"Io reputo la mia Patria il mondo", diceva Pietro Paolo Rubens con orgoglio, rivendicando quella sua vocazione internazionale che tanto lo avvicina al moderno spirito di Milano, città che ospita la più significativa mostra realizzata in Italia su di lui: Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco.
Rubens (Siegen 1577 – Anversa 1640) nella mostra a Palazzo Reale dà le prove di una pittura interprete dei tempi, pronta ad accogliere i cambiamenti. spesso frettolosamente annoverato nella schiera dei "pittori fiamminghi", ha lasciato un segno indelebile abbattendo confini stilistici e tematici.
Il 9 giugno 1600, poco prima di compiere ventitré anni, Rubens parte a cavallo per l'Italia. Lo muove il fortissimo desiderio di vivere finalmente da vicino la grande cultura classica e l'arte del Rinascimento, oggetto da sempre dei suoi studi. Da Anversa, nelle Fiandre, lacerata dalle lotte anticlericali a Roma, Mantova, Genova, Venezia dove l'arte offriva soluzioni nuove per elaborare un linguaggio personale e moderno.
I suoi rapporti con le città italiane e la sua vicenda romana ci permettono di ricostruire il filo che lo lega così profondamente alla cultura italiana, che resterà il tratto d'identità per tutta la sua produzione successiva.
Ed è appunto questo il leit motiv della mostra: mettere in evidenza i rapporti di Rubens con l'arte antica e la statuaria classica e la sua attenzione verso i grandi maestri del Rinascimento come Tintoretto e Correggio.
"Ci sono voluti tre anni – racconta la curatrice, Anna Lo Bianco – per realizzare questa esposizione che consente di valutare l'influenza di Rubens sugli italiani. Considero pittori come Pietro da Cortona, Giovanni Lanfranco, Luca Giordano e Gian Lorenzo Bernini debitori del suo linguaggio".

La mostra è allestita proprio con l'intenzione di rendere evidenti queste connessioni – ovvero i prestiti dall'antico e la sua influenza sulla pittura successiva – in maniera immediata.

"L'architetto Corrado Anselmi – continua la curatrice- ha lavorato con mano leggera per valorizzare le opere in una serie di rimandi, di connessioni in modo che in ogni sala il confronto tra Rubens e gli altri sia evidente per stile, temi o dettagli".

Si parte con i ritratti di famiglia e dei personaggi celebri. Si tratta di veri e propri ritratti parlanti, in cui l'espressione di uno stato d'animo mira a rendere gli osservatori partecipi di un momento d'intimità famigliare. Vi leggiamo l'intento di comunicare gli affetti proprio del linguaggio barocco, reinterpretato anche da artisti più giovani, attratti dalle invenzioni di Rubens. Il Ritratto della figlia Clara Serena (soffermatevi un attimo sugli esplendidi occhi) che ancora trasmette un'intensa carica di affettività, rappresenta una chiave privilegiata per entrare nel mondo di Rubens.

Poi si passa alla pittura religiosa.
Nel corso del suo soggiorno italiano Rubens esegue opere di soggetto sacro, grandiose e rivoluzionarie, a Mantova, Genova, Roma e Fermo. Nel 1606, la decorazione dell'altare centrale della chiesa romana di Santa Maria in Vallicella o Chiesa Nuova, rappresenta per l'artista un'occasione unica. Si tratta, infatti, della più famosa e frequentata chiesa di Roma. Le tre grandiose pale in lavagna, terminate nel 1608, divengono un modello al quale ispirarsi: i santi vi sono rappresentati in modo solenne, come eroi del mondo antico, con volti di imperatori; le sante sembrano matrone romane; al centro, un trionfo di angeli propone un dinamismo nuovo e irrefrenabile che investe tutti i personaggi. È una pittura mai vista prima. Si tratta della più grande novità all'inizio del secolo a Roma, dopo Caravaggio.
Quindi il percorso si spalanca sulle grandi scene di insieme che lo fecero definire un "furioso del pennello" (Giovan Pietro Bellori nella sua Vita di Rubens) e, infine, con la reinterpretazione barocca dei grandi miti dell'antichità pagana. Protagonista di questo mondo è un'umanità eccezionale, le cui gesta eroiche sono alle radici del nostro comune passato, che Rubens celebra per tutta la sua vita di artista. Il Ritratto di Gio Carlo Doria a cavallo di Palazzo Spinola di Genova è affiancato a un'interpretazione del cavallo della Battaglia di Anghiari (affresco, perduto, di Leonardo); il colossale Ercole di Rubens è collocato insieme allo stesso eroe dipinto da Pietro da Cortona e alla testa del Laocoonte del Bernini.
"È una mostra non cronologica, con sezioni tematiche e confronti -prosegue la curatrice – come quello tra sculture classiche quale l'Afrodite al bagno ripresa da Rubens in Susanna e i vecchioni: in lui rivive la forza del mito come massima espressione della cultura occidentale".
Un corpus di oltre 75 opere, di cui 40 del grande maestro, riunito grazie a prestigiosi prestiti internazionali da alcune delle più grandi collezioni del mondo come quelle del Museo Nazionale del Prado, dell'Hermitage di San Pietroburgo, della Gemäldegalerie di Berlino e del Principe del Liechtenstein, e a prestiti di numerose collezioni italiane, tra cui la Galleria Nazionale d'Arte Antica di Roma, i Musei Capitolini, la Galleria Borghese, la Galleria degli Uffizi e la Galleria Palatina di Firenze, il Museo di Palazzo Ducale di Mantova, la Galleria di Palazzo Spinola di Genova, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
L'Italia è dunque fondamentale per Rubens, così come Rubens per l'Italia: a lui si devono i segnali della nascita del Barocco. Il 28 ottobre 1608, a cavallo come vi era giunto, Rubens lascia la nostra terra per non tornarvi mai più. L'amore per questo paese e il desiderio di farvi ritorno saranno in lui sempre fortissimi. Il suo insegnamento vive nelle opere dei tanti artisti che ne hanno seguito la strada.

Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco
Milano, Palazzo Reale – Primo Piano Nobile
26 ottobre 2016 – 26 febbraio 2017
Lunedì: 14.30-19.30,
martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30,
giovedì e sabato: 9.30-22.30
La biglietteria chiude un'ora prima