L'originale Garibaldino alla Caserma GaribaldiL'originale Garibaldino alla Caserma Garibaldi

Il 26 maggio 1907 s'inaugurava a Varese l'"Asilo di Infanzia" in Biumo Inferiore, nella cerchia di quei luoghi che avevano visto, quarantotto anni prima, un importante combattimento risorgimentale, la "Battaglia di Biumo", che, di fatto, apriva la strada al completamento, in due successivi blocchi, dell'unificazione d'Italia nel 1861 (1).

Per l'occasione, il discorso commemorativo fu tenuto dal giornalista e storico Alessandro Luzio (2), celebre penna del "Corriere della Sera", che, prima nel 1910, poi nel 1927, avrebbe raccolto alcuni degli articoli più "curiosi" su alcune personalità del Risorgimento nei due tomi "Profili biografici – Bozzetti storici" editi dalla "Casa editrice Cogliati", stampati dalle "Industrie Grafiche Nicola e C.", Milano – Varese.

Tale discorso è per noi molto utile, perché permette di vivere le gesta garibaldine in Varese: la città, infatti, annovera alcuni luoghi dove l'"Eroe dei due mondi" ebbe a fermarsi, tra i quali il Palazzo sito nella centrale Via San Martino, dove è tuttora ben visibile la lapide commemorativa.

Nella dedica al direttore del "Corriere della Sera", che aveva pubblicato questi "bozzetti" prima che fossero riuniti in volume, Luzio ricordava: "Nessuno potrà contestare, qualunque sia il posto che ami ad essi assegnare, che Cavour, Garibaldi, Mazzini, Vittorio Emanuele costituiscono le pietre angolari del rinnovato edificio nazionale: e nessuno vorrà metter in dubbio che, per renderci ragione piena dell'opera di que' grandi, occorre la conoscenza completa degli scritti loro, specialmente dei più confidenziali e sinceri: le lettere".

Una veduta antica dell'attuale zona di p.zza XXVI maggioUna veduta antica dell'attuale zona di p.zza XXVI maggio

Con pazienza certosina, infatti, il giornalista e storico era andato a consultare documenti di prima mano (corrispondenze diplomatiche e private, carteggi di polizia, atti processuali, ecc) che, nel caso della "battaglia" varesina, si arricchivano delle "Memorie" scritte dallo stesso Garibaldi negli anni di Caprera.
Egli, infatti, in un'epoca nella quale la fioritura delle lettere fu al centro del rinnovamento della società, tra una battaglia e l'altra, si dilettava con la penna, e non sempre con esiti banali. Se i suoi versi poetici (3) sono molto meno insigni delle vittorie che conseguì, si presentano tuttora interessanti, ma le "Memorie", scritte con viva commozione e semplicità, scevre tanto da orpelli retorici, quanto da celebrazioni egocentriche, restano una testimonianza di grande valore storico. Luzio, pertanto, tracciò per la commemorazione un testo completo, a tratti fin anche "scientifico", critico ed esemplare nel costruire le vicende consultando le fonti e traendone spunto per riflessioni ancora oggi attuali.

E' lo stesso Garibaldi che ci ha lasciato, come si accennava, un ricordo dei Varesini nelle "Memorie", indicando e valorizzando, soprattutto, la risposta degli stessi alla sua impresa. Egli scrisse, infatti (4): "L'accoglienza ricevuta a Varese nella notte che seguì quella del nostro passaggio e qualche cosa di ben difficile a scriversi. Pioveva dirottamente, eppure io sono sicuro che non mancava un solo cittadino, uomo, donna, o ragazzo, al nostro ricevimento: era uno spettacolo commovente vedere popolo e militi confusi in abbracciamenti di delirio. La manifestazione d'affetto del caro popolo di Varese fu la prima di quel periodo. Che cosa sono i disagi, le privazioni, i pericoli, quando sono compensati così dall'affettuosa gratitudine di un popolo che si redime?"

Garibaldi non poteva, di certo, dimenticare l'impresa: ricorda Luzio che nel Risorgimento nazionale "il nome di Varese suona al nostro orecchio come la diana squillante che annunziò in Lombardia il radioso mattino della liberazione".
E' da Varese, infatti, in quel 26 maggio 1859, che inizia la vera e propria marcia garibaldina con i "Cacciatori delle Alpi", all'interno della logica politica della seconda tappa delle Guerre d'Indipendenza: tale fondamentale episodio, che si lega alle sollevazioni popolari iniziate ad aprile a Massa ed a Carrara, per proseguire con i fatti di Toscana, di Modena e di Parma, anticipa di poco la campale battaglia di Magenta del 4 giugno.
Tra l'altro, sempre nelle "Memorie", Garibaldi ricorda inoltre che, già nel 1848, a Luino e a Morazzone, aveva potuto fare sventolare il Tricolore per l'ultima volta "per i campi Lombardi", sebbene più reticente al coinvolgimento diretto fosse la popolazione delle campagne, rispetto a quella dei "borghi": ricordava, pertanto, con una certa

La Madonnina in prato - VareseLa Madonnina in prato – Varese

precisione, questi nostri luoghi, allora per lo più prettamente agricoli.

Ma Varese era una cittadina piuttosto attiva, anche per la frequentazione diretta nella vita del borgo da parte delle famiglie milanesi in vista: non appena saputo che l'esercito franco piemontese aveva varcato il Ticino, così, i Varesini sfidarono le rappresaglie degli Austriaci che, comandati dal feldmaresciallo Ferenc Gyulai (5), si ritorsero sulla popolazione del territorio.
Così si legge in un proclama austriaco emesso dal Gyulai in quello stesso mese di maggio: "Do la mia parola che i luoghi i quali facessero causa comune con la rivoluzione, impedissero il passaggio ai rinforzi della mia armata, ecc. ecc. verrebbero puniti col fuoco e colla spada. Emetto in questo senso le opportune istruzioni ai miei sottocomandanti".

Varese (6) rispose con il distribuire tra i cittadini le armi raccolte di nascosto, inviando messi fidati a Garibaldi per chiedere "istruzioni" per la guerra che si profilava sul territorio stesso.

(Continua).

Note.

 

  1. Nella seconda parte di questo articolo, vi saranno alcuni riferimenti alla battaglia, sebbene per sommi capi: daremo indicazione di come erano i luoghi allora e quali siano i "punti" di riferimento, toponomastici, architettonici ed artistici che oggi fungono da testimonianze.
  2. Alessandro Luzio (1857 – 1946) fu storico, archivista e giornalista. Iniziò la carriera presso "L'Ordine" d'Ancona e, a soli venticinque anni, fu chiamato a dirigere "La Gazzetta di Mantova". Condannato nel 1893 a seguito di una causa di diffamazione intentata l'anno precedente da Felice Cavallotti, dovete abbandonare la direzione del quotidiano, preferendo trasferirsi a Vienna, dove poté approfondire lo studio storico sugli eventi che si conclusero con il celebre episodio dei "Martiri di Belfiore". Tornò a Mantova nel 1899, dopo essere stato graziato, divenendo direttore dell'Archivio di Stato. Comincia, nel frattempo, la collaborazione con il "Corriere della sera" e diventa responsabile dell'Archivio sabaudo di Torino nel 1918, incarico che coprì fino all'età della pensione. Fu nominato Vice Presidente dell'"Accademia d'Italia", quando fu resa attiva, nel 1929.
  3. Garibaldi scrisse undici canti di un poema che intitolò "Poema autobiografico", in endecasillabi sciolti, un frammento di un "Canto di guerra", rimasto alle prime quartine, composte nella traversata da Quarto a Marsala, riportate da Santoro nella sua conferenza su "Gl'Inni del risorgimento italiano", ed un canto con coro "Il navicellaio di Caprera", oltre a poesie di più breve respiro.
  4. Traggo il passo nell'edizione di Luzio.
  5. Ferenc Gyulai (1798 – 1868) feldmaresciallo d'origine ungherese che aveva assunto il comando a Milano, dopo Radetzky.
  6. Varese, nella persona del podestà Carlo Carcano, che si prodigò per trovare ed organizzare gli aiuti ai membri dei "Cacciatori delle Alpi" cittadini.