L'arte è la via privilegiata per la manifestazione del bello, perchè è una comunicazione immediata, limpida, trasparente, che ci permette di risvegliare la nostra coscienza, di suscitare stupore e ci invita ad aprire i nostri orizzonti, culturali e spirituali.
Nella storia della cultura cristiana, la via della bellezza è sempre stata percorsa con sincera partecipazione e profondo senso da tanti artisti e tanti santi, che hanno colto di Dio soprattutto la Bellezza.
Alleanza Cattolica, il cui impegno è caratterizzato dallo studio e diffusione del Magistero e della dottrina sociale della Chiesa, propone questo itinerario della "Via pulchritudinis", con ventidue pannelli che riproducono opere di famosi artisti, commentate con didascalie di Papi, scrittori e artisti.
Il legame tra fede e bellezza, che trova espressione nelle varie forme dell'arte, non può essere considerato accessorio. Come ricordava l'allora Card. Ratzinger nel saggio "Lo spirito della liturgia" la totale assenza di immagini non è conciliabile con la fede nell'incarnazione di Dio. Nel suo agire storico Dio è entrato nel nostro mondo sensibile perché esso divenisse trasparente in ordine a Lui. Il Figlio di Dio ha assunto la natura umana, ha posto la sua dimora nel mondo ed ha superato quella sorta di incomunicabilità ed immette nella storia, per la prima ed unica volta, ciò che l'uomo attendeva per poter approdare ad un rapporto con Dio che fosse coerente con la sua stessa natura.
Nel secolo appena trascorso, gli interventi più incisivi e specifici sul tema del rapporto tra Chiesa, arte e artisti appartengono al Magistero di Paolo VI. Il 7 maggio del 1964 Paolo VI incontra gli artisti nella Cappella Sistina, e nel celebre discorso che rivolge loro traccia le linee essenziali e paradigmatiche di una autentica alleanza, anzi di una vera amicizia, che deve rinnovarsi e rinvigorirsi con il contributo di entrambe le parti, senza celare i problemi e gli ostacoli che hanno in qualche modo rallentato o bloccato il dialogo. Cuore del discorso è la volontà di "ristabilire l'amicizia tra la Chiesa e gli artisti", amicizia "guastata" da entrambe le parti, sia col ricorrere ad un'arte staccata dalla vita, e ancor più dall'esperienza religiosa, e resasi quasi incomprensibile; sia con il pretendere l'assuefazione a cliché e modelli "di pochi pregi e di poca spesa". "Noi dobbiamo ritornare alleati", dice il papa agli artisti, affermando senza remore "Noi abbiamo bisogno di voi. Il Nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione". Come già in precedenza, Paolo VI ribadisce che quello dell'artista è un vero ministero, che per certi versi si affianca e quasi si fonde con lo stesso ministero sacerdotale. Il Pontefice giunge fino ad affermare che si dovrebbe "far coincidere il sacerdozio con l'arte". Per rifare la pace e ritornare amici, Paolo VI propone agli artisti due binari di collaborazione, su cui camminare insieme: la catechesi, in cui la comunità cristiana rende partecipi gli artisti della sua esperienza di fede, del suo itinerario spirituale; e il laboratorio, in cui l'abilità e la genialità dell'artista si confrontano con la materia e con le esigenze e finalità dell'opera da realizzare.
La riflessione e l'appello di Paolo VI ritornano a risuonare nel Messaggio finale che il Pontefice, a chiusura del Concilio Vaticano II, rivolge agli artisti, l'8 dicembre del 1965. Con accorate espressioni il Pontefice ribadisce i punti fermi del discorso della Sistina: "Se voi siete gli amici della vera arte, voi siete nostri amici!… Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi… Non lasciate che si rompa un'alleanza tanto feconda!… Ricordatevi che siete custodi della bellezza nel mondo". Nel Messaggio troviamo, poi, quelle espressioni divenute celebri e quanto mai attuali: "Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia nel cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell'ammirazione".
Con Giovanni Paolo II sale sulla Cattedra di Pietro non solo un filosofo e teologo, ma anche un artista, poeta e drammaturgo, che ha sperimentato e promosso la sintonia tra via veritatis e via pulchritudinis. In occasione del Dodicesimo Centenario del II Concilio di Nicea, dedicato alla controversia sulle immagini, scrive nel 1987 la Lettera Apostolica Duodecimum saeculum, purtroppo poco conosciuta, sia per ribadire la legittimità delle immagini e della loro venerazione sia per riaffermare il valore dell'arte per la Chiesa e la sua missione evangelizzatrice. Avendo profondamente a cuore il dialogo tra la Chiesa e il mondo delle arti, rilancia l'alleanza, già sostenuta e promossa da Paolo VI, con un documento del tutto originale, unico nel suo genere, la Lettera agli Artisti, che porta la significativa data della Pasqua di Risurrezione del 1999, alla vigilia del grande Giubileo del 2000. Giovanni Paolo II dapprima definisce l'artista "immagine di Dio Creatore", dell'Artista Divino, quindi motiva l'essenza dell'arte cristiana a partire dal mistero del Verbo Incarnato e incoraggia gli artisti ad accogliere in abbondanza "il dono di quelle ispirazioni creative da cui prende inizio ogni autentica opera d'arte", e che viene elargito dallo Spirito, "il misterioso artista dell'universo". Il punto nevralgico della Lettera è costituito dai paragrafi (nn. 10-13) in cui, riprendendo il Magistero di Paolo VI e del Concilio, Giovanni Paolo II propone un rinnovato dialogo, che non può che partire da una affermazione "La Chiesa ha bisogno dell'arte", e da un interrogativo: "L'arte ha bisogno della chiesa?". La comunità cristiana, pertanto, continua a nutrire "un grande apprezzamento per il valore dell'arte come tale. Questa, infatti, quando è autentica, ha un'intima affinità con il mondo della fede, sicché, persino nelle condizioni di maggior distacco della cultura dalla Chiesa, proprio l'arte continua a costituire una sorte di ponte gettato verso l'esperienza religiosa".
Il documento si conclude con un vigoroso appello agli artisti, chiamati ad essere responsabili dei talenti ricevuti: "La bellezza che trasmetterete alle generazioni di domani sia tale da destare in esse lo stupore!". E' un vero inno alla bellezza il brano conclusivo: "La bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente. E' invito a gustare la vita e a sognare il futuro. Per questo la bellezza delle cose create non può appagare, e suscita quell'arcana nostalgia di Dio che un innamorato del bello come sant'Agostino ha saputo interpretare con accenti ineguagliabili".
Filo conduttore di tutta la mostra è il riferimento alla bellezza pressoché costante nell'illuminante Magistero di Benedetto XVI. Già nell'Omelia pronunciata nella celebrazione per l'inizio del Ministero Petrino, il 24 aprile del 2005, Benedetto XVI si rivolge alla Chiesa e al mondo intero, e soprattutto ai giovani, con un appello forte e accorato, in cui coniuga due termini che ricorrono continuamente nel suo Magistero: bellezza e amicizia, i quali hanno come termine ultimo e di confronto definitivo Cristo stesso: "Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l'amicizia con Lui… Solo in quell'amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quell'amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera".
Ma è soprattutto nel memorabile Discorso rivolto, il 21 novembre 2009, agli Artisti radunati nella Cappella Sistina, appartenenti a tutte le arti e provenienti da tutto il mondo, che Benedetto XVI tratta ampiamente il tema della bellezza. Rievocando l'incontro di Paolo VI con gli artisti (7 maggio 1964), e ricordando il decennale della Lettera agli Artisti di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha proposto una approfondita riflessione sulla bellezza e sul suo rapporto con l'esperienza di fede: "La bellezza… proprio per la sua caratteristica di aprire e allargare gli orizzonti della coscienza umana, di rimandarla oltre se stessa, di affacciarla sull'abisso dell'Infinito, può diventare una via verso il Trascendente, verso il Mistero ultimo, verso Dio. L'arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta con i grandi interrogativi dell'esistenza, con i temi fondamentali da cui deriva il senso del vivere, può assumere una valenza religiosa e trasformarsi in un percorso di profonda riflessione interiore e di spiritualità… Si parla, in proposito, di una via pulchritudinis, una via della bellezza che costituisce al tempo stesso un percorso artistico, estetico, e un itinerario di fede, di ricerca teologica".
E con un accorato appello rivolto agli artisti affinché percorrano, insieme ai credenti, la via della bellezza, si conclude il Discorso: "Voi siete custodi della bellezza… Siate perciò grati dei doni ricevuti e pienamente consapevoli della grande responsabilità di comunicare la bellezza, di far comunicare nella bellezza e attraverso la bellezza! Siate anche voi, attraverso la vostra arte, annunciatori e testimoni di speranza per l'umanità! E non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza, di dialogare con i credenti, con chi, come voi, si sente pellegrino nel mondo e nella storia verso la Bellezza infinita! La fede non toglie nulla al vostro genio, alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre, li incoraggia a varcare la soglia e a contemplare con occhi affascinati e commossi la méta ultima e definitiva, il sole senza tramonto che illumina e fa bello il presente".
Dunque non ci resta che partire dal bello, come scossa, perché il bello tocca direttamente il cuore delle persone, come un dardo che arriva dritta al cuore, risvegliando la nostalgia per il bello.
La mostra si terrà dal 01/02/06 al 15/02/16 presso la camera di commercio di Varese.
Orari: 10:00 – 12:00 / 15:00 – 18:00 dal lunedì alla domenica
E' possibile prenotare delle visite guidate alla mostra sia al mattino che al pomeriggio telefonando a Franco Bruschi cell. 3356845521.