Dopo le pietre, le fondamenta. Dopo lo sciamano nella foresta, il buon mercante prudente che fa cultura.
L'anima di Villa Panza, già di suo scissa tra civiltà settecentesca e le aniconiche immagine della contemporaneità, anche ora nelle mani rassicuranti del Fai, ondeggia tra diversi opposti.

Sul colle di Biumo sono ancora visibili le naturali realizzazioni dell'inglese Richard Long, pietre o legni, frutto di solitarie e “sapienziali” camminate solitarie; e già intanto si annuncia per ottobre l'apertura di una mostra che rilancia l'arte italiana nelle grammatiche di inizio secolo, i suoi  "programmi", le sue fondamenta, per l'appunto.

Claudia Gian Ferrari, erede di una celebre galleria milanese, eletta da poco "regina degli archivi degli artisti", dona recentemente al Fai – la trattativa è avviata dal 1994 – la collezione famigliare d'arte storica del '900. Un'autentica lectio magistralis di storia dell'arte che circumnaviga quanto di meglio è stato pensato e prodotto nei primi decenni del secolo nel nostro paese da artisti di cui basti citare alcuni nomi: Balla, Sironi, De Chirico, Carrà, Morandi, Marini, Campigli, Funi, De Pisis, Severini, Wildt.

Beneficiaria del gesto munifico è la altrettanto sontusa Villa Necchi Campiglio
, alto borghese residenza in via Mozart, quartiere residenziale di Milano, firmata dall'architetto Pietro Portaluppi, i cui lavori di recupero termineranno solo a fine 2007.

Il Conte Panza e il Fai colgono al volo l'occasione e dopo Dan Flavin, Lawrence Carroll, la parentesi sul Futurismo, e Richard Long, nelle scuderie sul colle di Biumo ritorna la buona arte italiana d'anteguerra. Ritorna, soprattutto, la cultura della prudenza e della lungimiranza del buon mercante, la cultura accorta dell'appassionato, la sensibilità da compagno di strada dell'artista, le prodezze e l'acume, così come talvolta quella pulsione incontrollabile  che esistono nel mondo dei conoscitori dell'arte come in qualsiasi altra disciplina.

In attesa che la villa milanese si renda definitivamente disponibile, quella varesina si presta alla momentanea ospitalità. Unendo così in un suggestivo mixage un plurimo incrocio di destini: quello del conte che è stato un collezionista d'antan che ha sfidato a suo modo il suo tempo togliendosi qualche sfizio.

Quello di Ettore Gian Ferrari, gallerista a Milano dal 1936 e di sua figlia Claudia che ne ha raccolta l'eredità e che di quel collezionismo accorto non speculativo ne hanno fatto ragione e sentimento, cultura umanistica e imprenditoriale.
In embrambi i casi con una uguale confluenza verso l'approdo colto e intelligente del Fai.

I naturisti, p. MarussigI naturisti, p. Marussig

“Collezioni Collezionismi Collezionisti”, non a caso è il nome del triennale progetto coltivato dal Fondo per l'Ambiente Italiano. Impegnativo, non episodico.
Raccontare la storia dell'arte attraverso le vicende delle grandi raccolte, ma ancor meglio attraverso le voci di chi quelle raccolte che le ha messe insieme, le ha cercate e le ha cresciute, con gusto, passione, ironie e intelligenze.

Saranno una quarantina le opere che verranno esposte nelle scuderie ridisegnate all'inizio del 2000 da Gae Aulenti. Tra queste la Famiglia del Pescatore di Mario Sironi, una rarissima Compenetrazione iridescente di Giacomo Balla, la celebre Amante morta di Arturo Martini, insieme ad altre opere che rientrano da sempre stabilmente nel catalogo delle ricerche dei Gian Ferrari.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo scientifico delle opere edito da Skira con un saggio di Giuseppe Panza di Biumo, un contributo di Antonello Negri e un’intervista di Francesca Bonazzoli a Claudia Gian Ferrari.