Lodovico Pogliaghi (Milano 1857 – Varese 1950) fu uno tra i più grandi artisti a cavallo tra Otto e Novecento, ingiustamente trascurato dalla storiografia artistica e dimenticato tanto dalla sua Milano quanto da Varese, città adottiva alla quale dedicò gli ultimi anni del suo operare e che ha l'onore di ospitare quel suo magnifico eremo di casa-museo presso il borgo di Santa Maria del Monte, aperto al pubblico nel 1971 e poi, per decenni, caduto in oblio.

Pogliaghi incarna proprio il prototipo di artista operante a cavallo tra due secoli; muove i primi passi da un ambito puramente accademico e basa la propria creatività sul connubio tra antico e nuovi linguaggi contemporanei. Si conosce poco di lui, le sole pubblicazioni che forniscono informazioni sul suo iter e sulla sua vasta produzione artistica sono contenute principalmente all'interno di due monografie: l'una a cura della Fondazione Pogliaghi, edita a Milano nel 1955, l'altra risalente al 1959, contenente note critiche e biografiche di Ugo Nebbia. 

Due strumenti sicuramente validi seppur connotati da una vena romantico-nostalgica e da un taglio talvolta poco scientifico e sicuramente mancanti di un apparato critico e di uno studio approfondito sulle opere. Varese ospitò nel 1997, presso la Sala Veratti, la mostra, fortemente voluta dall'allora assessore comunale alla cultura Ortelli, "Lodovico Pogliaghi.

L'accademia e l'invenzione", che stimolò una certa curiosità intorno all'artista anche grazie alla pubblicazione del relativo catalogo. Da qui si ebbe come eco l'esposizione tenutasi a Padova nel 1998, basata sui lavori realizzati presso la Basilica del Santo. Purtroppo successivamente calò di nuovo il silenzio, intervallato in questi ultimi anni da alcune mostre interessanti, l'ultima conclusasi a gennaio 2014 alla Galleria Bucaro di Varese, che ha presentato un corpus di opere inedite e di grande fascino, con soggetti e stilemi riecheggianti il classico, legate da iconografie di miti e allegorie.

Numerose committenze l'hanno visto protagonista nella capitale lombarda nei più disparati campi: dalla pittura alla scultura, dall'oreficeria alla scenografia, toccando le più svariate tecniche artistiche, tra cui quella musiva.

Già docente d'ornato a Brera dal 1891, si aggiudicò la vittoria al concorso per la realizzazione della porta maggiore del Duomo di Milano, sua più importante opera alla quale si dedicò incessantemente dal 1894 al 1908. Negli anni successivi gli incarichi si fecero sempre più numerosi, grazie a committenze pubbliche e private, che lo portarono ad operare nelle maggior città d'arte d'Italia, fino all'ultima immane fatica delle imposte bronzee per Santa Maria Maggiore a Roma (1937-1950). 

Acuto e curioso ricercatore dai poliedrici interessi, tra i quali il collezionismo, Pogliaghi si cimentò inoltre nell'arte glittica realizzando numerose targhe e medaglie.
A queste maggiori opere si aggiungono alcune alcuni lavori a Varese, presso la Basilica di San Vittore (il tabernacolo della cappella del Rosario), nonché gli interventi di restauro al Santuario e alle Cappelle di Santa Maria del Monte sopra Varese, luogo che ancora oggi custodisce il suo testamento: la casa-studio presso la quale l'artista si spense all'età di 93 anni, e che oggi possiamo finalmente riscoprire.