Duomo Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/tag/duomo/ L'arte della provincia di Varese. Wed, 02 Oct 2019 10:21:31 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.4 https://www.artevarese.com/wp-content/uploads/2017/05/cropped-logo-1-150x150.png Duomo Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/tag/duomo/ 32 32 1875: che ci fa Rimbaud a Milano? https://www.artevarese.com/1875-che-ci-fa-rimbaud-a-milano/ https://www.artevarese.com/1875-che-ci-fa-rimbaud-a-milano/#respond Mon, 21 May 2018 09:29:15 +0000 https://www.artevarese.com/?p=45140 Inutile negarlo. Edgardo Franzosini è uno scrittore “sui generis”. E’ uno che si lascia sedurre dai personaggi più strani e ambigui. Più sono eccentrici, fuori dagli schemi più ne rimane affascinato. E non importa se gli elementi che raccoglie sulle loro vite disordinate sono in parte veri, in parte frutto di fantasie, invenzioni, immaginazioni, turbamenti […]

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Inutile negarlo. Edgardo Franzosini è uno scrittore “sui generis”. E’ uno che si lascia sedurre dai personaggi più strani e ambigui. Più sono eccentrici, fuori dagli schemi più ne rimane affascinato. E non importa se gli elementi che raccoglie sulle loro vite disordinate sono in parte veri, in parte frutto di fantasie, invenzioni, immaginazioni, turbamenti personali, incubi persino.

A lui piace costruire intorno ai personaggi che cadono nella sua rete di ragno, delle atmosfere, come un moderno medium che vuole stupire i clienti raccolti attorno al tavolino traballante di una seduta spiritica. E usa le armi giuste, per far apparire fantasmi, aleggiare immagini e situazioni ambigue, suscitare  presenze inquietanti, figure appena intraviste, ombre. E in questo sulfureo ambiente non nasconde un certo ironico ammiccamento, un’alzata di sopracciglia furbesca.

Puntualmente questo si ripete nella sua ultima fatica, il libro “Rimbaud e la vedova”, Skira editore, dedicato appunto ad Arthur Rimbaud, poeta veggente, autore di  “Vocali”, “Il Battello ebbro” e “Una stagione all’inferno”. Ma del poeta a Franzosini interessa in particolare un suo viaggio a Milano nel 1875, dove sembra sia stato ospitato per poco tempo da una vedova che abitava in una casa di fronte a piazza Duomo.

Quale migliore occasione per raccontare con qualche brillante pennellata la Milano di quegli anni? Hans Tuzzi ha nelle sue corde la capacità di rievocare con sapida arguzia certe storie e la fa da par suo nella presentazione del volume che si è tenuta al Circolo dei Lettori in Casa Manzoni. Milano in quegli anni è una città in trasformazione, che sta diventando italiana da asburgica che era. Era morto da poco Manzoni, l’anno prima anche Rovani, l’autore dei “Cento anni”, se n’era andato e a dicembre pure lo scapigliato Praga lascerà questo mondo.

Insomma, siamo verso la fine di un’epoca, e Giovanni Verga, siciliano, scrive a Capuana tessendo le lodi di una città che definisce “bella”, sotto le fredde lune d’acciaio di Natale. Ci sono ancora i Navigli. Dove oggi c’è la Biblioteca Sormani c’è un mulino. In piazza Duomo, proprio vicino alla cattedrale, si trovano, ancora per poco, le case del Rebecchino, un intrico di vie strette, fatiscente e maleodorante, dove prospera la malavita. Verranno abbattute pochi mesi dopo la partenza di Rimbaud. E Rimbaud, poeta che si nutre di ombre e di silenzio, dopo l’incontro con la misteriosa vedova, deciderà di rinunciare per sempre alla poesia, trasformandosi in “qualcuno che era stato lui, ma non lo era più, in nessun modo” (parole di Mallarmé).

Non aspettatevi di capirne il motivo perché Franzosini non ce lo dice. Non ce lo fa nemmeno intuire anche se è abile a mettere uno dietro l’altro diversi fatti strani, diverse coincidenze improbabili. Ma anche senza documenti se non vaghe tracce, la sua ricostruzione risulta  egualmente avvincente. Comunque sia, Rimbaud resta un personaggio strano. Ce lo conferma anche il poeta Valerio Magrelli che ha dato un contributo prezioso alla presentazione del libro di Franzosini.

Arthur Rimbaud nel 1871 ~ foto di E. Carjat

Rimbaud è un latinista abilissimo, come il Pascoli, suo coetaneo, non ama per nulla la pittura (per lui il Louvre avrebbe anche potuto essere bruciato all’epoca della Comune per “mettere l’umanità di fronte al suo nefasto orgoglio”), è un lettore accanito (falsifica la sua data di nascita per poter frequentare le biblioteche) e soprattutto un grande camminatore, un romantico “wanderer”.

A Milano sembra che ci sia arrivato dalla Francia a piedi. Gira sempre senza cappello e, ironia della sorte, per uno come lui che ha camminato in lungo e in largo per l’Africa, si beccherà un’insolazione andando da Siena a Livorno. E finirà in ospedale. Altri fatti strani costellano l’aneddotica di Rimbaud. Quando morì, la madre volle essere calata nella fossa per controllare direttamente la sepoltura. Una madre alquanto invadente, che si definiva vedova anche se il padre era vivo e vegeto a Digione e per par condicio, a sua volta, amava definirsi vedovo.

Che la vedova che trova a Milano, alla fine, sia proprio la madre? Non vogliamo svelarvi nulla. Certo Rimbaud, ma anche le persone che gli ruotano attorno, sono personaggi ambigui, inafferrabili. Ma la scoperta più sconvolgente la rivela proprio Magrelli quando dice che lo scrittore americano David Morell che ha inventato il personaggio di Rambo, nei film interpretati da Sylvester Stallone, si sia ispirato proprio alla figura di Rimbaud (assonanza del nome a parte), un uomo sradicato, incapace di adeguarsi alla vita normale. Anche se c’è chi continua a credere che il nome Rambo derivi da un tipo di mela della Pennsylvania.

Con conferme, smentite, illazioni, ipotesi, Franzosini  va a nozze. Se lo si definisce scrittore di personaggi non funzionali o detective folle non si offende. Pontiggia che lo ha conosciuto l’aveva definito l’impiegato dell’assurdo. Certo, come diceva Sciascia, le uniche cose sicure a questo mondo sono le coincidenze. E Franzosini in esse ci sguazza, e ne descrive molte comprese quelle che lo hanno spinto a scrivere il suo libro, alcune persino incredibili, compreso uno scivolone premonitore in via Rastrelli con annessa slogatura del ginocchio.

Rimbaud e la vedova, Edgardo Franzosini, brossura, 96 pag. € 12,90

 

Ugo Perugini

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“Tutto Pogliaghi” nella sua casa-museo https://www.artevarese.com/tutto-pogliaghi-nella-sua-casa-museo/ https://www.artevarese.com/tutto-pogliaghi-nella-sua-casa-museo/#respond Tue, 08 May 2018 06:34:04 +0000 https://www.artevarese.com/?p=44822 Nel 1885 Lodovico Pogliaghi (1857-1952) acquistò una casa rurale al Sacro Monte di Varese e progressivamente la trasformò secondo il suo particolarissimo gusto eclettico in quella che diventerà la sua casa-museo. In essa raccolse preziosissimi reperti di varia provenienza, secondo il proprio gusto e le proprie competenze: le opere raccolte si possono ricondurre alla riscoperta […]

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Nel 1885 Lodovico Pogliaghi (1857-1952) acquistò una casa rurale al Sacro Monte di Varese e progressivamente la trasformò secondo il suo particolarissimo gusto eclettico in quella che diventerà la sua casa-museo. In essa raccolse preziosissimi reperti di varia provenienza, secondo il proprio gusto e le proprie competenze: le opere raccolte si possono ricondurre alla riscoperta dell’antico, alla rivalutazione dell’arte orientale, all’interesse per il sacro. La sua passione per l’arte, le antichità e per gli oggetti inusuali, esotici e rari, lo portarono a trasformare la sua abitazione in uno splendido scrigno di tesori: creò una vera e propria Wunderkammer (letteralmente camera delle meraviglie) sulla sommità del Sacro Monte.

Una collezione prestigiosa di opere d’arte che spaziano dai preziosi reperti archeologici egizi o di epoca greco-romana fino al Rinascimento e all’epoca barocca, passando attraverso il Medioevo.

La casa-museo che creò rispecchia la sua personalità poliedrica che lo portò a essere pittore, scultore, restauratore e decoratore, architetto e scenografo e professore di ornato a Brera.

Tutto questo traspare in quella che fu la sua casa, il suo museo e il suo laboratorio: proprio nell’atelier è riprodotta in gesso e a grandezza naturale la porta centrale del Duomo di Milano che Pogliaghi realizzò nel 1906: solo una delle sue numerosissime produzioni nei vari campi artistici.

Le visite del ciclo “Tutto Pogliaghi” mirano proprio a indagare ogni aspetto del personaggio Pogliaghi attraverso le sue collezioni contenute nella villa, la sua produzione e la personalità dell’artista. Ogni ultima domenica del mese da qui a novembre, alle ore 11.00 e alle ore 16.00, sarà possibile fare un viaggio tra le opere di Lodovico Pogliaghi in compagnia delle guide di Archeologistics.

In particolare la visita “L’antico a portata di mano” è stata incentrata sulle collezioni archeologiche che fanno bella mostra di sé principalmente nell’esedra della casa-museo.

In questo ambiente costruito ad hoc e molto suggestivo dialogano tra loro statue, busti, urne cinerarie, frammenti di capitelli e di architravi, mosaici iscrizioni e vasi.

Per quanto riguarda la statuaria, un nucleo notevole è costituito da alcuni reperti acquistati da Pogliaghi e provenienti dalla collezione Borghese di Roma. Tra questi nella nicchia principale dell’esedra, la Statua di Dioniso-Apollo, copia di un originale prassitelico del IV secolo a.C. Della statua in marmo sono originali solo il corpo di Apollo e l’erma a cui si appoggia, mentre il Pogliaghi riplasmò completamente in gesso la testa nelle forme di Dioniso, non ritenendo pertinente quella precedente.

Nel vestibolo dell’esedra è invece collocato Hermes frutto di ensemble di un torso in marmo di epoca romana su originale greco integrato inserendo una testa con ali e un caduceo, elementi distintivi del dio.

Interessante anche una testa femminile etrusca in terracotta del IV-II secolo a.C. con la caratteristica acconciatura con riccioli a lumachella probabilmente proveniente da un santuario.

Sempre nel vestibolo in una vetrina troviamo anfore attiche a figure nere e a figure rosse di provenienti dall’Etruria del 500 a.C. circa che rappresentano scene di lotta e divinità. Motivi decorativi floreali incorniciano le scene.

Ma un pezzo forte della collezione archeologica è addirittura un sarcofago egizio detto di Tameramun. In legno di sicomoro, della fine della XXV dinastia (747-656 a.C.), è di forma antropoide, appartenente ad una donna Tameramun appunto che si poteva fregiare del titolo di “cantatrice del tempio di Amun a Karnak”. Il viso della defunta, dipinto di rosa, con occhi e sopracciglia delineati di nero, è incorniciato da una parrucca. Un ampio collare adorna le spalle e il collo con personificazioni delle divinità. Tutto il resto del sarcofago è diviso in registri e rappresenta divinità egizie legate all’aldilà.

 

Ma, all’esterno, il giardino non è da meno e segna un continuum con gli interessi dell’artista. Si ritrova ancora un’esedra e l’intero parco è disseminato di statue, colonne e reperti di vario genere.

 

Interessante e particolare è un capitello bizantino di grandi dimensioni. E’ in stile ionico, decorato con cornucopie e foglie d’acanto e probabilmente proviene da Costantinopoli.

Ma è soprattutto interessante la diversa destinazione d’uso che ha avuto attraverso i secoli: fu trasformato in fonte battesimale o acquasantiera e successivamente in fontana da giardino. Insomma è da considerarsi l’emblema del riutilizzo in un diverso contesto e con differenti funzioni tanto caro all’eclettismo e a Pogliaghi stesso!  

Casa Museo Lodovico Pogliaghi
Via Beata Giuliana 5 (ingresso da via del Santuario)

Santa Maria del Monte, Varese

“Tutto Pogliaghi”

Ogni ultima domenica del mese da qui a novembre, alle ore 11.00 e alle ore 16.00. La visita ha il costo di 6 euro a partecipante. La prenotazione è consigliata: è possibile riservare posti telefonando al 328.8377206, oppure scrivendo a info@casamuseopogliaghi.it

 

Cristina Pesaro

 

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