Saronno – Sono dedicati alla malattia mentale le opere di Furio Cavallini raccolte nella mostra “Purgatorio. I sospesi” che la città dedica all’artista nel decimo anno dalla sua scomparsa. L’esposizione, che si aprirà domani, 9 ottobre alle 16, nella Sala Nevera di Casa Morandi presenta una serie di opere a olio e di disegni ispirati alla malattia mentale.
Pittore molto noto alla metà del secolo scorso, Cavallini ha intensamente lavorato tra Toscana e Lombardia, realizzando numerose opere, tra cui un’interessante serie di disegni dedicati alla condizione purgatoriale dei malati mentali. All’inaugurazione saranno presenti alcuni ragazzi dell’Accademia del Profondo per una breve dimostrazione del loro recente lavoro sull’Inferno di Dante, e la figlia dell’artista, Giulia Cavallini, che offrirà la testimonianza della singolare esperienza vissuta dal padre nell’ex-manicomio di Trieste, dove Franco Basaglia esercitò fino alla chiusura dell’ospedale. Nel corso dell’incontro saranno anche letti alcuni testi degli scrittori Luciano Bianciardi, Carlo Cassola e Mauro Furgeri, amici di Furio Cavallini.
Artista provocatorio, Cavallini, già negli anni sessanta colse le contraddizioni di un eccessivo sviluppo economico causa dell’alienazione dell’uomo, dell’estenuazione fisica, fino alla malattia che porta ad una condizione di isolamento. Un’esperienza che l’artista conosce nel 1955-56, quando viene ricoverato al sanatorio di Firenze. Anche in questa situazione di sofferenza l’artista disegna “furiosamente”: attraverso rapidi, ma intensi schizzi ritrae gli altri pazienti.
A seguito di una crisi creativa, nel 1987 lascia Milano per rifugiarsi negli spazi dell’ex-manicomio di Trieste, dove trasferisce il suo studio. In poco meno di un anno realizza numerosi dipinti e disegni che ritraggono gli ultimi ospiti dimenticati della struttura psichiatrica ormai chiusa, “sospesi tra una vita malata e ‘la vita sana’, – scrive la curatrice Cristina Renso – spettatori indifesi e inermi di esistenze altrui.”
La mostra dedica un’intera sezione ai ritratti dei malati dell’ex-manicomio del Parco di San Giovanni di Trieste, dove i rami degli alberi diventano sbarre che li escludono dalla realtà e con essi l’artista, che ne condivide l’esperienza: attraverso le finestre essi possono solo osservare il mondo e la vita che scorre poco lontano nel parco divenuto pubblico.
L’artista torturato in un “purgatorio” vivente. Un tempo, un mondo irregolare dove la relazione tra l’attività creativa e la follia, intesa come malattia mentale, si legano, si fondono…

La mostra, a cura di Elisa Favilli e Cristina Renso, proseguirà sino al 24 ottobre e sarà visitabile: lunedì – venerdì 16.30 -18.30; sabato e domenica 10.30 – 12.30 / 15 – 18.30. Al mattino su prenotazione.