Il terzo dialogo proposto da Brera nasconde un "giallo poliziesco". Non si tratta di un vero e proprio dialogo tra capolavori dello stesso soggetto, come è già successo per Perugino e Raffaello, a marzo, e Mantegna e Carracci, a giugno, quanto di un confronto diretto che dovrebbe fare un po' più di luce sul mistero di un'opera.
L'opera in questione è "Giuditta taglia la testa di Oloferne", comparsa nel corso di un restauro, nel 2014, presso una collezione privata di Tolosa, che, con non pochi contrasti, verrebbe attribuita a Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio.

Da rilevare che tale attribuzione era subordinata alla concessione del prestito, mentre l'opera è stata vincolata dallo Stato francese per tre anni, in attesa di poterla acquistare.

Per compiere tale confronto – con finalità scientifiche e conoscitive – il Direttore Generale di Brera, James M. Bradburne, ha deciso di esporre accanto a questo lavoro una tela di identico soggetto, conservata a Palazzo Zavallos Stigliano di Napoli, attribuita a Luois Finson, mettendole a confronto con la "Cena in Emmaus", della Pinacoteca milanese, sicuramente del Caravaggio, e altre tre opere: due ritraggono "Maddalena in estasi", variamente attribuite a Caravaggio e al pittore francese, e "Sansone e Dalila", sicuramente di Luois Finson. Il quale, oltre ad essere pittore, era un mercante d'arte, particolare da non sottovalutare.
Non è una licenza giornalistica la definizione di "giallo poliziesco" che abbiamo usato sopra, in relazione all'attribuzione a Caravaggio dell'opera scoperta recentemente a Tolosa. E' proprio il termine che ha utilizzato anche il critico d'arte, Nicola Spinosa. E non è detto – sono sue parole – che se ne possa venire a capo. Le indicazioni fornite dallo studioso convincono fino a un certo punto, e lui stesso, su certi aspetti resta piuttosto perplesso.
Diamo solo qualche accenno. Lo stile di stesura dell'opera, pennellate rapide e ridotta intensità materica, pare caravaggesco. Pochi sono i pentimenti, cioè le correzioni dell'Artista, e notevole il livello qualitativo complessivo della composizione (ad esempio, i particolari del drappo rosso della tenda, il modellato della figura di Oloferne, la posizione della mano destra, ecc.) rispetto alla copia di Palazzo Zavallos Stigliano.
Naturalmente, lo studioso porta a conferma della sua tesi anche documenti e una serie di lettere che testimonierebbero come la "Giuditta", insieme a un altro dipinto, la "Madonna del Rosario", opere di Caravaggio, furono messe in vendita a Napoli, prima che l'artista se ne partisse per Malta.
La diversa atmosfera dell'opera, rispetto allo stesso soggetto che Caravaggio aveva dipinto qualche anno prima (opera ora conservata a Palazzo Barberini a Roma), sarebbe da attribuire a una più sofferta e drammatica visione della vita e del "fare pittura", dopo i diversi travagli personali, compreso l'assassinio, in cui venne coinvolto.
Un'attribuzione sicura, insomma, non sarà mai possibile, e anche il museo non si assume alcuna responsabilità della sua paternità. La ricerca, lo studio, il confronto attento, anche con l'aiuto degli occhi più "vergini" dei visitatori meno esperti può, forse, far cogliere aspetti sfuggiti a tutti.

Tra le varie iniziative, Brera ha preparato anche un sondaggio per raccogliere le opinioni di chi visiterà queste sale che potrà dire la sua sull'autore dell'opera. Ma le occasioni per sensibilizzare il pubblico su questi temi sono diverse, compreso un concorso fotografico sul "Chiaroscuro", sulla falsariga dello stile di luce e ombre del pittore, immaginando cosa farebbe Caravaggio se disponesse di una macchina fotografica.

Contestualmente a questa operazione, sarà previsto un riallestimento delle sale (nel 2016, ne sono state rinnovate 20) sempre con l'obiettivo di emozionare il visitatore, di renderlo attivo nella fruizione delle opere, pronto a fare esperienza con animo sempre più disponibile e ricettivo.
Alla presentazione, tra gli altri, è intervenuto anche il critico d'arte Philippe Daverio che ha sottolineato l'importanza dell'acquisto di un'opera come "La cena in Emmaus", avvenuta nel 1939, ad opera degli Amici di Brera, che segue un altro acquisto importante di vent'anni prima ("Il quarto Stato" di Pellizza da Volpedo) e precede quello della "Pietà Rondanini", agli inizi degli anni Cinquanta. Tutti capolavori che hanno arricchito la città.

Pur avendo, in passato, criticato la scelta del Ministro Franceschini di affidare a manager stranieri la gestione dei musei italiani, Daverio riconosce al Direttore Bradburne il merito di avere rinnovato l'immagine del museo, non più "scatola chiusa", allo scopo conservativo, ma strumento vivo, dinamico, di partecipazione, di interconnessione culturale tra società e istituzioni; museo che diventa laboratorio dove si elabora e si condivide il pensiero, tra conoscenza e sensibilità.

Con l'occasione, Skira ha realizzato il volume "Attorno a Caravaggio. Una questione di attribuzione. Terzo dialogo", 16,5×24 cm, 112 pagine, €17,00. L'opera contiene un dialogo a cura di Nicola Spinosa e il catalogo a cura di James M. Bradburne.
Pinacoteca di Brera, via Brera 28,
Milano – Martedì, mercoledì, giovedì, venerdì sabato e domenica 8,30 -19,15. Il giovedì l'orario è prolungato fino alle 22,15. Chiuso il lunedì.