Sgarbi con Chiara PalumboSgarbi con Chiara Palumbo

Parola data, parola mantenuta – L'aveva promesso mercoledì 12 settembre nel corso della sua lectio tenutasi a Villa Recalcati. Detto fatto: il vulcanico e impetuoso Vittorio Sgarbi è tornato a Varese nel tardo pomeriggio di domenica 16 per visitare e "inaugurare" definitivamente la mostra su Vittorio Tavernari, allestita alla Galleria Ghiggini in occasione del Premio Chiara-Festival del Racconto.

La salita al monte – Ma a sorpresa, nel tour varesino che ha toccato anche Villa Mylius, il critico ferrarese ha voluto anche salire al Sacro Monte, per rendersi conto di persona dello stato di uno dei grandi bisognosi del sistema artistico varesino: il Museo Pogliaghi, da tempo, in attesa di soluzioni certe e definitive sul suo recupero.

La rivelazione Pogliaghi
– "Volevo visitare questo luogo perché me ne ha parlato lo scrittore Umberto Pasti", spiega Sgarbi, mentre fa il suo ingresso, nel giardino intorno alla casa, inospitale, malconcio e trascurato com'è. L'assessore si ferma, guarda tra i reperti archeologici disseminati qua e là e alza lo sguardo verso il timpano a mosaico che sovrasta l'eremo, l'occhio allenato a cogliere al volo le cose.
"Bello. Si dovrebbe fare qualcosa su Pogliaghi". Una voce gli suggerisce una data: il 2008, centenario dall'inaugurazione del portale del Duomo di Milano. "Già, si potrebbe fare una mostra nelle due sedi Varese-Milano", chiosa senza remore.

L'esedra dei MarmiL'esedra dei Marmi

"E tutto molto romantico" – L'ing. Giuseppe Battaini, presidente della Fondazione Pogliaghi ha l'onore e l'onere di aprire le porte di quello si rivela subito agli occhi di Sgarbi un scrigno prezioso. L'assessore non aspetta nessuno. Si muove freneticamente tra le caleidoscopiche sale alla ricerca di oggetti d'arte che il Pogliaghi ha collezionato o realizzato; passa dall'Esedra dei marmi alla Sala dello Scià di Persia, per poi trovarsi di fronte al plastico del portale del Duomo di Milano. Definisce "schifezza" la scala in ferro realizzata anni fa per migliorare la fruibilità dell'opera, si muove agilmente tra i gessi degli angeli portacero del Duomo di Pisa e quelli del gruppo della Concordia per il Vittoriano a Roma, ammira le specchiere nella Sala Rossa e termina al piano terra soffermandosi sul telamone all'ingresso della Sala delle Madonne. Non dice molto. Osserva. Sale al piano superiore, un'occhiata alla camera da letto con cineserie annesse, all'armadio che conserva gli abiti teatrali realizzati per il Nerone di Boito. Si muove agilmente nelle sale che conservano cartoni e tele. Ne sposta alcune, le scruta e passa nella sala accanto, trova una scaletta e si inerpica nel groviglio di un dedalo che conduce alla sommità della casa e ad una finestrella a tutto sesto. "E' tutto molto romantico".

Il giudizio – La definisce "una delle case d'artista maggiormente integre che abbia mai visto. Non è stata violata e anche il disordine in qualche modo si addice alla dimora di un artista." L'assessore denota la mancanza per anni di un concreto "custode": un assenza che ha un significato di mancanza di volontà politico-amminsitrativa.

Come un brandy
– "Servono sicuramente somme ingenti per il recupero dell'edificio e della collezione che vi è conservata" sottolinea Sgarbi che tuttavia avverte: "Non si deve snaturare il luogo, né procedere ad un intervento radicale. La casa-museo ha bisogno di un Direttore che si trasformi in un Pogliaghi e che ridia la parola a questi oggetti. Quello che occorre è ricreare l'atmosfera…"