Pianta generale dello scavoPianta generale dello scavo

L'archeologia a volte spunta nelle città come un fungo, durante normali lavori edilizi ecco comparire un pezzo del passato. Così nel 1999 accadde a Como, all'incrocio tra viale Varese e via Benzi, dove emerse un vastissimo sito, ampio circa 6000 mq. Eventi di questo tipo comportano cambiamenti in corsa dei programmi di cantiere, prevedendo sia l'intervento degli archeologi, sia la normale prosecuzioni delle attività edilizie.

La falda – Nel caso di Como, oltre a tutto, un altro problema era dato dalla falda acquifera, che copriva i resti archeologici, e metteva in pericolo la stabilità delle paratie. Per questo in corsa si decise un cambio di progetto, si rinunciò ad un piano del posteggio, in modo da conservare intatte, coperte dalle acque, le strutture archeologiche.

Lo scavo – 
Prima di chiudere per sempre i resti archeologici si decise di effettuare un preciso scavo stratigrafico, che permise di evidenziare un quartiere della Como antica, lungo un arco cronologico compreso fra il I e il IV secolo dopo Cristo.

La topografia del sito – L'area scavata si trovava nella zona extraurbana di Como, ad occidente, dove scorreva un asse viario, prosecuzione di strade urbane, in direzione della Via Regina e del torrente del Cosia, oggi incanalato.

La fase più antica, la necropoli – 
Lungo l'asse viario, in età imperiale, fra I e II secolo d.C., si sviluppò una

Ricostruzione grafica della mansioRicostruzione grafica della mansio

necropoli caratterizzata da strutture familiari, probabilmente di un certo rilievo. Fra questi si distingue un grande recinto rettangolare, composto da lastre di granito, suddiviso in sei loculi.

Fase due, la
mansio. A partire dal II secolo, la necropoli venne progressivamente abbandonata e vi costruirono una mansio, cioè un luogo di sosta per viaggiatori.
Spesso questi edifici davano sulla strada, erano costruiti in legno intonacato. Addirittura sulla facciata poteva essere dipinta una insegna con il nome dell'albergo e del proprietario, e spazio era riservato anche agli annunci pubblicitari. La struttura comasca era predisposta alla preparazione dei cibi, come testimonierebbero, nella cucina, un focolare in laterizi, e due mortai posti sul pavimento.

Non solo cibo – 
Non poteva mancare la sala da pranzo, spazio ampio, per consumare il pranzo, ma anche per bere e giocare a dadi. Inoltre, tramite un corridoio, si accedeva alle stanze da letto, piccoli cubicola, probabilmente semplicemente arredati in legno, riscaldati da bracieri, posti su ripiani, individuati negli angoli di alcuni ambienti. Una zona aperta nel cortile occidentale era probabilmente destinata al riposo degli animali.

Un'occhiata in cucina – 
Uno degli ambienti meglio conservato è senza dubbio la cucina, che fu sigillata dal crollo del tetto, in seguito a un incendio e quindi si presenta come uno straordinario spaccato di vita quotidiana. In particolare erano presenti oggetti in metallo, come uno spiedo per cuocere le carni e una graticola, oggetto così raro che trova confronti nelle città vesuviane e in un relitto di nave ritrovata a Comacchio. Non mancano poi falcetti, cesoie, vanghe, zappette, probabilmente usati per la manutenzione di siepi e viti, o più in generale per attività agricolo-pastorali.

Il grande edificio – 
Fra I e II secolo dopo Cristo si data la costruzione di un grande edificio qualificante l'area, di forma quadrangolare, la cui funzione non è ancora chiara, ma sicuramente pubblica. Larghezza di 66 metri, cortile interno di 46, portico colonnato lungo 11 metri: pochi numeri ad indicare la vastità del complesso. Due corridoi immettevano in ambienti quadrati, mentre nel cortile è ipotizzabile un ciclo di statue, di cui rimangono i basamenti.

Una biblioteca?
Parecchi sono i dubbi relativi alla identificazione, ma una suggestione rimanda a Plinio il Giovane che, come sappiamo dal suo testamento, donò

Como, ricostruzione grafica della bibliotecaComo, ricostruzione grafica
della biblioteca

alla città una biblioteca, che gli costò oltre un milione di sesterzi. Infatti l'edificio ricorda per la forma delle grandi biblioteche dell'antichità, come Atene o Efeso: ma rimangono solo le fondazioni per cui non sono visibili gli elementi tipici delle biblioteche, come le nicchie e le banchine.

Alla ricerca dei
Comenses. Sono ancora una volta le analisi antropologiche e mediche a dare informazioni utili sugli antichi Comaschi. La popolazione delle necropoli era mista, uomini e donne alti all'incirca 1,60-1,70 metri, altezza maggiore rispetto alla media dell'epoca romana. Costituzione robusta, di tipo mediterraneo, probabilmente anche imparentati tra loro, come lascerebbero intendere alcune malformazioni ossee, forse genetiche. Il loro stato di salute era buono, con però carenze alimentarie, visibili dai denti: si mangiavano molti cereali, ma poca carne, frutta e verdura.

I traumi – 
Un elemento interessante è dato dai traumi: gli uomini in particolare presentano segni di attività fisiche, come lussazioni, fratture, probabilmente dovute ad attività militari.

Un po' di magia – 
Una delle sepolture, la tomba 15, conteneva una laminetta in oro, arrotolata. Si trattava di un amuleto, indossato per sfuggire malattie, malocchio e demoni. È incisa con segni, simboli che raffigurano le divinità. In particolare ne sono identificabili alcuni, come la potenza del Dio ebraico, la croce, il simbolo di Helios. Uno spaccato della Como antica, della vita quotidiana, fatta di viaggiatori che si fermano stanchi alla mansio, di libri racchiusi in una biblioteca e di defunti con la pratica della magia.