Molini come si presentano oggiMolini come si presentano oggi

Quando a Busto si faceva il grano – Situato tra via Alberto da Giussano e viale Luigi Cadorna, il complesso degli ex molini Marzoli Massari rappresenta uno dei più significativi esemplari di archeologia industriale a Busto Arsizio. Non a caso, gli ex-molini costituiscono l'opera più imponente progettata dal più prolifico tra gli architetti operanti a Busto Arsizio all'inizio del novecento: Silvio Gambini. La realizzazione di questo edificio lo vede impegnato per un periodo di tempo abbastanza lungo, dal 1906 al 1927.Costituito da diversi edifici realizzati in tempi diversi, questo complesso costituiva la sede bustese della ditta Marzoli-Massari, già operante a Varese dal 1897, ed anche l'unico stabilimento per la lavorazione del grano a Busto Arsizio (studiato per una potenzialità di 500 quintali di frumento

In una foto del 1910-20In una foto del 1910-20

al giorno), ove avveniva l'intero processo della lavorazione del cerale.

Un liberty equilibrato – Nella fase iniziale del progetto Silvio Gambini è ancora occupato presso lo studio dell'ing. Guazzoni, prima di rendersi indipendente del punto di vista dell'esercizio professionale. I molini Marzoli si inseriscono nel periodo di forte adesione al verbo liberty, sotto l'influsso del maestro milanese Giuseppe Sommaruga, come dimostra la demolita casa Rena in piazza Garibaldi realizzata sempre a Busto Arsizio negli stessi anni. Così scrive Pacciarotti: " Negli immensi silos l'intervento è qualificante proprio nella misura in cui cerca – e trova –  un equilibrio tra funzionalità ed espressività estetica. Alla sobrietà del linguaggio che caratterizza le parti decorative in cemento fanno da spericolato contraltare i numerosi ed elegantissimi ferri battuti, disegnati dal Gambini (ma non sappiamo da chi realizzati) con un'inventività molto vicina a quella dell'amico Alessandro Mazzucotelli".   

Particolare delle decorazioniParticolare delle decorazioni

Funzione e forma – Il complesso è ubicato poco oltre il limite del centro storico ed era all'epoca affacciato alla ferrovia, prima che il suo tracciato venisse spostato. L'edificio costituisce un esempio della terza fase delle tipologie architettoniche produttive che hanno fatto la storia dell'industrializzazione italiana. È la fase cui appartiene anche la Birreria Poretti di Varese (1910) e dove è chiaramente posto il problema tra funzione e forma (Magini). Cessata l'attività nei primi anni '60, il complesso bustocco fu acquistato dal Comune nel 1985. A partire dal 1995 l'edificio è stato sottoposto ad un vasto programma di restauri ed è stato riconsegnato alla città nel 2000 e adibito a sede del Polo Tecnologico Lombardo e di alcune facoltà dell'Università Insubria.