affreschi Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/tag/affreschi/ L'arte della provincia di Varese. Thu, 30 Nov 2017 17:03:42 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.3.4 https://www.artevarese.com/wp-content/uploads/2017/05/cropped-logo-1-150x150.png affreschi Archivi - ArteVarese.com https://www.artevarese.com/tag/affreschi/ 32 32 TRA SVAGHI, VIZI E VIRTU’… https://www.artevarese.com/tra-svaghi-vizi-e-virtu/ Fri, 27 Oct 2017 09:33:29 +0000 http://varesearte.it/?p=40716 Gli affreschi cortesi del Castello di Masnago, oggi Museo di Arte Moderna e Contemporanea della città di Varese. Tutto ebbe inizio nel lontano Medioevo quando una grande costruzione, inizialmente concepita come una fortificazione – come testimonia l’imponente torre quadrata di avvistamento, risalente al XII secolo – cresceva e si elevava sull’altura di Masnago. L’omonimo Castello allora costruito subì, nel corso […]

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Gli affreschi cortesi del Castello di Masnago, oggi Museo di Arte Moderna e Contemporanea della città di Varese.

Tutto ebbe inizio nel lontano Medioevo quando una grande costruzione, inizialmente concepita come una fortificazione – come testimonia l’imponente torre quadrata di avvistamento, risalente al XII secolo – cresceva e si elevava sull’altura di Masnago. L’omonimo Castello allora costruito subì, nel corso dei secoli, aggiunte e ampliamenti che ne modificarono gradualmente il suo aspetto originale rendendolo sempre più simile a una grande villa.

Di proprietà della famiglia Castiglioni dal XIV secolo passò nei primi anni del Novecento alla famiglia Mantegazza e più tardi ai Panza che lo cedettero al Comune di Varese che lì vi insediò la sua celeberrima Pinacoteca.Ma, è il vasto ciclo affrescato della sala di rappresentanza al pian terreno e di una stanza al primo piano del Castello ad attirare, con curiosità e stupore, la nostra attenzione.
I dipinti, noti a tutto il “mondo dell’arte”, scoperti nel 1937 e fatti restaurare dall’allora proprietario Angelo Mantegazza, risalgono al Gotico Cortese o Internazionale, l’appendice ultima del grande periodo del Gotico diffusosi in tutte le corti d’Europa, che va dalla fine del Trecento alla metà del Quattrocento.

Tipici passatempi di corte nella Sala degli Svaghi… le cui pareti, affrescate senza soluzione di continuità, con un effetto illusionistico che raggiungerà il suo apice nella Sala dei Vizi e delle Virtù, raffigurano scene quali la Caccia col falcone con i suoi due personaggi a cavallo – la dama in abito rosso e l’uomo in una giubba orlata di ermellino sulla cui mano serra gli artigli un elegante falcone bianco – la Gita in barca della dama con le sue due ancelle, il Gioco dei tarocchi a bordo di una nave su cui sventola lo stemma Castiglioni, la Colazione sull’erba di un gruppo di gentiluomini e

l’immagine di una dama intenta a suonare l’organetto, elegantemente adagiata sotto una decoratissima tenda sulla cui cima sventola, di nuovo, lo stemma della famiglia Castiglioni. C’è chi ha voluto riconoscere nella dama con l’organetto Maria Lampugnani, la sposa di Giovanni Castiglioni, nel cui Castello di famiglia a Legnano si trovano affreschi di carattere cortese databili intorno alla metà del XV secolo… è forse una coincidenza? Io non credo: nel Quattrocento, infatti, Varese visse un’intensa stagione decorativa ove le famiglie più importanti sentirono la necessità di dotare le pareti delle loro dimore di cicli affrescati, con esiti assolutamente interessanti.I dipinti, in linea con altri esempi coevi di pittura lombarda di gusto cortese – poco distante il ciclo della Sala nuziale di Casa Orrigoni ad Azzate – si distinguono per l’attenta resa del dettaglio e per la caratterizzazione fisionomica di alcuni volti, testimoniando e confermando così la fortuna delle tematiche aristocratiche e profane nella Lombardia della metà del Quattrocento.
Nella Sala dei Vizi e delle Virtù al piano superiore la soglia tra architettura reale e dipinta è pressoché inesistente: l’espediente delle porte dipinte evita, infatti, l’interruzione della decorazione da parte delle reali aperture.
Le pareti della stanza sono organizzate ritmicamente in gruppi di tre figure femminili – una Virtù e i due Vizi corrispondenti – incasellate entro partiture architettoniche di colonnine dipinte che, poste sotto le travature del soffitto, intendono porsi in rapporto con l’architettura reale della sala.
Ma, quali sono le personificazioni di Vizi e Virtù qui rappresentate? 

Incontriamo, ad esempio, la Castità tra Lussuria, in abito eccessivamente scollato, e Vanità, intenta a guardarsi allo specchio ; la Liberalità tra Avarizia e Prodigalità; la Sollecitudine tra Pigrizia, con una scarpa e una calza nelle mani, e Accidia, con le vesti stracciate e i capelli in disordine; la Carità tra Invidia e Ipocrisia;

l’Umiltà, con l’agnello ai suoi piedi, tra Superbia e Arroganza

Nonostante questi dipinti siano stati ritenuti più deboli da un punto di vista stilistico e attribuiti ad aiuti della bottega del Maestro della Sala degli svaghi, hanno da sempre attirato l’attenzione degli studiosi soprattutto dal punto di vista iconografico. Le diverse teorie che sono state formulate nel corso degli anni presentano tutte un conduttore fil rouge: gli interessi culturali della famiglia committente, la famiglia Castiglioni.
Giulia Lotti

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GALDINO DA VARESE.TRA MODA E DEVOZIONE https://www.artevarese.com/galdino-da-varese-tra-moda-e-devozione/ Fri, 21 Jul 2017 16:02:29 +0000 http://artevarese.com/?p=41250 Riportati in luce negli anni ’60 dal noto restauratore varesino Carlo Alberto Lotti i numerosi affreschi di Santo Stefano custodiscono secoli di storia varesina. Tutto ebbe inizio nel lontano Aprile del 1964 (come forse pochi ricordano), quando a Varese si costituì l’iniziativa «Itinerari», promossa dal restauratore Lotti e dall’architetto Alberto Ferrari. I due diedero così […]

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Riportati in luce negli anni ’60 dal noto restauratore varesino Carlo Alberto Lotti i numerosi affreschi di Santo Stefano custodiscono secoli di storia varesina.
Tutto ebbe inizio nel lontano Aprile del 1964 (come forse pochi ricordano), quando a Varese si costituì l’iniziativa «Itinerari», promossa dal restauratore Lotti e dall’architetto Alberto Ferrari.
I due diedero così inizio a un vero e proprio tour de force nel Varesotto volto in primis alla ricerca e alla scoperta di quel vasto patrimonio artistico che andava sempre più diminuendo, per il passare del tempo, ma anche per l’inarrestabile incuria degli uomini.
Fu il rione di Bizzozero, con la sua chiesa di Santo Stefano (e il suo frescante sconosciuto Galdino Da Varese) la loro prima meta (che è per noi la seconda).
La chiesa romanica conserva al suo interno, precisamente nella cappella devozionale dedicata a Santa Maria a destra dell’ingresso principale, un ciclo affrescato risalente al 1498 e riconosciuto, grazie alle targhe dipinte nei sottarchi laterali della cappella, come frutto della collaborazione tra il maestro Galdino da Varese e Giovanni Battista De Prioris.
Sulla parete in corrispondenza dell’ingresso della cappella è dipinta una Madonna del latte (in greco Galaktotrophusa), un’immagine di forte valore devozionale venerata nel XV secolo in tutto il circondario di Bizzozero, ai cui lati un Santo Stefano e una Madonna in trono con bambino, riportati alla luce dal Lotti nel 1964, completano la scena.

Nei sottarchi del ciborio sono dipinti, all’interno di finestrelle rettangolari, i mezzi busti di diciotto sibille e profeti disposti a gruppi di tre facilmente riconoscibili dalle targhette identificative alla base di ogni singola finestrella.

Sulla volta i simboli dei quattro Evangelisti si affiancano ai tondi raffiguranti i quattro massimi Dottori della chiesa (San Girolamo, Sant’Agostino, San Gregorio e Sant’Ambrogio) e, come vuole la tradizione (si pensi alla vicina Rocca di Angera) l’Annunciazione è dipinta sulla fronte dell’arco centrale accompagnata tutt’intorno da angeli musicanti. L’intero ciborio è, infine, decorato da formelle in cotto, largamente diffuse nel XV secolo.

Attribuibile alla mano di Galdino è anche quel che resta di una Madonna in trono con bambino, collocata tra altre pitture devozionali su un muro esterno alla cappella di Santa Maria e gli affreschi scialbati, riscoperti dal Lotti durante i lavori di restauro, dell’abside della chiesa.

Lo studio approfondito condotto sugli affreschi di Galdino da Varese rese possibile anche unadescrizione dettagliata della moda di fine Quattrocento: elegante e aderente alle forme del corpo l’abbigliamento femminile e di valenza simbolica quello maschile. Se per la moda (come anche per le stoffe) Galdino rimase sempre fedele, seppure con qualche variazione, alla realtà, fu nei copricapi e nelle acconciature che diede libero sfogo alla sua fantasia. Eccentrici e stravaganti copricapi – cuffie, balzi, corna, selle, berrette, veli, frenelle, trecce, coazzoni, peducci – difficilmente riconducibili a un modello esistente, ornano le teste di sibille e profeti.

Giulia Lotti

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