La facciata, via GiuliniLa facciata, via Giulini

La chiesa, un tempo annessa a un monastero di Benedettine, risaliva agli anni tra la fine del XV e i primi del XVI secolo. L'insediamento monastico era però molto più antico, essendo già menzionato nel testamento dell'arcivescovo Ariberto di Intimiano del 1043. L'intero complesso dopo la soppressione del 1798 era diventato lo studio del pittore Pelagio Pelagi che lo occupò sino al 1860. In seguito subì altre trasformazioni e parziali demolizioni, sino alla totale distruzione del 1964 in ossequio alle direttive del piano regolatore.

n San Vicenzino era sviluppato il tipo iconografico caratteristico delle chiese monastiche femminili, così come ora si vede a San Maurizio al Monastero maggiore: la chiesa era ciò divisa in due parti, una riservata alle monache e l'altra aperta al resto dei fedeli. Entrambe a navata unica, avevano pareti scandire in tre campate da profonde arcate in alcune delle quali erano collocati degli altari. La decorazione ad affresco era stata eseguita per la maggior parte da Aurelio Luini negli anni attorno al 1580 con Storie di San Vincenzo. Parte di questi affreschi e altri che si trovavano nel convento sono ora conservati presso il Castello Sforzesco, dove giunsero nel 1911, quando l'edifico venne trasformato in sala cinematografica.

ue erano anche le facciate: quella della chiesa interna che guardava verso il giardino, e l'altra della chiesa pubblica che guardava la strada. La prima era in mattoni con cornici in cotto e coronata scenograficamente da pinnacoli, in forme di transizione tra il tardogotico solariano e il Rinascimento; la seconda venne invece rifatta nel Seicento durate i lavori di trasformazione che investirono la chiesa. Queste due facciate sono state ricostruite in via Giulini e assieme agli affreschi, sono l'unica testimonianza dell'intero complesso monastico.