L'architetto Mario BottaL'architetto Mario Botta

Un ricordo dovuto – "Oggi siamo tutti un pò più poveri per aver perso una persona su cui potevamo contare", con queste parole esordisce l'architetto svizzero Mario Botta di fronte ad una sala gremita di gente. Il primo ricordo va all'amico di lunga data Giuseppe Panza di Biumo, "vicino anche alla realtà accademica di Mendrisio essendo membro del futuro Museo dell'architettura su cui stiamo lavorando", prosegue Botta. L'architetto è stato introdotto dal giornalista e amico Cesare Chiericati e da Andrea Ciotti, giovane architetto promotore delle iniziative cittadine legate ai Diplomi 2010. Ultimo appuntamento con i grandi nomi dell'architettura contemporanea che hanno coinvolto e affascinato i varesini negli ultimi mesi e che stanno seguendo i gruppi di lavoro nelle aule dell'Accademia: "Gli studenti stanno lavorando tantissimo", ricorda Ciotti. Si è visto poco finora in merito ai progetti studiati su Varese; Botta ha mostrato immagini del grande plastico della città che ne mostra la ricchezza orografia dal lago al Sacro Monte. Mario Botta, oltre ad essere Direttore dell'anno di diploma dirige un gruppo di studenti alla scoperta di Varese e in particolare della zona di Piazza Repubblica.

Il pubblico in salaIl pubblico in sala

Il coraggio delle proprie idee – "Sognatore e pragmatico che sapeva dove era o non era possibile arrivare" dice Botta di Panza. "Quella delle Cappelle del Sacro Monte era stata una proposta interessante quanto problematica: riproponeva il cammino del Rosario in chiave nuova conoscendo il limite per cui il Sacro Monte del Bernascone come lo conosciamo è compiuto. La proposta può avere un significato illuminante in quanto rovescia la linea di forze esistente. Ne ho parlato con Giuseppe Panza di questa idea e anche lui ammetteva di non avere certezze in merito. La trasformazione del territorio è sempre impietosa anche perchè non vince solitamente l'idea più forte ma quella più realista anche quando non è la migliore".

Un giardino o il teatro – L'area con cui si confrontano i giovani guidati da Mario Botta è tra le più discusse dell'intero territorio cittadino. I diplomandi guardano a questa con l'obiettivo di (ri)scoprire una nuova centralità urbana. Una prima planimetria cittadina del 1572, una seconda del 1925 seguite da foto e cartoline storiche della Piazza. Con queste immagini l'architetto Ticinese ha introdotto l'argomento Piazza Repubblica: "Solo le nostre generazioni sono testimoni di una rapidità di trasformazione culturale come quella avvenuta negli ultimi decenni – continua Botta – soprattutto in una zona come questa che fa da collegamento tra il nucleo storico e il colle su cui è sorta l'Università". I 12 studenti dell'atelier stanno elaborando visioni molto personali: "C'è tra loro chi tende alla conservazione dell'esistente, chi propone di consolidare con nuove identità urbane, chi pensa alla realizzazione di un grande giardino". Certo le

I relatori e Laura Gianetti Pres.Ordine Architetti VareseI relatori e Laura Gianetti
Pres.Ordine Architetti Varese

diverse proposte sono tutte possibili in questa fase del progetto anche perchè non devono (fortunatamente) tener conto delle scelte politiche, di costi e di altri limiti esistenti nell'architettura contemporanea. "Il teatro o non teatro, il giardino o altre idee nascono spontaneamente dalla sensibilità dei ragazzi in un ambito come quello della scuola che deve in ogni modo dare degli stimoli", conclude Botta.

Coraggio Varese! – "Varese è una città difficile da connotare, relativamente giovane, che deve cercare dentro sè stessa il futuro. Sono tante le aree obsolete da abbattere o lotizzare per rifare – dichiara Botta – il passato è importante e si deve dove si può tentare di renderlo vivo ancora oggi". L'appello finale va ai colleghi numerosi anche in sala: "Tocca a noi porci il problema della memoria, utilizzarla come denominazione comune con cui fare i conti al di là delle scelte politiche, degli elementi strutturali, tecnici, funzionali. La Terra Madre,

Botta e un'immagine di Piazza RepubblicaBotta e un'immagine
di Piazza Repubblica

coma la Donna Madre di Moore deve alimentare i ragionamenti, dare dei riferimenti con cui dialogare con il passato. Le tracce del tempo, i catasti, le orme lasciate in città ci dovrebbero dire delle cose, aiutarci nella creazione del futuro".

La firma di Botta – Da Bergamo a Seoul l'architetto svizzero ha presentato una serie di progetti recenti. Partendo proprio dal Centro Pastorale Papa Giovanni a Seriate in provincia di Bergamo, alla Scala di Milano, alla Chiesa del Santo Volto di Torino, la Campari di Sesto San Giovanni e oltre confine italiano, la cantina a Château Faugères vicino a Bordeax, il Museo a Charlotte in Nord Carolina e il Museo d'Arte Samsung di Seoul, Corea del Sud. Sono alcuni dettagli, alcuni escamotage che fanno lo stile di Mario Botta, che si leggono in diversi e disparati progetti a distanza di tempo e di kilometri. La luce ricopre un ruolo fondamentale, spesso volutamente lasciata quella zenitale, altre volte come nel caso del Museo di Seoul artificiale e soffusa per motivi di conservazione delle opere esposte. Botta dialoga con le culture in cui si trova a dialogare: colpito dall'enorme crescita di Seoul, da 14 mila e 14 milioni di abitanti dopo il boom dei giochi olimpici degli anni Sessanta si è trovato a realizzare un museo per la storia delle culture asiatiche accanto ad altre due costruzioni alla sua contemporanea simboli di tradizioni e culture differenti dalla nostra.

www.varese110elode.ch