Francesco PellinFrancesco Pellin

Francesco Pellin ed Enrico Crispolti. Il collezionista e il grande studioso. Arrivano insieme al vernissage della mostra dedicata al Guttuso illustratore. Crispolti introduce, il commendatore rimane defilato. Ma è lui, tra gli altri, ad aver fornito molto del materiale esposto. Da quella collezione, la più importante, forse, a livello privato dedicata al pittore di Bagheria, il cui destino continua ad essere una sorta di mistero che attende ancora una soluzione definitiva. Una soluzione che oggi, daell'intervista che rilascia ad artevarese.com, è più che mai aperta a nuove ipotesi.

Pellin, cosa si può dire di questa mostra?
"Che è una sorpresa. Che presentà novità assolute. Perchè nessuno ha mai pensato prima di raccogliere ed esibire in una sola mostra edizioni guttusiane risalenti anche a cinquanta, sessanta, settant'anni fa".

Ritiene sia un modo giusto per celebrare il ventennale della scomparsa dell'artista?
"Direi importante, perché fa risaltare questo aspetto meno conosciuto della sua statura intellettuale. Dei suoi rapporti con gli intellettuali del tempo, che hanno vissuto il suo tempo. Gli stessi Morandi, De Chirico od altri grandi non hanno avuto questi continui rapporti".

La sua Fondazione si è mobilitata per questa mostra varesina. La domanda è d'obbligo. A che punto siamo con il futuro della sua raccolta?
"La cosa è ormai nota. Andrà a Roma, a Villa Aldobrandini. A meno che non si cerchi un'altra strada con il comune di Varese, per far qualcosa di importante per questa città. Se si trova il modo di dialogare allora può ancora succedere qualcosa".

In che senso? Sta dicendo che l'opzione romana può ancora essere messa in dubbio?
"Sto dicendo che la collezione può ancora essere divisa, qualora si trovasse la volontà e ci fossero le giuste condizioni".

Quali condizioni?
"Condizioni che il sindaco conosce".

Ma a Roma a che punto siamo?
"A Roma i contratti sono pronti, i finanziamenti sono già stanziati. Mancano solo le firme del Ministero dei Beni Culturali. Ma non ci sono ostacoli. Il sindaco Veltroni si è innamorato in modo pazzesco dell'idea molto europea del museo personalizzato. Un progetto che valorizzi il palazzo Aldobrandini e valorizzi l'artista Guttuso. Quello che non fa Milano, ad esempio".

E il progetto romano soddisfa le condizioni che lei richiede?
"Deve soddisfarle. C'è bisogno di una realtà che sia viva, che faccia vivere la collezione, che la faccia circolare. Quando questo non avviene si crea un danno per l'artista, ma anche per il collezionista che ha onorato quell'artista collezionandolo con impegno".

A Varese secondo lei perchè ancora non si riesce a concretizzare?
"Ci sono situazioni in cui si creano diatribe tra i politici, oppure mancanza di fondi. Ma ripeto, la porta nei confronti della città rimane aperta. Qualora si trovassero le condizioni posso anche pensare a smembrare la mia collezione".

Che ne è, o che ne sarebbe, nel caso, del progetto architettonico di Elena Brusa Pasqué nei pressi delle serre di Villa Mirabello?
"Un progetto da abbandonare. Si preventiva già allora un costo di 6 miliardi, da incrementare oggi. Occorre pensare a qualcos'altro".

Ad esempio?
"Mi pare che Villa Mirabello sia stato sistemato bene".

Ha qualcosa in progetto nel frattempo?
"A dicembre, a Pontassieve, una mostra abbastanza simile a quella allestita alla Fondazione Mazzotta e al Chiostro Bramantesco, con il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali e della Regione Toscana. Un evento importante per Firenze, che pure gode di un museo dedicato ad una delle più importanti collezioni private del Novecento, che allinea significativi Guttuso, quella di Della Ragione, ma dove però non si è mai tenuta una sua mostra personale".