Ceramica a vernice e nera e sigillata da LegnanoCeramica a vernice e nera e sigillata da Legnano

Si comincia dalla definizione – Con ceramica fine da mensa si intendono quei vasi usati a tavola, non in cucina sul fuoco, caratterizzati da un certa gradevolezza per le decorazioni e da una argilla pura, separata cioè dalle impurità che si possono ritrovare in natura. La loro produzione in Lombardia inizia dal I sec. a.C., per poi avere una grande diffusione dal I sec. d.C. con differenti tipologie. Fra queste, attestate nel nostro territorio e visibili nello stesso museo di Arsago, sono le vernici nere, così definite dal colore del rivestimento, ottenuto immergendo l'oggetto in argilla liquida a cui seguiva una cottura in ambiente privo di ossigeno. Curiosamente le botteghe di questa tipologia ad un certo punto cambiarono produzione, introducendo ceramiche dal colore rosso, ottenuto in fornaci con aggiunta di ossigeno: sono definite sigillate, cioè vasi a cui erano applicate decorazioni. Spesso i vasai firmavano i propri vasi, applicando un bollo,un timbro con il nome personale.

Pareti sottili, sottili – Importanti sono le pareti sottili, così chiamate per le misure limitate dello spessore: si tratta soprattutto di bicchieri, coppette, di diverse forme, che presentano una decorazione varia, incisa o applicata.

Vasi portafortuna? Un posto particolare è occupato dai vasi cosiddetti antropoprosopi, cioè che sono decorati con la figura di un viso umano, un po' grottesco, addirittura a volte con un buco alle orecchie per orecchini metallici. Solitamente considerati vasi funerari, sono stati ritrovati anche in contesti abitativi. Probabilmente avevano una valore apotropaico e godettero, per questo, di una notevole fortuna.

La ceramica a matrice – Esistevano anche bicchieri

Vaso antropoprosopoVaso antropoprosopo

realizzati a matrice, cioè all'interno di stampi. Una famosa produzione è quella di Aco, imprenditore ante litteram che, secondo alcuni studi, aveva una serie di filiali: un primo caso di produzione seriale.

Parlare di ceramica, come ha sottolineato la dott.ssa Patrizia Cattaneo, non significa solamente parlare di forme e tipologie, ma soprattutto riflettere sugli usi degli oggetti, sulla loro frequente doppia vita, nei banchetti dei vivi prima, nelle tombe e nei riti funerari poi.

Il banchetto fra Lucullo e Trimalcione. La parola "banchetto", soprattutto di epoca romana, riporta alla memoria le scene che ci ha tramandato la letteratura latina, dei banchetti scenografici e lussuosi di Trimalcione, con grandi quantità di portate, giochi, spettacoli teatrali. Ma esisteva anche una alimentazione più semplice, di tutti i giorni, della vita quotidiana, fatta di cereali, verdure, uova, fortemente proteica.

Quando e dove?
I Romani mangiavano tre volte al giorno: iniziavano con una colazione semplice, poi un veloce pranzo, spesso consumato in piedi, nelle antenate delle attuali tavole calde. Infine la cena vera e propria, a metà pomeriggio, quando era ancora chiaro. Per le cene importanti, ecco che era allestito il triclinio, cioè una sala con tre letti, perché i Romani, ad imitazione dei Greci, amavano mangiare sdraiati: in questa stanza stavano al massimo nove invitati, mentre gli altri erano sistemati nei porticati della casa o nei giardini.

Coena prima e coena secunda. Solitamente la cena era composta da più portate, prima gli antipasti poi il piatto

Vaso in argento decorato con scheletri, da BoscorealeVaso in argento decorato con
scheletri, da Boscoreale

forte, ad esempio la carne. La seconda parte della cena era l'occasione per gustare il vino e brindare in compagnia, spesso accompagnandolo a dolci molto piccanti.

Solo per uomini – Il vino era bevuto annacquato, oppure addolcito con miele, si distinguevano vini bianchi e neri. Ma era un bene per pochi, le donne per esempio ne erano escluse. Esisteva addirittura dai tempi di Romolo lo ius osculi, cioè il diritto del bacio, con il quale si poteva controllare se la donna avesse bevuto e, nel caso fosse stata scoperta ubriaca, la punizione sarebbe stata la morte.

Banchetto e morte – I vasi in argento di Boscoreale sono decorati da scheletri. Questo perché con il tempo il legame fra morte e banchetto si fa insistente. Lo stesso Apicio, secondo la tradizione cuoco e autore del più famoso ricettario del mondo latino, si suicidò. Tradizioni a parte, il legame fra cibo e morte è sentito: Dioniso, dio del vino, è rappresentato anche nelle scene funebri e dalle sepolture proviene una grande quantità di ceramica. Infatti il rito del funerale prevedeva l'offerta di cibo al defunto, un vero e proprio banchetto, testimoniato, ad Arsago Seprio, da del pane conservato in un tegame.
Ecco quindi come quegli oggetti che popolano i nostri musei si caricano di un significato diverso, e riescono a raccontarci riti, credenze abitudini, che oggi, a distanza di secoli spesso abbiamo perso, ma che sono stati creati da uomini come noi.