Il dipinto di Otto MonestierIl dipinto di Otto Monestier

La conta dei paesi – Sul sito paesidipinti.it, dei 18 borghi censiti e segnalati in Lombardia, ben sei appartengono alla nostra provincia. In mezzo a questo patrimonio molto poco conosciuto e nella vulgata considerato popolare, un po' pittoresco, quasi folcloristico – e dunque di serie B – spicca Boarezzo. Frazione di Valganna, il piccolo villagio in provincia di Varese se ne stà lì, sul fianco di ponente del monte Piambello.

Le origini del borgo si perdono nella notte dei tempi, forse quando le cime prealpine già nel XVI secolo erano abitate solo da pastori, artigiani e taglialegna. La prima famiglia che si insediò stabilmente a Boarezzo fu quella dei Chini, boscaioli, taglialegna e carbonai, originari della Toscana ed attirati sulle cime di Lombardia dall'abbondanza di legnami. Iniziò così la produzione e la vendita del carbone di legna che, con l'allevamento del bestiame, fu per molti decenni la principale e in alcuni casi la sola attività degli abitanti di Boarezzo.

Più di vent'anni fa – Arrivando ad anni più vicini a noi e precisamente al 1984 quando il pittore varesino Mario Alioli ebbe l'idea di rianimare il borgo con un progetto artistico di recupero della memoria contadina: un percorso di dipinti all'aperto che ancora oggi hanno lo scopo di riportare alla memoria i mestieri e le tradizioni della società montana del luogo. Le opere realizzate vennero incastonate nelle facciate delle cascine e delle case, e Boarezzo divenne un borgo dipinto intitolato a due grandi scultori di Ganna: Giuseppe Grandi e Odoardo Tabacchi.

L'iniziativa risvegliò il paese intero che nel 1988 vide la nascita dell'associazione "Amici di Boarezzo" nata per salvagurdare i valori artisci ed ambientali di quell'angolo di Lombardia. Ed è come se dalle case di Boarezzo si affacciassero il contadino di Ambrosetti, il Vasaio di Consilvio, il boscaiolo e i contadini che mietono il grano dello stesso Alioli. Al ciclo, si aggiungono come in un antico ricettario il pane di Martinelli, la dispensa del contadino di Ambrosini, con pannocchie, castagne e frutti di stagione, ma anche scene religiose e vedute di paesaggi. E tra i tanti autori che hanno popolato delle loro opere il borgo dipinto figura anche Otto Monestier che non ha indietreggiato davanti alla possibilità di citare addirittura il Michelangelo della Sistina.