Copia di 0001.jpgLo spazio ed il tempo del teatro, tra domande e ricordi – A Varese esiste un luogo che vuole aprirsi sempre più ad un pubblico che si reca a teatro anche perché avverte il bisogno di esperienze culturali che creino inquietudini, lascino un segno, attivino emozioni, producano spazi per il pensiero. Una dimensione che oltrepassa l’idea del teatro come intrattenimento fine a se stesso o ricerca esclusiva della risata e della spensieratezza per farsi al contrario occasione di dibattito, occhio aperto sulla contemporaneità e sulle sue contraddizioni, vera e propria piazza per la riflessione di una comunità su di sé attraverso quel che accade in scena, attraverso la relazione con un’arte che si confronta con il mondo.

 

E’ l’antica dimensione della polis, che pare poter sopravvivere – in tempi di smemoratezza, indifferenza, crisi, chiusura – solo attraverso la ricostruzione di spazi protetti, in cui abbia luogo realmente un incontro. Questo luogo è il Teatro Nuovo. Così, per il secondo anno, Note di Scena, si apre ad una specifica sezione dedicata proprio a questo repertorio, proponendo sei spettacoli di straordinaria qualità: altrettante Gocce – titolo della rassegna – gettate nel mare della cultura cittadina.

 

Il sottotitolo del cartellone di quest’anno è percorsi teatrali tra pensiero e memoria, potremmo anche dire tra filosofia e storia: coerentemente con il ruolo di un teatro che – nelle parole di Paolo Grassi – non sia “una decorosa sopravvivenza di abitudini mondane o un astratto omaggio alla cultura. Il teatro resta il luogo dove la comunità adunandosi liberamente a contemplare e a rivivere, si rivela a se stessa; il luogo dove fa la prova di una parola da accettare o da respingere: di una parola che accolta, diventerà domani un centro del suo operare, suggerirà ritmo e misura ai suoi giorni”.

Anche se ce ne scordiamo, non abbiamo tempo o preferiamo non pensarci, siamo fatti di storia e di domande: la stagione di quest’anno tenta, per qualche serata, di dedicare a tutti uno spazio ed un tempo per pensare e ricordare.

 

La stagione proseguirà nel nuovo anno – in occasione della Copia (2) di 0001.jpgGiornata della memoria – con la prima produzione di RAGTIME, Il ragazzo di Noè (27 e 28 gennaio 2013): liberamente ispirato al romanzo Il bambino di Noè, dello scrittore francese Eric-Emmanuel Schmitt, lo spettacolo racconta la storia dell’amicizia – che matura nel 1942 negli orrori delle persecuzioni naziste – tra un bambino ebreo ed un sacerdote cattolico che lo protegge. Un’amicizia che diverrà, per il piccolo, un cammino indimenticabile di formazione, comprensione e crescita tra storia, cultura e necessità della conservazione della memoria.

 

Il 27 febbraio – dopo lo straordinario successo dello scorso anno – il sipario si aprirà nuovamente sulla straordinaria forza narrativa di MARIO PERROTTA, che tornerà a proporci la sua storia dell’emigrazione italiana con Italiani cìncali parte seconda. La tùrnata: il racconto, duro ma anche divertente, del “ritorno a casa” dei nostri connazionali emigrati in Svizzera.

Il 13 marzo sarà la volta di un’altra storica protagonista del teatro di narrazione italiano: LUCILLA GIAGNONI in Big Bang si interroga, e ci interroga, sull’eterna domanda dell’individuo di fronte all’infinità, al mistero dell’universo, su su fino al momento dell’inizio, lungo un affascinante percorso tra scienza, letteratura, religione e filosofia.

 

Il 3 aprile il cartellone propone il TEATRO DELL’ARGINE di Bologna nel delicato e  struggente Tiergartenstrasse 4. Un giardino per Ofelia: la storia dell’amicizia tra un’infermiera e la sua paziente, internata nel famigerato centro in cui si diede realizzazione alla prima tappa del progetto nazista di creazione di una razza ariana, l’Aktion T4, per l’eliminazione dei disabili mentali.

Chiude il cartellone, il giorno 8 maggio, RENATO CARPENTIERI – splendido attore amato da Nanni Moretti, Mario Martone e Gabriele Salvatores (e per anni interprete del vice questore Cafasso in “La Squadra”) – nel suo Il cielo stellato sopra di me. Omaggio a Immanuel Kant: avremo così l’opportunità di conoscere Kant al di fuori dei suoi libri, dentro una gloriosa tradizione che consegna agli amanti del sapere l’immediatezza quotidiana del formarsi del pensiero in casa propria. Consuetudine inaugurata da Socrate nel Fedone e proseguita, per esempio, da Agostino, da Cartesio e nel Sogno di D’Alembert, ma caduta poi in disuso. Forse per darci l’immagine stereotipa del filosofo severo, arcigno e sempre sulle nuvole, così come Aristofane lo mise in scena. Il teatro è il luogo dei dialoghi impossibili e pertanto è autorizzato a immaginare una “critica della ragion domestica”, proponendo al pubblico la semplicissima esistenza del filosofo col quale maggiormente è in debito l’attuale coscienza occidentale.

Una dimensione che oltrepassa l’idea del teatro come intrattenimento fine a se stesso o ricerca esclusiva della risata e della spensieratezza, per farsi, invece, occasione di dibattito, occhio aperto sulla contemporaneità e sulle sue contraddizioni.