il lapidario di Arsago Seprioil lapidario di Arsago Seprio

Una delle qualità maggiori dell'archeologia è la possibilità di ricostruire la vita di personaggi semplici, i cui nomi non sono Alessandro Magno, Cesare, Augusto, Costantino, Carlo Magno, ma magari Primus, Quartius, Bursula. Personaggi cioè che non hanno compiuto grandi imprese, tali da essere ricordati nella letteratura, ma che hanno vissuto una vita altrettanto significativa.

Epigrafia – Accanto agli oggetti di vita quotidiana, un'altra importante fonte per gli studiosi del mondo antico è costituita dalle iscrizioni, ovvero lastre o blocchi di pietra incisi. La disciplina che se ne occupa è l'epigrafia, le cui origini risalgono addirittura all'epoca umanistica, quando i pellegrini in viaggio per Roma cominciarono a copiare in preziosi taccuini le scritte presenti sulle rovine della capitale. Studiare queste pietre, spesso un po' trascurate, permette di ricostruire i nomi degli antichi, i loro mestieri, permette insomma di strappare dall'oblio e dare un nome a uomini e donne ancora anonimi.

Fra lapidi funerarie, cippi miliari, altari – Le tipologie di iscrizioni sono varie. Ci sono infatti quelle funerarie, destinate quindi a segnalare il sepolcro dei defunti; molto diffuse le are, ovvero gli altari, dedicati agli dei, come preghiera o come ringraziamento per un beneficio ricevuto. Famosissimi sono i miliari, i cippi usati cioè lungo le strade o nelle campagne, per segnalare le distanze.

Il Varesotto – La provincia di Varese è ricca di iscrizioni, alcune delle quali fanno mostra di sé presso il Museo Archeologico di Villa Mirabello a Varese, il Museo

il lapidario del castello di Angerail lapidario del castello di Angera

Archeologico di Arsago, il Museo Archeologico di Sesto Calende e il castello di Angera. Di molte però è rimasta traccia solo nelle raccolte del passato, perché spesso sono andate perdute o sono state riciclate per altri scopi, come è successo per l'epigrafe di Prisco, usata come materiale da costruzione nel campanile della basilica di Gallarate. Varie sono le provenienze dei pezzi, si segnalano soprattutto Angera, vicus di epoca romana, e la zona di Castelseprio.

I nomi personali – Leggere i nomi di persona presenti sulle epigrafi si rivela molto interessante. Infatti i nomi dell'epoca spesso tradiscono le origini del personaggio. Non dimentichiamo la forte componente celtica della zona anche in epoca romana.
È sicuramente di tradizione latina la famiglia dei Terentii, la cui grande epigrafe sepolcrale riciclata nella chiesetta dei SS. Cosma e Damiano ad Arsago è ora conservata a Milano. Lo stesso vale per Domizio Placido, figlio di Gneo, personaggio di spicco, perché sacerdote. Calpurnio, in una epigrafe ritrovata a Venegono, si rivolge con un voto a Minerva: la famiglia dei Capurni era molto diffusa dalle nostre parti, un po' come oggi il cognome Rossi.

Onomastica celtica – Accanto a questi, si distinguono però nomi diversi, di chiara origine germanica, pertinenti al substrato celtico. Si tratta quindi degli abitanti locali che nei secoli poco per volta si sono romanizzati e, pur assumendo il sistema onomastico latino-formato da nome di battesimo, nome della famiglie e patronimico-hanno mantenuto tracce della loro identità originaria. Ad esempio Virilliena Crescentina, che fu una madre "sventurata", costretta a seppellire il proprio figlioletto. La stessa origine si può riscontrare in Gaio Sommonio e Sommonio Lucullo. Una iscrizione ritrovata nel 1903 a Casalzuigno cita un tale Pitto, il cui nome non è chiaramente latino.

Non solo celti – Alcune iscrizioni ricordano personaggi invece di origine greca: si tratta di solito di Greci giunti in Italia come schiavi presso grandi famiglie e poi divenuti liberi cittadini. È questo il caso della stele funeraria, recuperata nella chiesa di S.Vincenzo a Sesto Calende, che ricorda Bursula figlia di Valerio Philocalo: quest'ultimo termine è di chiara provenienza greca.

ara dedicata ad Ercoleara dedicata ad Ercole

Mestieri e cariche – La natura rurale della regione insubrica dell'epoca romana è confermata non solo dai materiali che emergono dagli scavi, ma anche da ciò che si legge nelle iscrizioni. Infatti un'ara ritrovata a Brebbia cita un Asellione vilicus, cioè contadino. Il famoso altare di Angera decorato da una scena di sacrificio, oggi conservato a Milano, ricorda la carica di seviro, cioè un sacerdote che si occupava di celebrare riti e cerimonie per l'imperatore. Quinto Quinzio Quinziano era invece aruspice e custode del tempio della Fortuna, come si trova in una iscrizione di I secolo d.C. proveniente da Venegono.

E gli dei? Ecco che le iscrizioni informano anche sulle divinità più "sentite".
Diverse sono le dediche a Giove Ottimo Massimo su altare come ad Arsago, Brebbia, Angera. Ricorre spesso la supplica ad Ercole, il mitico eroe con la clava, con tre attestazioni nella zona di Sesto Calende: il suo culto era molto diffuso, perché come ogni uomo aveva superato molte vicissitudini ed era probabilmente simile ad altri culti indigeni. Al paesaggio boschivo rimandano il dio Silvano e la dea Diana, regina della caccia.

Insomma… tutte queste informazioni vengono da semplici pietre iscritte, che, come ha sottolineato il prof. Sartori, "a volte sembrano stravaganti, ricordiamo che attraverso di esse sono gli antichi che comunicano direttamente con noi".