalità che tanto peso avevano avuto all’inizio.
Forte di questa storia, nel 1999 il Comune di Lissone decide di rifondarlo come Premio Città di Lissone, che vede svolgere tre edizioni annuali, e successivamente, dal 2002, in accordo con la Famiglia Artistica Lissonese, assume il nome storico per dare continuità a quella progettualità. Dal 2006, il Premio Lissone dedicato alle arti visive diviene a cadenza biennale, alternandosi al Premio Lissone Design, grazie al quale il MAC incrementa costantemente le proprie collezioni d’arte e design.

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Al Museo Vela “cultura in movimento” https://www.artevarese.com/al-museo-vela-cultura-in-movimento/ https://www.artevarese.com/al-museo-vela-cultura-in-movimento/#respond Tue, 18 Apr 2023 16:00:33 +0000 https://www.artevarese.com/?p=69916 Ligornetto (CH) – Al Museo Vincenzo Vela domenica 23 aprile alle 16 torna il cinema delle origini con la presentazione di One Week e Neighbors, due cortometraggi degli esordi del genio comico Buster Keaton con accompagnamento musicale dal vivo di Daniele Furlati al pianoforte. A seguire, verrà presentato il flip book “Il Cineografo del Vela” […]

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Ligornetto (CH) – Al Museo Vincenzo Vela domenica 23 aprile alle 16 torna il cinema delle origini con la presentazione di One Week e Neighbors, due cortometraggi degli esordi del genio comico Buster Keaton con accompagnamento musicale dal vivo di Daniele Furlati al pianoforte. A seguire, verrà presentato il flip book “Il Cineografo del Vela” del fotografo Matteo Fieni.

“S-velati e ritrovati”, l’appuntamento cinematografico del Museo Vincenzo Vela, omaggia questa volta Buster Keaton, grazie alla consolidata collaborazione con la Cineteca di Bologna, impegnata da alcuni anni nel “Progetto Keaton”. Quest’ultimo ha l’obiettivo di restaurare l’intera opera cinematografica di questo maestro assoluto dell’epoca d’oro del cinema muto che, come scrisse James Agee sulla rivista “Life” nel 1949, “per stile e natura era il più profondamente ‘muto’ dei comici muti, tanto che anche un sorriso era in lui assordante e stonato quanto un grido”. Nel corso dell’appuntamento al Museo verranno proiettati  due cortometraggi realizzati nel 1920, agli esordi della sua carriera cinematografica.

One Week, considerato uno dei suoi primi capolavori, capace di sintetizzare e sublimare l’immaginario americano della casa “fai da te”, costruito attorno ad un vorticoso carosello di trovate catastrofiche. La vicenda segue una coppia di sposi novelli nei disastrosi tentativi di costruire una casa prefabbricata, loro futuro nido d’amore.

Neighbors racconta le peripezie di due giovani innamorati, vicini di casa, osteggiati dai genitori che si destano, separati da una staccionata che, con una corda da bucato, basta a Keaton per creare un intero balletto comico.

Ad accompagnare la proiezione, compositore e pianista Daniele Furlati, da anni collaboratore della Cineteca di Bologna nonché autore di colonne sonore di importanti film italiani, già ospite della rassegna “(S)velati e ritrovati”. Seguirà, alla presenza dell’autore, Matteo Fieni, la presentazione del “flip book” Il Cineografo del Vela, pubblicato dal Museo con il sostegno del progetto Cultura in movimento promosso dal DECS.

La concomitanza con il cinema delle origini non è affatto casuale. I “flip book” possono essere considerati i precursori del cinema: questi piccoli libri presentano una successione di immagini che cambiano gradualmente, in modo che quando le pagine vengono fatte scorrere in rapida successione, usando ad esempio il pollice, le immagini sembrano prendere vita, animandosi. La parola tedesca per indicare i “flip book” è infatti “Daumenkino”, letteralmente “cinema pollice”. Il cineografo del Vela, realizzato dal fotografo Matteo Fieni, è costituito da tre “flip book” dedicati ad altrettanti capolavori di Vela: la Desolazione, Guglielmo Tell e Spartaco. Facendo scorrere le pagine, le immagini prendono vita, seguendo il viaggio fantastico di queste opere dal Museo (dove sono conservati i modelli in gesso) ai luoghi che ospitano le loro realizzazioni in marmo: il Parco Ciani, il lungolago e il Municipio di Lugano,

Note biografiche
Come iniziò Buster Keaton
Joseph Francis Keaton (1895-1966) è stato ribattezzato “Buster” (rompicollo) per le sue abilità acrobatiche, sin da bambino, figlio di due artisti di varietà girovaghi. A poco più vent’anni, esordisce nel cinema facendo coppia col comico Roscoe “Fatty” Arbuckle: lui, allampanato e serioso, l’altro grasso ed eccessivo. Da solo, tra il 1920 e il 1929, gira i suoi capolavori: The General (Come vinsi la guerra), Steamboat Billy Jr. (Io e il ciclone), The Cameraman (Il cameraman) e Spite Marriage (Io… e l’amore), nel quale le innumerevoli gag visive contrastano con un’espressione triste e impassibile, quella “faccia di pietra” che lo caratterizzerà per sempre. Con l’arrivo del sonoro comincia il declino, accompagnato da problemi nella vita privata e dall’alcolismo. Negli Anni ’50 compare nei panni di sé stesso in Viale del tramonto e Luci della ribalta, fino a quando la sua opera viene riabilitata dalla critica, tanto che gli viene assegnato un Oscar alla carriera nel 1960.

Daniele Furlati è compositore e pianista, diplomato in Composizione, in pianoforte e Strumentazione per banda. Nel corso della sua formazione ha ottenuto due diplomi di merito ai corsi di perfezionamento in musica per film tenuti da Ennio Morricone e Sergio Miceli all’Accademia Musicale Chigiana di Siena. Furlati è stato anche più volte premiato con importanti riconoscimenti, tra questi segnaliamo le musiche, composte con Marco Biscarini, per i lungometraggi di Giorgio Diritti Il vento fa il suo giro (2005), L’uomo che verrà (2009, nomination ai David di Donatello nella categoria Migliore Musicista) e Un giorno devi andare (2013, nomination Ciak d’oro Migliore Colonna Sonora). Al Museo Vincenzo Vela ha già musicato dal vivo

Matteo Fieni lavora nel campo della fotografia, dell’installazione e dell’arte relazionale. Le sue opere esplorano le relazioni concettuali tra l’individuo e l’ambiente fisico circostante. Concentrandosi sull’inconscio ottico/tecnologico e sulla navigazione mentale spaziale, indaga i limiti della percezione umana sul nostro immaginario collettivo. Si è laureato in fotografia allo IED (Istituto Europeo di Design) di Milano e ha studiato Scienze della comunicazione e giornalismo all’USI (Università Svizzera Italiana). È membro attivo dell’associazione professionale degli artisti visivi svizzeri “Visarte” (di cui è stato anche co-presidente dal 2020 al 2022 della sezione Ticino). Numerose esposizioni personali e collettive in Svizzera, Francia e Italia. Collabora con il Museo Vincenzo Vela, per il quale ha concepito e realizzato atelier per il giovane pubblico alcuni film muti della rassegna “(S)velati e ritrovati”, dedicata al cinema delle origini.

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“L’Alfabeto Cosmogonico” di Nanda Vigo https://www.artevarese.com/lalfabeto-cosmogonico-di-nanda-vigo/ https://www.artevarese.com/lalfabeto-cosmogonico-di-nanda-vigo/#respond Fri, 14 Apr 2023 07:00:45 +0000 https://www.artevarese.com/?p=69834 Ascona – E’ la prima retrospettiva in Svizzera di Nanda Vigo (1936-2020), quella ospitata al Museo Comunale d’Arte Moderna. La mostra dal titolo Alfabeto Cosmogonico a cura di Alberto Fiz analizza l’intero percorso creativo dell’artista attraverso 40 opere realizzate tra fine degli anni Cinquanta e gli anni Duemila, che documentano le fasi salienti della sua […]

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Ascona – E’ la prima retrospettiva in Svizzera di Nanda Vigo (1936-2020), quella ospitata al Museo Comunale d’Arte Moderna. La mostra dal titolo Alfabeto Cosmogonico a cura di Alberto Fiz analizza l’intero percorso creativo dell’artista attraverso 40 opere realizzate tra fine degli anni Cinquanta e gli anni Duemila, che documentano le fasi salienti della sua creatività.

Il percorso, suddiviso per aree tematiche, si apre con una sezione dedicata all’architettura e per la prima volta vengono riscostruiti, grazie alla collaborazione con l’Accademia di Architettura di Mendrisio (hanno lavorato su disegni originali),  due progetti concepiti rispettivamente nel 1959 e nel 1965 come le Torri cimiteriali (in questo caso, il cimitero si sviluppa in altezza creando le “Twin Towers per i defunti”, come ha affermato Nanda Vigo) e il Monumento per i morti del Vajont, fondamentali per comprendere la sua ricerca successiva. Una serie di documenti video e fotografici illustrano alcuni dei suoi progetti più famosi come la Zero House (1959-1962), la prima delle sue architetture immersive o Scarabeo sotto la foglia (1965-1968) realizzata con Gio Ponti.

Il pubblico entra quindi in relazione con la sua indagine più famosa, quella della fine degli anni Cinquanta legata alla “cronotopia” che rappresenta la fusione del tempo (cronos) con lo spazio (topos) attraverso la luce. Per realizzare i Cronotopo, Nanda Vigo si serve di forme semplici: una struttura quadrangolare di metallo, entro cui inserisce lastre di vetri industriali che filtrano la luce. Quando questa attraversa i vetri, in maniera differente a seconda del momento della giornata (tempo) e dell’angolo con cui vengono colpiti (spazio), generano sensazioni di mutazioni, impressioni incerte di spazio e luminosità diversamente percepibili, capaci di trasportare il visitatore in un’altra dimensione. In mostra, s’incontrano cinque Cronotopo, oltre all’Ambiente Cronotopico del 1968 di oltre due metri e mezzo che consente di vivere un’esperienza immersiva: “La luce va e non ha dimensione e si può viaggiare lontano”, ha scritto a tal proposito Nanda Vigo che ha sempre concepito la sua ricerca in chiave ambientale.

 Uscendo dalla sala dedicata alla “cronotopia” si entra in uno spazio dove il dinamismo della luce passa attraverso i Deep Space, realizzati tra il 2010 e il 2015, opere radianti o direzionali in vetro specchiato con all’interno una luce blu che richiama una dimensione cosmogonica.

Non manca  una sezione dedicata ai Light Tree (1970-1985) che sviluppano un’innovativa idea di riflessione sullo spazio, dove natura e artificio trovano una nuova dinamica. I Light Tree hanno come riferimento la simbologia dell’albero e, come scrive Nanda Vigo: “radici nella terra, rami verso il cielo, figurazione logica, soprattutto se il ramo apporta la luce la cui propagazione nello spazio ci dà la formulazione matematica, l’unica non relativa”.

Salendo poi al secondo piano, il visitatore incontra la Parete Cronotopica di oltre quattro metri, realizzata per l’occasione, in grado di modificare radicalmente la percezione complessiva del museo. La Parete Cronotopica rimarrà in permanenza al Museo di Ascona arricchendo la sua collezione d’arte contemporanea.  L’opera è stata eseguita in base ai progetti di strutture modulabili di Nanda Vigo che rappresentano un aspetto fondamentale dei suoi interventi architettonici, come dimostra la presenza della Parete Cronotopica nella sua casa milanese e in quasi tutti i suoi lavori fino ai più recenti. E’ poi la volta di  Genesis Light, del 2006 e 2007, opere in cristallo nero e neon rosso che evocano, con infiniti rimandi, il cosmo e la sua simbologia.

In questa ampia disamina sul lavoro di Nanda Vigo la rassegna analizza in maniera approfondita il rapporto profondo che lega l’artista col mondo del design e in quest’occasione viene creato un vero e proprio spazio abitabile dove si ritrovano le sue creazioni più famose, tra cui il Mobile Cronotopo (1974) o la Golden Gate (1969), la sua lampada più celebre con la luce fluorescente che sembra scaturire direttamente dall’acciaio cromato. Tra gli altri oggetti iconici, la Due Più (1971) dove la seduta e gli schienali in pelo di Mongolia appaiono quasi sospesi dalla struttura in tubolare di acciaio o il lampadario Stars Fell on Alabama (2019) che strizza l’occhio alla musica jazz.

Uscendo dallo spazio dedicato al design, lo spettatore si trova di fronte ai Goral (nella filosofia buddista rappresenta la luce della creazione e nella religione ebraica il destino scelto da noi), due imponenti obelischi della contemporaneità realizzati nel 2015 che custodiscono al loro interno segnali luminosi che evocano universi immaginari.

Un percorso circolare, che si conclude con l’opera che ne dà il titolo Alfabeto Cosmogonico (anni ’80) con una serie di strutture trapezoidali di differenti dimensioni ricoperte di specchi. Le opere, in base alla loro disposizione, riflettono l’ambiente circostante che diventa parte integrante dell’installazione creando un linguaggio misterioso. Il meccanismo percettivo è reso esplicito dalla proiezione di Venerezia, Venezia è un’illusione cosmica del 1978, un raro film realizzato da Nanda Vigo che la vede protagonista di una performance, dove elementi specchianti interagiscono sia con l’architettura della città lagunare sia con il suo corpo utilizzando il medesimo linguaggio dell’Alfabeto Cosmogonico.

“L’opera di Nanda Vigo – afferma il curatore – rappresenta per lo spettatore l’occasione di un’esperienza immersiva e totalizzante resa esplicita dal progetto espositivo proposto ad Ascona che consente una serie d’interazioni con le opere. L’artista non crea dogmi ma attiva spazi di libertà dove va incontro a una dimensione impercettibile e imponderabile che sembra connettersi con talune problematiche della filosofia e della scienza”.

La mostra che proseguirà sino al 25 giugno è accompagnata da un catalogo bilingue (italiano e inglese) che contiene un’esauriente documentazione dell’allestimento al Museo con saggi di Ilaria Bignotti, Alberto Fiz, Fulvio Irace, Barbara Könches, Marco Meneguzzo e dell’Archivio Nanda Vigo. Orari al pubblico: martedì-sabato, 10–12;14–17;
domenica e festivi, 10.30 – 12.30; 14-16.

 

Note biografiche

Nanda Vigo con-Lucio-Fontana alla Galleria Vinciana, 1964-ph.-Fabrizio-Garghetti

Nanda Vigo (Milano, 1936–2020) dimostra interesse per l’arte fin da giovanissima quando ha occasione di trascorrere del tempo in compagnia di Filippo de Pisis, amico di famiglia, e di osservare le architetture di Giuseppe Terragni. Dopo essersi laureata all’École polytechnique fédérale di Losanna decide di partire per l’America dove inizia un importante stage a San Francisco. Nel 1959 Vigo apre il proprio atelier a Milano. Dal 1959 frequenta lo studio di Lucio Fontana e si avvicina poi agli artisti che avevano fondato la galleria Azimut a Milano, Piero Manzoni e Enrico Castellani. In quel periodo tra viaggi e mostre in tutta Europa, Vigo conosce gli artisti e i luoghi del movimento ZERO in Germania, Olanda e Francia. Nella sua attività Vigo sviluppa un percorso interdisciplinare tra arte, design e architettura con molteplici progetti. Nel 1959 inizia la progettazione della ZERO House a Milano, terminata nel 1962. Tra il 1964 e il 1966 partecipa ad almeno tredici mostre ZERO e nel 1965 cura la leggendaria mostra ZERO avantgarde nello studio di Lucio Fontana a Milano. Tra il 1965 e il 1968 collabora e crea con Gio Ponti la casa Lo scarabeo sotto la foglia a Malo in provincia di Vicenza. Negli anni Sessanta inoltre lavora e realizza i Cronotopi, dal greco cronos (tempo) e topos (luogo). Nel 1971 viene premiata con il New York Award for Industrial Design per il suo sviluppo delle lampade (lampada Golden Gate) e nello stesso anno realizza uno dei suoi progetti più spettacolari per la Casa Museo Remo Brindisi a Lido di Spina nei pressi di Ferrara. Nel 1976 vince il 1° Premio St. Gobain per il design del vetro. Negli anni Settanta crea la serie di opere dal titolo Trigger of the Space, mentre nel 1980 realizza Alfabeto Cosmogonico. Degli anni Duemila fanno invece parte opere come Genesis, Deep Space e Galactica Sky. Scompare il 16 maggio 2020 a Milano e il 9 settembre le viene assegnato il premio XXVI Compasso d’Oro alla Carriera.

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I volti di donna di Attasit Pokpong https://www.artevarese.com/i-volti-di-donna-di-attasit-pokpong/ https://www.artevarese.com/i-volti-di-donna-di-attasit-pokpong/#respond Thu, 13 Apr 2023 10:25:10 +0000 https://www.artevarese.com/?p=69836 Lugano – L’opera di uno dei maggiori esponenti dell’arte contemporanea thailandese in mostra al Museo delle Culture. Si tratta della personale di Attasit Pokpong (Bangkok, 1977), dal titolo The Presence, curata da Giancarlo Ermotti, Paolo Maiullari e Nora Segreto, che raccoglie 29 dipinti a olio di grandi dimensioni e 22 acquerelli raffiguranti volti di donna. […]

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Lugano – L’opera di uno dei maggiori esponenti dell’arte contemporanea thailandese in mostra al Museo delle Culture. Si tratta della personale di Attasit Pokpong (Bangkok, 1977), dal titolo The Presence, curata da Giancarlo Ermotti, Paolo Maiullari e Nora Segreto, che raccoglie 29 dipinti a olio di grandi dimensioni e 22 acquerelli raffiguranti volti di donna. È questo il soggetto che, dopo la ricognizione sui paesaggi naturali della Thailandia e su quelli urbani di Bangkok, è diventato l’elemento più caratteristico della produzione di Pokpong tra il 2008 e il 2023, nella quale l’artista elabora uno stile tutto personale, diventando anche il precursore di un nuovo modo di proporre il ritratto femminile.

La donna di Attasit Pokpong, i cui lineamenti sono ispirati a quelli della moglie è quasi sempre impassibile, ritratta in primo piano e frontalmente. Il taglio netto dei capelli incornicia il viso, dove si distinguono le labbra dai toni accesi che sottolineano il suo fascino e i tratti orientali dell’ovale rendono il suo sguardo penetrante, capace di comunicare con lo spettatore.

L’artista thailandese definisce il suo lavoro “un’arte della presenza”, dove la mediazione della figura femminile testimonia l’incontro tra le molteplici specificità del mondo.

Il volto femminile è il simbolo assoluto dell’emozione e la forma comunicativa per antonomasia, nonché il veicolo espressivo ideale della sua arte, in quanto capace di affascinare e inquietare il suo mondo interiore, accrescendone le potenzialità creative.

Una delle cifre più riconoscibili del lavoro di Pokpong è anche il colore. Dopo un primo periodo in cui l’impatto dei ritratti di donna era centrato sulle labbra, la vividezza cromatica si è estesa a tutto il volto, fino a impossessarsi della superficie intera della tela nelle opere più recenti. Un tale cambiamento corrisponde a un’espansione dell’indagine dell’artista che, attraverso l’estetica femminile, indaga anche la società contemporanea. Le cromie dei suoi dipinti attingono i significati dai colori della storia, della società, della politica e della cultura sia thailandesi sia del mondo globalizzato, assumendo la funzione di un codice che celebra la diversità e auspica un presente di convivenza rispettosa.

L’artista ha recentemente sperimentato un nuovo registro comunicativo costituito dal riflesso di persone e cose sulle lenti degli occhiali da sole delle sue protagoniste. I soggetti non mostrano solamente la realtà sensibile, ma anche quella interiore, fatta di passato e presente, radici e nuove identità. Attraverso lo specchio Pokpong evoca la società contemporanea, il passato, l’altro, il futuro, il cambiamento e invita lo spettatore a posizionarsi fisicamente dinanzi all’opera e calarsi direttamente nei temi proposti.

La mostra, in calendario sino all’11 giugno è accompagnata da un catalogo in lingua inglese pubblicato dalla Fondazione culture e musei. Orari: lunedì-venerdì, 11-18; sabato e domenica, 10-18. Martedì chiuso

Attasit Pokpong. Note biografiche
Attasit Pokpong è nato a Bangkok nel 1977. Sin da giovane è attirato verso il disegno, che approfondisce frequentando la Rajamangala University of Technology di Bangkok, dove si diploma in Belle arti nel 1998. La sua carriera inizia subito dopo gli studi. Dal 1999 prende parte a numerose mostre collettive e nel 2009, nella capitale thailandese, apre la Magic Gallery al fine di disporre di uno spazio permanente dove presentare i suoi lavori. Dal 2009 in poi espone in numerose mostre personali che lo portano oltre i confini della Thailandia e dell’Asia, in Paesi quali Cambogia, Cina, Corea, Taiwan, Belgio, Francia, Italia e gli Stati Uniti. L’esposizione del MUSEC è la sua prima personale in Svizzera.
Sensibile al riconoscimento di una nuova realtà multiculturale e conscio dell’apporto costruttivo che l’artista può dare all’attuale contesto segnato da molte fragilità, nel 2012 Pokpong ha inaugurato il progetto V64 Art Studio, un punto d’incontro a disposizione della comunità artistica thailandese, un “luogo della creatività” ben visibile e aperto al mondo.

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