La contraddittorietà che emerge dopo una più attenta osservazione della tela nella vetrina della deliziosa galleria Les Antiquaires Objects d'Art di Milano è grande: la tigre che ruggisce splendida e minacciosa nel dipinto di un pittore della cerchia di Eugène Delacroix è in verità la rappresentazione di un semplice complemento d'arredo, una pelle adibita a tappeto; forse, più che un esercizio di stile, l'artista con questa metafora visiva ha inteso sottolineare quanta impotenza si cela in realtà dietro alla tracotanza di qualsiasi azione umana. Non è da tralasciare tuttavia, in merito alle fonti di questo dipinto così inconsueto nella sua unicità, il fascino che subì il maestro del Romanticismo francese rispetto ad usi e costumi "barbari", all'indomani del suo viaggio in Nordafrica (1832): Delacroix rimarrà talmente estasiato dalle tradizioni berbere e musulmane, dagli abiti e dai colori di queste terre tanto lontane da farne fonte di ispirazione per molti dei suoi futuri lavori.
Questa e tante altre curiosità potrete divertirvi a decifrare durante la visita a questa esclusiva e moderna wunderkammer milanese.

Tema portante: l'animale, il cui ruolo di co-protagonista è evidente fin dagli albori della nostra tradizione culturale; certo è innegabile, all'interno della gerarchia creazionistica (il riferimento va in particolare al primo libro del Genesi), la posizione subalterna della bestia rispetto all'essere umano, pensante e razionale: tuttavia questo discreto "compagno di Storia" non manca quasi mai di arricchire la rappresentazione della nostra quotidianità, attraverso quelle colorite notazioni iconografiche che dimostrano come l'uomo in fondo l'abbia sempre considerato come un mezzo per esplorare ed appropriarsi della realtà che lo circonda.

Troviamo nei bestiari medievali ma anche nei capolavori di miniatura, nei cammei, negli affreschi o negli arazzi cortesi, una foltissima e minuziosa fauna, legata per lo

più a quei valori araldico-simbolici che aveva il compito di veicolare; la didascalicità dello scopo non può non essere evinta, solo per citare un esempio, dalla rappresentazione del Leone sia nell'iconografia sacra che in quella profana: tra i simboli della resurrezione di Cristo, innegabile allegoria della Forza, del Coraggio, della Fierezza e del Potere ottenuto grazie alla propria levatura morale, esso è anche legato alla ciclicità stagionale nei periodi estivi oppure, questa volta con accezione negativa, alla bestialità e alla furia del demonio.

In tal senso, vorrei segnalare il celeberrimo Ciclo dei Mesi di Palazzo Schifanoia, capolavoro del Rinascimento ferrarese e perfetto collettore di simbologie sedimentate a partire dalla romanità (persino quella "meticciata" dall'influsso orientale) fino, appunto, a questa sorta di paganesimo cortese che ancora si nutre di astrologia, mitologia tardo antica e neoplatonismo.

Il tenore poco ortodosso di certe scelte illustrative incrementa in maniera direttamente proporzionale a seconda della maggiore confidenza che l'uomo acquisisce rispetto al mondo che lo circonda; l'icasticità dalla celebre coppia Arnolfini del fiammingo Van Eyck viene calmierata dal simpatico cagnolino ai loro piedi (simbolo, superfluo ricordarlo, di fedeltà coniugale) mentre all'Annunciazione di Recanati il maestro Lorenzo Lotto conferisce un piglio decisamente antiretorico raffigurando un bruttissimo gatto che fugge all'apparizione dell'Angelo -ancora una volta il Male viene cacciato dalla forza dell'incondizionato Amore Divino.

Soprattutto a partire dal Rinascimento una importante spinta alla rappresentazione della bellezza animale in ambito artistico -e quindi alla loro entrata a pieno diritto nella storia della cultura!- venne data dalla ricerca "protoscientifica" legata al mondo dell'anatomia, della medicina e della zoologia: i prodigiosi disegni

naturalistico-scientifici di Dürer e Leonardo sono i veri precursori dell'illustrazione zoologica moderna che si svilupperà circa due secoli dopo con la classificazione delle specie. Per la prima volta, anche se per puro scopo pratico, l'animale diviene soggetto e non più semplice complemento della rappresentazione, e gli artisti stessi sono chiamati a dare il proprio contributo alla documentazione.

Certo il fascino emanato dalla scoperta di nuove e sconosciute tipologie animali, all'indomani del viaggio di Cristoforo Colombo fino alle esplorazioni darwiniane, non poté non influenzare quei pittori, scultori, orafi e artigiani particolarmente sensibili all'esotismo e propensi ad attribuire nuovi valori semantici a quegli esseri che avrebbero rappresentato le nostre emozioni e le più diverse sfaccettature della nostra anima. Iniziano quindi a fare la propria apparizione uccelli esotici come pappagalli e colibrì, fiere sensuali e misteriose come pantere e tigri piuttosto che elefanti e rettili di ogni tipo.

Il valore talismanico di certi animali non viene tuttavia lasciato da parte: il serpente ad esempio pur portando sulle spalle tutto il peso di una tradizione negativa, non cessa di essere rappresentato nelle opere religiose come simbolo del peccato originale, come emblema della Medicina -la muta della pelle diviene emblema di rinascita e guarigione-, del Tempo che scorre sotto forma di Uroboro, la serpe che inghiotte la propria coda, o cingente il capo degli antichi faraoni in virtù delle sue facoltà intuitive; inoltre la sensualità tentatrice e silenziosa delle sue movenze verrà anche associata al subdolo erotismo femminile di certi capolavori simbolisti di inizio secolo come i ritratti di Franz Von Stuck (vedi "Il Peccato" in particolar modo) o di Gustav Klimt.

Persino in abito decorativo tornerà utile la sinuosità dei suoi movimenti, facilmente adattabili alla fluidità dei canoni Liberty. In questo senso anche la fauna acquatica gioca un ruolo di primo piano: pesci, nereidi, alghe, tritoni, polipi, ippocampi e anguille conferiscono agli oggetti quella freschezza che li rende ancora oggi emblemi di grazia e raffinatezza. L'immagine del pesce in particolar modo nella tradizione occidentale è connessa alla simbologia eucaristica cristiana: basti pensare che, oltre ad esser protagonista di molti episodi narrati nei vangeli, la sua effigie (spesso incisa sulle lampade e sui sigilli rinvenuti nelle catacombe) diviene segno di riconoscimento delle primissime comunità cristiane e che il termine greco per indicare questo

animale, Ichthys, viene considerato acrostico di Iesous Christòs Theou Hyios Soter: "Gesù Cristo Salvatore Figlio di Dio".

Quanto alla bellezza estetica dei felini, essa ci cattura e seduce a tal punto da essere rappresentata, oltre che in dipinti e sculture, anche nei gioielli: a partire dall'Ottocento troviamo infatti una gran quantità di tigri, pantere, leoni appuntati ora al petto ora al collo delle signore. E che dire poi del delizioso scarabeo, portafortuna per eccellenza, auspicio di rinnovamento e rinascita che, a partire dalla campagna d'Egitto di Napoleone (1798- 1802) ma soprattutto all'indomani della sbalorditiva scoperta della tomba di Tutankhamon (1922) è entrato nella storia della gioielleria sotto il segno di Cartier? Non mancano in questo preziosissimo zoo la civetta, attributo di Minerva protettrice delle arti ed emblema di saggezza, la purezza del cigno, la tartaruga simbolo di perseveranza e longevità e l'elefante, foriero di fortuna e leggendario per la sua capacità mnemonica.

Altro valore viene dato alla rappresentazione dell'animale domestico, o meglio, addomesticato dall'uomo stesso: questo assume addirittura un ruolo di famiglio come il cane o il cavallo. Troviamo ad esempio il primo citatissimo nei ritratti ufficiali di nobili e alti notabili: ricordiamo ad esempio l'abilità di Tiziano nell'immortalare Carlo V in compagnia del suo amatissimo levriero, o la grazia enigmatica del Bronzino nel ritratto di Guidobaldo della Rovere con il suo possente molosso: la fedeltà ai propri ideali e la coerenza morale che emerge da questa associazione simbolica, oltre che esplicitare un legame affettivo, riassume anche una condotta politica. Di tono meno ufficiale sono i ritratti in cui è il cane stesso l'unico soggetto, consuetudine aristocratica divenuta addirittura moda a partire dal XVI secolo: nella Francia di Luigi XV il ritratto dei reali compagni era un vero e proprio obbligo per il potente (vedi i cani del pittore di corte Jean-Baptiste Oudry del 1725; egli fu uno tra i più noti pittori animalisti francesi del XVIII secolo, illustratore anche delle Favole di La Fontaine nell'edizione del 1755-1759).

La prima rappresentazione in cui i cani hanno l'esclusiva giunge però relativamente tardi: tra 1548 e 1549 a Jacopo Bassano viene commissionato dal conte Antonio Zantan il ritratto dei suoi due amati bracchi. É il levriero comunque la razza che più volte rispetto a tutte le altre ha avuto l'inconsapevole fortuna di frequentare gli atelier dei migliori artisti; a loro volta tuttavia gli artisti ebbero la fortuna di osservare le bestie più belle del tempo: pensiamo ad esempio agli allevamenti di levrieri russi dei Romanov (sterminati assieme alla famiglia reale durante la Rivoluzione d'Ottobre), o al celebre ritratto del levriero Eos del pittore di corte Edwin Landster, graditissimo dono di Natale da parte della regina Vittoria per il consorte Alberto, nel 1841. Carl Fabergè, gioielliere imperiale di Russia, nel 1907 venne addirittura chiamato dai reali d'Inghilterra per rappresentare tutti gli animali del possedimento di Sandrigham, nel Norfolk. Il risultato sarà la più grande collezione di sculture in pietre dure di Fabergè fino ai giorni nostri, oggi conservata presso le Collezioni Reali inglesi.

I richiami alla tradizione e alla cultura saranno quindi molti e inaspettati; nulla è lasciato al caso in questa inedita esposizione e ogni singolo particolare vi racconterà una grande tradizione di cultura e raffinato artigianato, fatta di gioielli, dipinti, tabacchiere, miniature, bronzi e gioielli.