Busto Arsizio – “E’ un momento magico quello in cui le mie mani diventano un tutt’uno con la materia tanto da perdere la cognizione del tempo. Diventa amore…”. Così Maria Luisa Bossi, scultrice, descrive quel passaggio, quella fase fondamentale che porta alla creazione di un’opera.” Potrei lavorare la creta per giornate intere dall’alba al tramonto senza accorgermi. E’ come se le mie mani pensassero e lavorassero senza una precisa progettualità ma quasi in modo istintivo. Spesso infatti parto con un’idea da realizzare e poi, cammin facendo cambia e alla fine diventa tutt’altro…”.

Un passaggio, quello che dalla materia arriva alla forma che  accomuna gli scultori, un momento in cui sensi e memoria si liberano spontaneamente come  in una sorta di catarsi emotiva. Ognuno a modo proprio e a prescindere dal risultato, dalle forme finali dell’opera.

Maria Luisa Bossi è sempre stata attratta dalla manipolazione ma si è dedicata alla scultura, dice, “dal suo secondo mezzo secolo di vita”. Ha iniziato con l’argilla in tutte le varie opportunità di tecniche di lavorazione, dalla più semplice alla combinazione con altre terre come il granito o la lava. ” Mi sono messa in gioco cercando di pormi degli obiettivi e di raggiungerli – spiega. Prima dedicandomi a forme sferiche per passare poi ai tondi, e senza l’ausilio del tornio ho realizzato vasi, cercando di acquisire sempre più abilità. Prove su prove, come esperienze che mi hanno offerto l’opportunità di provare tutto quello che mi interessava, nell’ambito dei materiali e delle tecniche e quindi scegliere quello che più si confaceva con le mie attitudini”.

Infatti dopo diverso tempo dedicato alla ceramica raku è passata all’uso degli ossidi, degli ingobbi e altri colori, sempre naturali, per le finiture delle opere. L’ultima serie creata è stata realizzata con l’argilla. Si tratta di sculture in morbide forme che l’artista ha studiato e realizzato come lampade. “La luce per me ha un significato  importante, è l’anima, la vita interiore ,sentimento, passione e sofferenza immancabili nelle mie sculture. E’ una necessità quella di far uscire la forza interiore e la mia energia. Un modo con il quale parlo attraverso le mie creazioni”.

A proposito di luci, una caratteristica della scultrice è quella dei tagli,  aperture che lacerano la materia attraverso le quali avviene il contatto tra il mondo esterno e quello interiore. Spaccature che raccontano di vissuti. Una sorta di confessione, tra l’artista e chi osserva, uno sfogo silente visibile soprattutto  nella serie dedicata alle “Corazze”. “Per affrontare tutto ciò che la vita porta a vivere – spiega Bossi – le persone sono costrette a ripararsi con “armature”. Ho realizzato questi soggetti evidenziando tagli in diverse posizioni. Nel petto o nella  pancia per significare il dolore morale, nella schiena invece per raffigurare la sofferenza fisica.

Un linguaggio privo di voci in cui la materia narra e la forma, manipolata, diventa parola… Ed ogni volta per l’artista è come un rito nel tentativo di rendere immortali i propri sentimenti.

E.F.