Lo sfregio sul muro della chiesa della MottaLo sfregio sul muro della chiesa della Motta

Un vero writer non imbratta monumenti – Segnalato da Mario Carabelli, lo scempio sui muri della Chiesa di Sant'Antonio alla Motta ha suscitato una scossa di repliche, sfociate nelle ultime – in ordine di tempo – righe firmate da don Luca Violoni sulla Prealpina (domenica 28 giugno). All'indignazione di Carabelli, che non usava mezzi toni per definire lo sfregio subito dall'edificio: "personalmente, trovo l'arte qualcosa di diverso dal voler imbrattare muri e luoghi comuni. Da sempre, l'arte figurativa è sinonimo di cultura, ma una cultura che cresce con i canoni civili. Oggi i graffiti sono esclusivamente segno di degrado, diseducazione, arroganza", ha risposto di recente Andrea Borsetto: "Le assicuro che il 90% (non posso escludere un 10% di scriteriati) dei miei colleghi ritiene le scritte sulle chiese e sui monumenti in genere uno scempio come lei giustamente lo definisce. Senza volerli assolutamente giustificare, questi sono dei ragazzini che hanno appena approcciato l'arte del writing e complice l'adrenalina, la scarsa maturità e qualche birrino di troppo si sono scaraventati su quel bel muro bianco. La maggior parte di loro smetterà di dipingere\vandalizzare in tempi brevi, e a loro memoria resterà solo un inutile atto vandalico. Alcuni cresceranno (umanamente e artisticamente) e se siamo fortunati si accorgeranno della stupidità del loro atto".

L'insensatezza dello sfregio – A farsi sentire da "Sotto il Bernascone" anche don Luca Violoni che imbastisce un'approfondita e ampia riflessione su poche, chiare domande: "Che cosa vuole comunicare chi, furtivamente e senza il coraggio delle proprie azioni, deturpa un patrimonio di fede? Noia o un rifiuto di tale patrimonio? Gusto della bravata o negazione di un simbolo e di una storia che vi è connessa? Perché la bellezza può suscitare meraviglia ma anche il desiderio di sfregio? Perché si compiono gesti incuranti delle conseguenze delle proprie azioni, incuranti della sofferenza che arrecano ad altri e dei costi anche economici che vengono accollati alla comunità?" 

Per amor di cronaca – Questa mattina, abbiamo

Brera, graffiti sulle statue nella chiesa sconsacrata di S. MariBrera, graffiti sulle statue nella chiesa
sconsacrata di S. Maria

raggiunto telefonicamente don Luca Violoni, docente e assistente spirituale all'Insubria: "La mia non vuol essere certo una bacchettata moralistica. Come educatore, trovo che quella delle tags sui muri sia una forma di comunicazione "a tradimento", senza responsabilità. Se una persona ha qualcosa da trasmettere, non deve nascondersi "in notturna". Poi questi episodi, credo, ci interrogano su quali debbano essere gli spazi, il ruolo e il compito dell'Arte. Con la lettera maiuscola". 

Un giudizio chiaro – Sappiamo bene che una buona dose di smania di popolarità, tanta ignoranza e irresponsabilità (che non fanno somigliare in niente questi sfregi a opere d'arte), deturpano sempre più spesso i beni culturali – non solo religiosi – delle nostre città. Cogliendo gli spunti sorti da questo dibattito (ma uno scempio merita un dibattito? Non è forse univoca e unica la condanna che si solleva davanti a un simile sfregio?), ci permettiamo, nel nostro piccolo, di ribadire quanto scritto da Carabelli e ripreso, da una diversa angolazione, anche da Borsetto: "la gente di buon senso ritiene le scritte sulle chiese e sui monumenti uno scempio ingiustificato e ingiustificabile". Delle insignificanti e squallide scritte colorate non sappiamo che farcene. E mentre piovono le reazioni sdegnate, inizia per l'ennesima volta "il guardie e ladri" tra gli addetti delle imprese di pulizia e i writers.