L'installazione di Viola nella cattedrale di St. Paul di LondraL'installazione di Viola nella cattedrale
di St. Paul di Londra

Il primo contatto di Viola con il BelPaese risale al 1974, quando viene chiamato da Maria Gloria Bicocchi a Firenze per lavorare ad art/tapes/22.
Anche grazie a questa collaborazione, si infittisce sempre più la conoscenza dei capolavori dell'arte del passato, conoscenza che per Bill Viola vorrà dire – anche, ma non solo – potenziamento del proprio bacino d'ispirazione.

In un celebre scatto del 2010, Bill Viola e Kira Perov sono ritratti nel loro studio; alle pareti si vedono riproduzioni fotografiche di opere del Beato Angelico, di Masolino da Panicale ma soprattutto del Pontormo, forse il più immaginifico dei pittori manieristi.

Il riferimento di Bill Viola ai pittori del Quattrocento e del secolo successivo, tuttavia, non si arresta a citazioni di singole figure o temi. Quella di Viola è una costante riflessione sugli ingredienti costitutivi del dipingere, sul problema del movimento, dell'espressione e della narrazione, sullo stesso formato e sul supporto.

A partire dalla mostra Bill Viola. Visioni interiori del 2008, Salvatore Settis ha messo ben in luce questo speciale rapporto dell'artista americano con la pittura rinascimentale, rapporto che si esprime sempre nella forma della riproposizione creativa, mai della mera trasposizione pedante e citazionista: "Quello che è forse il più importante, il più immaginativo videoartista oggi attivo, Bill Viola, è – io credo – a ogni effetto un "pittore"; ha fatto e fa i conti con l'arte (con la tradizione), e nelle opere intavola con l'osservatore un dialogo che presuppone il riferimento a formati, temi, forme compositive, gestualità, movimenti e artifici espressivi o narrativi che hanno radici salde e remote nella storia pittorica che lo ha (che ci ha) preceduto".

La riflessione sui temi costitutivi del dipingere, si diceva all'inizio, prende corpo nella ricerca di Bill Viola

The Quintet of the Astonished, 2000The Quintet of the Astonished, 2000

soprattutto nei soggetti a carattere spirituale: "Mediante la rappresentazione per piani ravvicinati (dramatic close-up secondo la definizione di Sixteen Ringbon), l'osservatore è chiamato all'interno dello spazio di azione del quadro. Condivide la scena sacra e viene al tempo stesso invitato a completare mentalmente le figure rappresentate solo a metà e a immaginare gestualità e movimenti".

Pare significativa, a questo proposito, la committenza della cattedrale di St. Paul di Londra che ha richiesto a Bill Viola due video installazioni per lo spazio religioso: due vere e proprie pale d'altare al plasma che richiamano in tutto e per tutto le straordinarie "macchine d'altare" trecentesche o il retable e il tableau d'autel fiammingo. 

L'arte di Bill Viola, seppur innovativa e basata su un altissimo livello di tecnologia, non conosce fratture nette con il passato, anche con quello più vicino a noi e torna su riflessioni già masticate dai "prodromi" delle Avanguardie e dagli antesignani delle rivoluzioni formali novecentiste. Prosegue Settis: "Analoghi problemi di formato (…) si possono evocare per altre opere di Bill Viola. Che il trittico, ad esempio, sia una forma tipica dell'arte religiosa di tutta Europa dal Medioevo in poi, non c'è bisogno di mostrare: più importa come questa forma rappresentativa sia stata ripresa nell'arte del Novecento, dal Trittico della guerra di Otto Dix a Dresda, 1929-1932, il cui pannello centrale ha anche una predella, al Trittico di Prometeo di Oskar Kokoschka (1950), al Trittico di Francis Bacon (1976). Per questi e molti altri novecenteschi, come poi per Bill Viola, il formato del trittico ha lo straordinario vantaggio di offrire una cornice prestabilita, anzi radicata nella memoria collettiva, che consente di proporre allo sguardo la presenza simultanea di tre immagini, indipendenti l'una dall'altra ma legate fra loro da molteplici rinvii tematici, compositivi, percettivi, emotivi. La "regola" compositiva fondamentale del trittico (il pannello centrale dev'essere più largo dei due laterali) è rispettata nel primo trittico di Bill Viola, The City of Man (1989), dove le cornici di legno annunciano e sottolineano la relazione con la tradizione del trittico d'altare. Nel Nantes Triptych (1992), questo rapporto gerarchico si dissolve, i tre pannelli sono di dimensioni uguali, ma resta, ed è anzi accentuato, il rapporto fra il "centro" del trittico (un uomo che fluttua lentamente immerso nell'acqua) e le due "ali" (una nascita e una morte, o meglio la Vita e la Morte), con una forte dimensione autobiografica che proietta l'esperienza dell'artista sul più vasto palcoscenico del

The Quintet of the Astonished, 2000The Quintet of the Astonished, 2000

mondo".

L'assimilazione e la riproposizione creativa di Bill Viola non sono mai pure e semplici trasposizioni didascaliche e libresche dal passato. Nemmeno in Passage into night dove, per effetto di un sole quasi incandescente, i contorni del paesaggio e della stessa figura umana che avanza si liquefanno, smaterializzandosi ed avvicinandosi ad un'impressione di Monet o di un Renoir: "Coraggiosamente, in Emergence (2002) egli rimaneggia uno dei grandi temi dell'arte cristiana, il cristo al Sepolcro, riproponendone gli elementi a partire da un affresco di Masolino a Empoli, ma capovolgendone la valenza narrativa. Nella tradizione della pittura devota, l'esibizione del corpo di Gesù morto, sostenuto ora da uno o più angeli, ora (come fa Masolino) dalla Madonna e da San Giovanni, viola le leggi della gravità e della natura, perché il corpo del defunto, dotato di una leggerezza davvero divina, sembra stare in piedi senza che le figure che lo accompagnano debbano fare il minimo sforzo. In tal modo, questa scena che nessun Vangelo descrive, e che venne formandosi nelle pratiche della preghiera e della pietà, assume un doppio significato: è un invito a meditare sulla passione e morte del Salvatore (che viene prima del momento immaginato e rappresentato), ma anche a prefigurarsene la gloriosa resurrezione (che viene dopo), quando il suo corpo riprenderà per propria virtù tutta l'energia della vita, e balzerà fuori da quello stesso sepolcro dal quale ora si erge, immobile nel pallore della morte".

"Il protagonista di Emergence, fiancheggiato da due donne, segue un altro copione. Il sepolcro (o sarà un pozzo? In ogni caso, una croce vistosamente lo decora) sembra vuoto, e le due donne siedono sui gradini come in attesa, finché se ne vede emergere gradualmente il pallido corpo nudo di un uomo, che esce assai lentamente dall'acqua, che intanto sgorga copiosa, inonda i gradini, si sparge sul pavimento: la donna più anziana lo osserva intensamente, la più giovane lo prende per mano. Quando l'emersione è alla fine, il giovane cade, raccolto e sostenuto dalle due donne: il suo braccio destro pendulo, come in una tradizione lunghissima (dai sarcofagi romani con la Morte di Meleagro alla Deposizione di Raffaello, alla Morte di Marat di David), ci dice che è morto. Le due donne lo adagiano al suolo e lo ricoprono con un lenzuolo. Se vogliamo dar loro un nome, saranno la Madonna e Maddalena: ma la scena che recitano è l'opposto della sequenza voluta dai Vangeli. Questa non è una resurrezione, poiché il corpo che emerge dal sepolcro (dal pozzo?) è in preda alla morte. Potremmo anzi dire che la sequenza narrativa di Bill Viola nega la resurrezione, poiché la deposizione viene dopo che il corpo del giovane emerge dal pozzo (dal sepolcro?). Ma forse questo non è Cristo, né le donne sono la Maddalena e la Madonna. Forse non è una morte che stiamo guardando, forse è una nascita. (…) Il carattere intensamente religioso (non necessariamente confessionale) della rappresentazione coglie, nella visione del corpo di Cristo che si mostra ai fedeli per suscitarne la preghiera e la pietà, un'esperienza umana universale, un interrogarsi sospeso sulla vita e sulla morte, che si alimenta di spiritualità orientale (per esempio buddista) non meno che della memoria del culto cristiano".