Nella settimana in cui si è riaperta la ferita per la ormai certa fuga a Roma della collezione Pellin, continua ad alimentare il dibattito l'altra celebre Fuga di Guttuso, quella lungo la Via Sacra del Sacro Monte, da tempo tornata ad essere oggetto di attenzioni per le sue sempre più precarie condizioni di salute.
A rilanciare una nuova ipotesi di ripristino e di salvaguardia del prezioso bene, è Luigi Barion, già gallerista, esperto, d'arte, dai microfoni del telegiornale di Rete 55. Un'ipotesi nata dall'osservazione diretta e attenta dell'opera, dalla constatazione dei tempi che si allungano eccessivamente, dalle indecisioni che sembrano bloccare gli enti preposti all'agire, la Fondazione Paolo VI, da un lato, e la Sovrintendenza dall'altro. "La Sovrintendenza non è il Vangelo – esordisce Barion – e non si comprende questa insistenza sulla necessità di affidare l'incarico ad un restauratore lombardo quando l'assistente di Guttuso, colui che di fatto ha messo mano originariamente al dipinto si è dichiarato disponibile al restauro".
L'ex direttore di La 6 si riferisce al romano Amedeo Brogli che, anche di recente dalle colonne del quotidiano locale La Prealpina, ha ribadito la sua disponibilità a tornare al capezzale dell'illustre malato. Ma, attenzione, continua Barion, anche se non fosse il Brogli "ritengo che in provincia di Varese operino almeno tre professionisti in grado di intervenire e di riparare i gonfiori, le crepe e le incrostazioni che minacciano il dipinto"
La consapevolezza dell'urgenza dell'intervento e di un intervento che sia in qualche modo definitivo da il là alla proposta del critico d'arte. La Fuga in Egitto che Guttuso dipinse per volontà di Monsignor Pasquale Macchi nel 1983 va posta sotto vuoto, collocata tra due lastre di cristallo, "prosciugata" dall'aria, sottratta alle minacce dell'umidità.
Una soluzione quella della protezione totale tra due lastre, già sperimentata dallo stesso Barion molti anni fa a Gavirate con una Madonna dipinta da Alfio Palo Graziani per una edicola sacra eretta lungo la strada di Armino. Una soluzione che ha consentito alla stessa di conservarsi esattamente nelle medesime condizioni di allora.
"Dopo il restauro, che va fatto – prosegue Barion, ritornando a Guttuso – mi sembra la soluzione più ottimale, definitiva, con costi sicuramente inferiori a quelli di altri interventi ipotizzati per la conservazione del dipinto ad acrilico. E più coerente con il progetto di Monsignor Macchi che proprio in quel specifico luogo della Via Sacra aveva voluto il contributo di uno dei massimi artisti del Novecento".
L'ipotesi tuttavia non sembra convincere la Sovrintendenza che resta invece in attesa di serie termografie del dipinto e di approfondite analisti stratigrafiche della pellicola pittorica sottoposta negli anni anche a pesanti interventi. E ribadisce i punti fermi del suo operare: la conservazione del contesto storico-artistico del viale delle Cappelle, in primo luogo; e in seconda analisi, l'intervento diretto solo ed esclusivamente sul dipinto ad opera di restauratori di provata esperienza specifica, come previsto dal nuove Codice Urbani.